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Palermo – Teatro Biondo: ecco le strategie per il salto di livello “nazionale”

Gaspare Ingargiola

Palermo – Teatro Biondo: ecco le strategie per il salto di livello “nazionale”

martedì 20 Gennaio 2015

Il riconoscimento può essere ottenuto soltanto attraverso l’alleanza con altri enti culturali. Occorre rispettare tutti i requisiti richiesti dal ministero per i Beni culturali

PALERMO – La salvezza del Teatro Biondo Stabile di Palermo passa dalla sua trasformazione in “Teatro nazionale”, sulla base del decreto ministeriale del primo luglio 2014, che ha stabilito i nuovi criteri per l’erogazione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo. Il decreto, infatti, ha introdotto la distinzione, anche nel finanziamento statale, fra “Teatro nazionale” e “Teatro di rilevante interesse culturale” e stabilito diversi principi discriminanti: un minimo annuo di 240 giornate recitative di produzione e di 15 mila giornate lavorative; l’impegno di Enti territoriali o altri Enti pubblici a concedere contributi per una somma pari al 100% del contributo statale (e questo per il Biondo è un grosso problema dato che la Provincia, destituita di tutte le sue funzioni dal governo Crocetta, è stata di fatto costretta a defilarsi); che il teatro gestisca direttamente in esclusiva una o più sale per un totale di almeno 1.000 posti; che almeno il 50% del personale artistico coincida con quello dell’anno precedente; che almeno il 50% del personale amministrativo e tecnico risulti assunto con contratto a tempo indeterminato; che ogni anno vengano prodotti almeno due spettacoli di autori viventi, di cui almeno uno di nazionalità italiana e che ogni anno vengano prodotti o ospitati almeno due spettacoli di ricerca; che sia dotato di una scuola di teatro e di perfezionamento professionale.
Tuttavia, nonostante la cura del nuovo direttore Roberto Alajmo, nominato a settembre, e il boom di abbonamenti e “tutto esaurito” registrato negli spettacoli della stagione in corso, lo Stabile di Palermo è ben lungi dal possedere tutti i criteri delineati dal Mibact. Per questo la conversione in “Teatro nazionale” può verificarsi solo attraverso l’alleanza con altri enti culturali. Due le ipotesi in campo: un bizzarro asse con il Teatro Bellini di Catania, anch’esso impegnato in una battaglia per ottenere lo status di “Teatro nazionale”, con tutte le difficoltà logistiche del caso, o la “fusione” con il Teatro Libero, il Laboratorio teatrale “Figli d’arte Cuticchio” – patrimonio Unesco – e il rinato Teatro Garibaldi.
A giorni un apposito comitato istituito da piazza Pretoria dovrà sottoporre agli altri soci il progetto da presentare entro il 31 gennaio alla Commissione valutativa del Mibact. “Il comitato – ha spiegato in una nota l’assessore comunale alla Cultura, Andrea Cusumano – valuterà la fattibilità e la sostenibilità di una proposta congiunta di riconoscimento, che veda insieme al Biondo alcune significative realtà palermitane, che hanno dato disponibilità anche progettuale, e, com’è auspicabile, lo Stabile di Catania. Qualora tale opzione, che è quella prioritaria (per il rispetto dei criteri, date, per esempio, le piccole dimensioni delle sale di Garibaldi, Libero e Cuticchio, nda), dovesse rivelarsi non fattibile o non sostenibile, l’amministrazione comunale di Palermo è comunque decisa a portare a termine una candidatura forte di un polo teatrale palermitano”.
Se saltasse lo status di “Teatro nazionale” (il contributo statale del 2014 è stato di 800 mila euro), si potrebbe ripiegare su quello di “rilevante interesse culturale”, ma a quel punto tutti i soci potrebbero decidere di rivedere il proprio contributo. Nel 2014 il Comune ha stanziato 2 milioni di euro, 250 mila in più rispetto al 2013. Il ritardo nell’erogazione degli stipendi ai 44 dipendenti è legato più che altro al bilancio di previsione 2014, approvato soltanto a metà novembre.
“Ancora una volta – hanno affermato i consiglieri comunali di Idv, Paolo Caracausi e Filippo Occhipinti – il Comune e la Regione non trovano un’intesa sulla salvaguardia di un pezzo di cultura della nostra città e dei livelli occupazionali. Ci sembra difficile l’accordo con il Bellini di Catania e ci sembra debole e rischiosa la candidatura con alcuni teatri minori. Non capiamo perché non si ipotizzi un coinvolgimento del teatro ‘Al Massimo’, che ha requisiti di attività e struttura che, con l’aggiunta dei piccoli teatri, ci metterebbero nelle condizioni di avere lo status di Teatro nazionale”.

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