Donne siciliane escluse dai Cda - QdS

Donne siciliane escluse dai Cda

Antonia Cosentino

Donne siciliane escluse dai Cda

mercoledì 08 Aprile 2015

In Francia e in Spagna situazione migliorata grazie a leggi favorevoli alla presenza femminile nei luoghi di lavoro. Lontana la parità di genere in tutta Italia, ma almeno in Lombardia si arriva al 33%

PALERMO – Le donne in Italia sono pressocchè assenti dai luoghi decisionali, in politica come nelle imprese. A dimostrarlo i dati di uno studio condotto da Grant Thornton su database AIDA-Bureau Van Dijk: su 13.133 aziende italiane con fatturato compreso tra 30 e 500 milioni di euro, solo il 15,3% dei membri di Cda è donna, il 13,8% ricopre il ruolo di Amministratore delegato e il 6,6% è presidente.
Dati che ci restituiscono l’immagine di un Paese ancora fortemente arretrato sul piano della parità di genere. Un’immagine più allarmante se si osserva la ripartizione geografica: il 61% delle donne che sono membri di Consigli di amministrazione si posiziona nel Nord Italia, il 34% al Centro e solo il 5% al Sud.
La Sicilia si colloca a metà classifica, ma con un misero 1,34% di presenza femminile nei Cda. Fanno peggio Valle d’Aosta (0,11%), Sardegna (0,43%), Puglia (1,11%), Molise (0,04%), Liguria (1,27%), Calabria (0,11%), Basilicata (0,11%) e Abruzzo (0,80%). La concentrazione maggiore è quella della Lombardia (33%), dell’Emilia Romagna (16%) e del Veneto (12%).
“Analizzando la distribuzione per dimensione di fatturato – ha commentato Laura Cuni Berzi, partner RIA Grant Thornton – le donne sono presenti in modo particolare nei Consigli di amministrazione di aziende con un fatturato compreso tra 30-100 milioni (che rappresentano circa il 69%): la presenza di quote rosa va mano a mano diminuendo con l’aumentare del fatturato delle aziende. A livello di incarichi le donne a presiedere i Consigli di Amministrazione in qualità di Presidenti rappresentano il 6,6% ed il 13,8% ricoprono la carica di Amministratore Delegato, dato in aumento rispetto agli anni precedenti”.
L’indagine prende poi in esame le differenze tra i diversi 36 Paesi su cui si è costruito il campione. Emerge una situazione in Europa in miglioramento nell’ultima decade, soprattutto in Paesi come Francia e Spagna, nei quali sono state varate leggi  per favorire la presenza femminile nei luoghi di lavoro, nonché Svezia, anche se i numeri riferiti alle aziende che non presentano donne in posizioni di management rimane consistente, con la Germania che presenta il dato più allarmante, con il 58% delle aziende prive di donne al comando. La situazione è, invece, in costante regressione in gran parte dell’America Latina: nonostante la presenza delle donne in politica continui a essere rilevante, infatti, in questi Paesi, Argentina e Brasile in particolare, le donne nel mondo delle aziende sono in calo di 10 punti percentuali negli ultimi 6 anni.
Per quanto riguarda l’Asia, in Indonesia, China e Thailandia il trend positivo segnalato lo scorso anno, si è invertito: nei primi due casi ciò è attribuibile a una volatilità dei dati imputabile alla non omogeneità del business sul territorio, mentre nel caso della Thailandia, il risultato è legato alla difficile situazione politica del Paese. Agli ultimi posti in classifica quale situazione peggiore si conferma il Giappone.
Se, invece, si da un’occhiata ai settori nei quali emerge la presenza delle donne in ruoli dirigenziali è subito chiaro che si tratta di quelli legati ai servizi (sanità 41%, accoglienza 33%, servizi alla persona incluso il comparto dell’istruzione 41%). Ben al di sotto la media, invece, la presenza in edilizia (18%) e industria mineraria (12%). La conferma che anche quando si riesca ad arginare l’assenza delle donne in posizione di comando, si faccia quasi sempre senza scardinare stereotipi culturali che le vogliono brillanti solo in alcuni specifici settori.

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