Sisma 1990, per i rimborsi 90 milioni di euro - QdS

Sisma 1990, per i rimborsi 90 milioni di euro

Michela Forastieri

Sisma 1990, per i rimborsi 90 milioni di euro

mercoledì 14 Gennaio 2015

Previsti dall’art. 1, comma 665 della legge di stabilità 2015 (L. 190/14). 30 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017

PALERMO – Il legislatore della legge di stabilità del 2015, questa volta, tenta di chiudere la vicenda, ma chissà se veramente questa telenovela, che dura da 25 anni, vedrà ora finalmente la fine.
L’articolo 1 (è l’unico articolo), comma 665 (i commi sono complessivamente 735), della legge 190/2014, pubblicata sulla Gurs n. 300/14, prevede che i soggetti della Sicilia Orientale colpiti dal terremoto del 13 e 16 dicembre 1990 possono ottenere il rimborso delle imposte eventualmente pagate in più rispetto al 10% dei tributi dovuti per il triennio 1990-1992, se  hanno presentato la domanda, all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008 n.31 (1 marzo 2008), ossia entro il termine ultimo del 1 marzo 2010. 
Questo termine, biennale, ormai abbondantemente scaduto, è quello previsto dall’art. 21, comma due, del D.leg/vo 546/92, in quanto, probabilmente, lo stesso legislatore riconosce che il diritto al rimborso (e quindi il "dies a quo" per la presentazione dell’istanza) non è temporalmente legato al momento in cui le imposte sono state pagate (o anche trattenute dal datore di lavoro), ma al momento dello "ius superveniens", ossia al momento in cui la legge ha previsto la possibilità per i contribuenti di ottenere la restituzione di quanto versato.
A tal fine è stato previsto uno stanziamento di 30 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2015 2016 e 2017. Complessivamente 90 milioni di euro.
Così come espressamente previsto dalla citata disposizione (il comma 665), però, il rimborso di cui parliamo non può essere effettuato nei confronti dei soggetti che svolgono attività d’impresa per i quali l’agevolazione è sospesa in attesa che l’Italia ottenga la verifica della compatibilità del beneficio da parte dell’Unione Europea.
Ricordiamo, peraltro, che recentemente la Sezione VI della Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 17369 del 30 luglio 2014, ha deciso di affidare alle Sezioni Unite la questione, ritenendo che non attribuire alcun rilievo alle disposizioni normative più recenti (la proroga al 31 marzo 2008) potrebbe penalizzare i contribuenti che avevano regolarmente corrisposto i tributi per gli anni interessati dal beneficio, con conseguenti risvolti anche di natura costituzionale per violazione del principio di uguaglianza di cui all’art.3 della Costituzione (vedasi al riguardo la sentenza della Corte Costituzionale n. 82/2013).
Quindi, come si può facilmente notare, le controversie non finiranno. E non solo quelle degli "imprenditori"  obbligati ad aspettare l’OK della UE, ma anche di altri contribuenti che, probabilmente, tenteranno ancora di rientrare nel beneficio ritenendo discriminatorio il termine del 1^ marzo 2010.

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