L’apicoltura siciliana in stato d’allerta - QdS

L’apicoltura siciliana in stato d’allerta

Chiara Borzi

L’apicoltura siciliana in stato d’allerta

martedì 24 Marzo 2015

Si parla di una produzione dimezzata in media del 50 per cento nel momento in cui l'alveare viene infestato e di un rischio che, sebbene per ora circoscritto solo a Calabria (con 3.000 famiglie di api colpite) e Sicilia, resta comunque “diffuso” per via della caratteristica nomade dell'insetto

PALERMO – Calabria, ma anche Sicilia, sono le regioni in cui il coleottero Aethina Tumida sta mettendo a serio rischio la produzione regionale di miele. Si parla di una produzione dimezzata in media del 50 per cento nel momento in cui l’alveare viene infestato e di un rischio che, sebbene per ora circoscritto solo a queste due regioni meridionali, resta comunque “diffuso” per via della caratteristica nomade dell’insetto.
Non solo il Sud è interessato, infatti, dalla calamità: alcuni apicoltori del Veneto si sono già detti in ginocchio dopo l’arrivo dell’AT nei loro alveari. Le notizie che riguardano il proliferare di questa specie dannosa negli alveari siciliani sono al momento ferme alla scoperta di un primo focolaio di AT a Siracusa.
 
A novembre del 2014 si parlò del suo arrivo in un alveare del Comune di Melilli, in quel caso fu direttamente l’apicoltore interessato a notificare ai medici veterinari di competenza la provenienza da Gioia Tauro di alcuni suoi alveari. Disposti i controlli si scoprì così il primo esemplare di AT in Sicilia. Nei primi mesi stessi di novembre è stato poi l’assessorato alla Salute della Regione Siciliana ad emanare immediatamente un decreto dirigenziale in cui si dispose l’istituzione di una “zona di protezione” e dichiarato ufficialmente lo stato di “emergenza sanitaria” sul territorio (DD 1893-2014 del 10.11.2014).
Da novembre gli alveari interessati dall’Aethina Tumida non sono aumentati nel siracusano, ma nonostante l’intervento regionale, gli apicoltori siciliani sono in cerca di una soluzione tempestiva e per di più necessaria per via della caratteristica particolarmente aggressiva del coleottero. Una volta infestato l’alveare non può più essere recuperato e la soluzione imposta dalle autorità sanitaria è la sigillatura e la distruzione dell’apiario colpito.
Il rischio diventa la “produzione zero” per gli apicoltori. In vista di ciò in Calabria sono nati i primi movimenti d’opposizione alla scelta dei roghi, una conseguenza naturale in virtù del fatto che tra la provincia di Reggio Calabria e quella di Vibo Valentia i casi riscontrati sono i più alti del Meridione. Nella nostra regione il caso di Siracusa sembrerebbe per ora isolato, ma in un raggio di zone a rischio che comprende le province di Catania, Enna, Messina e Ragusa (oltre che Siracusa) controlli massicci sono stati effettuati solo nel catanese (oltre 40), tutti fortunatamente al momento negativi all’Aethina Tumida.
È risultato negativo anche l’unico controllo effettuato nell’ennese. Si pensi tuttavia che in Calabria, da settembre ad oggi, sono circa 3 mila le famiglie di api infestate dall’AT. Basta un solo coleottero per compromettere l’intera attività, la Sicilia non può quindi abbassare la guardia.
 

 
Le Asp attive per il controllo sul territorio
 
CATANIA – Tra istituzione di “zone di protezione” e di “zone sorveglianza” è praticamente tutto il territorio regionale ad essere soggetto al rischio avanzato dall’At. Di recente l’argomento è stato affrontato a Zafferana Etnea (Ct) all’intero di un convegno dedicato proprio all’Aethina Tumida e a cui hanno preso parte sia un dirigente del Ministero della Salute, che dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezia. La presenza dei due dirigenti è servita per cercare d’improntare una valutazione del rischio in Sicilia, per cercare di capire come le Asp dovranno muoversi tramite i controlli, infine, per capire come l’attività apiaria potrà svolgersi in Sicilia tenendo conto delle limitazioni già esistenti nella sola provincia di Melilli (Sr).
 
Presente all’appuntamento è stato Francesco La Mancusa, dirigente responsabile dell’U.O.C Sanità animale dell’Asp di Catana. Contattato telefonicamente, La Mancusa ha così spiegato lo stato dell’arte dell’AT nel territorio catanese e siracusano.
“L’unico caso accertato in Sicilia rimane quello del comune di Melilli – ha dichiarato. Sono stati effettuati altri controlli, ma tutti con esito negativo. Dalla fine di settembre al termine del 2014 l’Asp Catania ha effettuato oltre 140 visite in apiari, mentre dall’inizio del 2015 al marzo 2015 circa 40 visite”. La presenza dell’AT a Siracusa ha proibito già la prima uscita di materiali apistici e scambi, come quello delle api regine, su cui si concentra tipicamente l’attività di alcuni apiari locali. A livello regionale non c’è al momento alcun divieto, ma tra 6 mesi entrerà in vigore una norma comunitaria, recepita dalla Sicilia, che inibirà probabilmente le stesse attività a tutto il territorio regionale. Seppur necessaria una simile regola rappresenta una forte limitazione per l’attività apiaria siciliana, specialmente quella basata sul nomadismo e lo scambio degli insetti. “Siamo in attesa di ricevere notizie dal Ministero sul numero di controlli da dover ancora effettuare – ha affermato La Mancusa – servirà valutare la situazione epidemiologica. Solo così si potranno rivedere o meno le limitazioni”.

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