La Francia si riorganizza, l’Italia abbonda di enti - QdS

La Francia si riorganizza, l’Italia abbonda di enti

Rossana Indelicato

La Francia si riorganizza, l’Italia abbonda di enti

mercoledì 24 Dicembre 2014

Parigi dimezza le Regioni e abolisce gli attuali 101 dipartimenti (province)

PARIGI – La quantità non fa la qualità. Mai come in questo caso quest’espressione calza a pennello: da oltre un anno, infatti, la Francia mette in pratica un’ambiziosa riforma istituzionale, in parte già realtà, che punta al dimezzamento delle Regioni, il primo livello di divisione amministrativa dello Stato francese, da 22 a 13. Corposo il risparmio dell’“operazione burocratica” che in 18 mesi ha ottenuto 2,4 miliardi di risparmi e che punta ad aggiungerne altri 11 entro il 2016. La mossa successiva sarà quella di abolire gli attuali 101 dipartimenti, realtà territoriali analoghe a ciò che costituisce la provincia per l’ordinamento italiano. Per completare, un pacchetto di 250 misure di semplificazioni volte a far ripartire l’economia e attrarre gli investitori. Dei 250 provvedimenti 50 sono già entrati in vigore. La Francia, destinazione culturale per eccellenza, culla della moda e del bon ton, si eleva, dunque, anche a modello in ambito amministrativo.
Inevitabile il confronto con l’Italia,  terra degli sprechi, delle attese infinite e dei tempi smisurati, lontana anni luce da questo genere di accortezze. Il Bel Paese infatti, conta ben 8.057 comuni, una cifra irragionevole se confrontata con quella della Repubblica di Hollande. Un esubero di realtà locali e un eccesso di dipendenti pubblici suddivisi tra dirigenti, consiglieri, assessori, uscieri, segretarie, centralinisti e funzionari di ogni sorta. Uno spreco di denaro versato puntualmente dai contribuenti italiani e soggetto a sperperi e consumi inadeguati non orientati alla prestazione e al miglioramento dei servizi rivolti alla collettività, bensì alla necessità di mandare avanti la baracca di approfittatori. In Sicilia, poi, tutti gli indicatori della qualità della vita dimostrano come i servizi erogati dai nostri Comuni siano tra i peggiori d’Italia e in alcuni settori (ambiente, trasporti, assistenza, turismo) quasi nulli. Insomma, tra i record che deteniamo annoveriamo: spendere di più, disporre di una quantità esagerata di realtà locali che servono unicamente a mietere clientelismi e a coltivare gli interessi della classe dirigente (che si arricchisce alle e sulle spalle dei cittadini siciliani), garantire servizi incredibilmente scadenti. Emerge dunque un quadro desolante, acuito dal confronto impietoso con la Francia e, per non andare troppo lontano, con il resto d’Italia.
Al Nord con un notevole risparmio, sia di denaro che di unità, si riesce a venire incontro con maggiore efficienza alle necessità dei cittadini. I dipendenti degli uffici comunali siciliani, invece, nella maggior parte dei casi, si ingarbugliano nella gestione di appalti e patrimonio, sono talmente occupati ad arraffare denaro, a occuparsi dei propri interessi, che non garantiscono ai cittadini le condizioni minime di sicurezza e di sviluppo del territorio.
Siamo dunque costretti a denunciare, come spesso facciamo sulle pagine del nostro quotidiano, un precario sistema regionale, una fase (infinita) di grande difficoltà finanziaria che i Comuni siciliani stanno attraversando. Una situazione che andrebbe presa di petto, che dovrebbe allarmare e risvegliare dal coma profondo le Amministrazioni locali per cercare di promettere meno e agire di più. Agire realmente per il bene, non delle proprie tasche, ma della cittadinanza. Prendere esempio dalla Francia, rimboccarsi le maniche e tagliare il marcio e l’eccesso. Alla fine dei conti il famoso bilancio potrebbe finalmente quadrare e la nostra Sicilia godere dei frutti che può gustare solo chi ha ben seminato.

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