Medicina difensiva pesa circa 10 mld l’anno - QdS

Medicina difensiva pesa circa 10 mld l’anno

Mariaelena Casaretti

Medicina difensiva pesa circa 10 mld l’anno

sabato 28 Marzo 2015

Presentata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, la Commissione consultiva per le problematiche in materia. Per 4 camici bianchi su 5 la paura di un contenzioso medico legale è causa di inutili prescrizioni

ROMA – “Un medico preoccupato del rischio di controversie legali non è un buon medico e a farne le spese è soprattutto il cittadino”. Conclude così la relazione del ministero della Salute in merito alla tematica della medicina difensiva, su spunto dell’indagine svolta della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali. Lo scorso giovedì 26 marzo, alle ore 12.30, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha presentato alla stampa la nuova Commissione consultiva per le problematiche in materia di medicina difensiva e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.
 
Tale Commissione consultiva, istituita presso il Ministero della salute – Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del servizio sanitario nazionale e presieduta dal Prof. Avv. Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense, avrà il compito di fornire al ministero della Salute idoneo supporto per l’approfondimento delle tematiche riguardanti la problematica della medicina difensiva “positiva” e “negativa” e l’individuazione di possibili soluzioni, anche normative.
 
La medicina difensiva consiste nella pratica  di diagnosi o misure terapeutiche condotte non con l’intento di assicurare la salute al paziente, ma a  garanzia delle responsabilità medico legali seguenti alle cure mediche impartite. Questa può essere di tipo positivo o negativo, e quindi attuarsi con un semplice comportamento cautelativo, o sfociare, viceversa, nel rifiuto di praticare la terapia di cura se considerata ad alto rischio di contenzioso medico legale.
 
Atteggiamenti di questo tipo sono diffusi in maniera preoccupante tra gli operatori: per 4 camici bianchi su 5 la paura di essere denunciati è causa di inutili prescrizioni mediche e nonostante l’assenza di stime attendibili sui costi della medicina difensiva “negativa”, è stato comunque possibile valutare che solo quella “positiva” vale annualmente ben 10 miliardi di euro, pari, quindi, allo 0,75% del Prodotto Interno Lordo italiano.
 
Secondo le indagini riportate nel report ministeriale, il  78,2% dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato e il 65,4% ritiene di subire una pressione indebita nella pratica clinica quotidiana a causa della possibilità di tale evenienza. Per il 67,5% è forte l’onda d’urto di esperienze di contenzioso legale capitate ai propri colleghi, il 59,8% ha timore di dover andare in contro a possibili richieste di risarcimento e il 43,5% esprime, infine, il timore di ricevere pubblicità negativa dai mass-media.
 
Prendendo spunto dalla recente indagine Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ) è possibile stimare che su 1500 medici ospedalieri, il 58% pratica medicina difensiva e, ancor peggio, per il 93% la pratica è destinata ad aumentare a causa della legislazione sfavorevole per il medico, del forte rischio di essere citati in giudizio e per le eccessive richieste, pressioni e aspettative da parte del paziente e dei familiari.
 
La componente emotiva e la falsa sicurezza indotta dai comportamenti difensivi sono dunque tra i principali fattori che mantengono e potenziano il fenomeno della medicina difensiva e in un periodo fortemente caratterizzato dalla malasanità, pensare di poter avere a che fare con medici spaventati, insicuri e inclini ad una possibile astensione d’intervento non è certamente fonte di fiducia.
 


Lotta al fenomeno. Stop a volubili decisioni dei magistrati
 
ROMA.- I meccanismi da mettere in atto per contrastare questo  fenomeno e ridurre gli sprechi secondo il ministero devono prevedere vari interventi. In primis un “approfondimento sul tema della normativa vigente in materia nel nostro Paese”, perché se da un lato “la malpractice in Italia è in parte riferibile ai comportamenti dei medici, ma è spesso anche conseguenza di scelte di un legislatore poco attento e volubili decisioni dei magistrati”. In seconda battuta il ministero segnala l’esigenza di “un’analisi comparata sullo stato dell’arte delle azioni legislative  intraprese a livello internazionale e l’identificazione di eventuali best practice. L’Italia, in confronto ad altri Paesi (USA, GB, NZ, Irlanda e Francia) che tra il 2000 e il 2003 hanno adottato riforme strutturali sul tema, è in ritardo di almeno un decennio”.

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