Principio costituzionale nell’autonomia di bilancio - QdS

Principio costituzionale nell’autonomia di bilancio

Carlo Alberto Tregua

Principio costituzionale nell’autonomia di bilancio

venerdì 23 Ottobre 2009

Ogni ente si paghi le proprie spese

In questi sessant’anni, nel trattare la Cosa pubblica c’è stata molta confusione, non casuale. Interferenze ed incroci tra diverse amministrazioni e tra diversi livelli di amministrazione. I conti pubblici sono normalmente inquinati, perché provvedono a sostenere costi non di competenza di ogni amministrazione. Per cui, non si riesce mai a determinare la spesa necessaria per un certo servizio.
Facciamo alcuni esempi. Le spese per la costruzione ed il mantenimento di immobili destinati al ministero della Giustizia sono normalmente pagate dai Comuni, anziché dallo stesso ministero. Le spese per immobili destinati alle scuole sono sostenute ancora dai Comuni. Le spese necessarie per immobili destinati alle Prefetture, anziché gravare sul bilancio del ministero dell’Interno, gravano sulle Province, le quali sostengono le spese della costruzione e manutenzione degli immobili destinati alle scuole di secondo grado.
Le spese per il mantenimento della custodia e la forestazione in Lombardia e in altre Regioni, anziché essere sostenute dalle amministrazioni regionali, sono sostenute dallo Stato. L’elenco è lungo e ci fermiamo.

L’effetto della confusione sulla gestione di settori pubblici è la deresponsabilizzazione. Un secondo effetto è che non si riesce a quantificare esattamente il costo di una branca amministrativa, nel complesso di tutti i segmenti, dalla A alla Z. Viene meno, quindi, la comparazione con i parametri europei e qualcuno specula anche sul fatto che appaiono spese minori di quanto dovrebbero essere se il conto le riguardasse tutte.
La Costituzione prevede alcuni requisiti della spesa pubblica: economicità, trasparenza, effettività, efficacia. Essi trovano un comune denominatore nell’autonomia della spesa. La quale deve circoscrivere l’ambito gestionale per evitare di debordare. Tale criterio viene osservato in alcune branche della Pubblica amministrazione, ma disatteso in altre.

 
Prendiamo i sindaci, in particolare quelli siciliani. Si lamentano perché i trasferimenti dalla Regione diminuiscono, ma poi, come prima indicato, sono costretti a sostenere spese per il ministero della Giustizia, per l’assessorato regionale alla Pubblica istruzione e per altre Istituzioni che non hanno niente a che fare con l’obbligo di produrre servizi comunali ai propri concittadini.
Non abbiamo sentito alcuna voce riguardo all’argomento che analizziamo oggi. Né dal singolo sindaco, né dall’associazione che li rappresenta a livello regionale e nazionale (Anci). Né voce abbiamo ascoltato da alcun presidente delle Province (illegittime nell’attuale forma, anziché in quella prevista dall’articolo 15 dello Statuto), per reclamare l’autonomia del proprio bilancio col quale nulla hanno a che fare, come prima scritto, gli immobili delle scuole di secondo grado. Né protesta è stata elevata dall’associazione che le rappresenta a livello regionale (Urps). Non ne comprendiamo la ragione.

L’ente locale deve produrre al meglio i servizi per i propri cittadini. Quando ne produce di meno o di minore qualità, il vertice dovrebbe essere sanzionato non solo con la perdita di consenso politico, che significa la non rielezione, ma anche dal potere sostitutivo dell’organo di controllo, che è la Regione. Questo secondo controllo non viene, di norma, esercitato o viene esercitato con estremo ritardo, il che comporta che difetti dei procedimenti rimangano nel sistema.
La razionalizzazione della spesa pubblica passa attraverso una serie di risparmi che vanno ottenuti senza indugi o tentennamenti, caricando l’onere di marciare rigorosamente su un binario a chi deve portare il convoglio della corretta gestione alla meta, cioè alla fine di ogni esercizio.
Qui non si tratta di usare palliativi o mettere pezze sulle emergenze, ma di riqualificare il metodo che deve presiedere alla pubblica attività, senza sbandamenti, in modo che tutti gli enti pubblici evitino di sforare i propri bilanci e, contemporaneamente, servano i cittadini che hanno il diritto di ottenere quanto a loro serve.

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