Renzi, fermiamo in Libia i trafficanti - QdS

Renzi, fermiamo in Libia i trafficanti

Carlo Alberto Tregua

Renzi, fermiamo in Libia i trafficanti

mercoledì 22 Aprile 2015

20.000 morti, 4 mld quest’anno

Gli ultimi mille morti del 19 aprile scorso fanno assommare il numero degli annegati, in questi anni, forse a 20 mila. Bisogna metterci rimedio.
Renzi ha detto: “Fermiamo in Libia i trafficanti”. Servono “una serie di interventi mirati verso i nuovi trafficanti di uomini. Ne abbiamo arrestati 976: possibile che li fermiamo solo noi? “Ci vuole un’operazione condivisa in Europa”. Nel 2014 abbiamo ospitato 150.000 migranti. Nel 2015, secondo l’andamento di queste ultime settimane, potrebbero assommare a 300.000.
Nel 2014 lo Stato italiano ha speso  1,5 mld per tutte le attività di salvataggio, ricovero, servizi sanitari, alberghieri e di trasporto da una località all’altra. Raddoppiando il numero dei migranti, che arriverebbero nel nostro Paese, la spesa diventerebbe di 3,3 mld secondo questo elementare calcolo: 300.000 per 30 euro al giorno per 365 giorni, uguale 3,3 mld.
A fronte di questa enorme spesa lo Stato non eroga l’assegno di sopravvivenza di 500 euro a milioni di poveri italiani e mantiene tantissimi altri pensionati, anch’essi poveri, con pensioni da fame.

L’Europa, a fronte di questo enorme sacrificio assistenziale ed economico dell’Italia, ripetiamo, che quest’anno potrebbe superare i 3 mld, fa l’elemosina di appena 30 milioni, di cui è dotato il programma Triton, che ha sostituito l’operazione Mare nostrum che, comunque, non avrebbe evitato la tragedia. 
Inutili sono stati gli appelli nei confronti della stessa Europa e dell’Onu per cercare un coinvolgimento in queste operazioni di salvataggio, tendenti a prendere anche l’iniziativa di concordare con i due governi della Libia, l’insediamento sulle rive di quel Paese di centri di raccolta e di controllo dei richiedenti asilo, centri che costituirebbero un filtro e un drenaggio dell’immane massa d’urto di persone che scappano dalle tremende condizioni dei propri Paesi, per tentare di raggiungere l’Italia.
Se questo meccanismo non si regolamenta, l’Italia vedrà crescere in modo esponenziale il numero di migranti che sarà prelevato ad appena 30 miglia dall’imbarco, sempre per ragioni umanitarie, ma non potrà evitare ancora migliaia di morti.
 

È ipotizzabile che nel 2016 i migranti possano diventare 600.000, nel 2017 1,2 milioni. Se si verificasse questo ciclopico esodo di massa, non sappiamo come le strutture e le finanze italiane possano corrispondere in modo appropriato.
Ma cerchiamo di vedere quale sia il business che c’è dietro l’accoglienza e l’assistenza dei migranti. A parte l’enorme lavoro della Marina militare e della Guardia costiera, a terra sono stati impiantati centri di accoglienza, approntati servizi di sicurezza, servizi sanitari, servizi alberghieri, nonché navi, aerei, treni e pulman per spostare continuamente i migranti da un posto all’altro in base a necessità logistiche.
Inoltre, vengono impegnati migliaia di uomini delle Forze dell’ordine e di organizzazioni statali e locali,  distolti alla loro funzione istituzionale, creando carenze nelle attività che dovrebbero svolgere normalmente. Prefetti, Questori, Comandanti di Carabinieri e GdF hanno il gravosissimo compito di occuparsi di questi poveracci, cui umanamente si deve ogni solidarietà.

Ma bisogna restare con i piedi a terra. Fino a che punto il nostro Paese è in condizione di seguire il ritmo travolgente di questa invasione di massa? E, secondo quesito: fino a qual punto è giusto spendere le cospicue risorse prima indicate sottraendole a milioni di italiani che hanno quantomeno uguale bisogno e probabilmente maggiore diritto? E, terzo quesito: è etico questo comportamento che soddisfa un bisogno umanitario, quello dei migranti, ma lascia nell’inferno milioni di poveri cittadini?
Il governo italiano ha l’obbligo di contemperare le due esigenze e scegliere una strada equa che aiuti in primo luogo i propri cittadini, mettendo al secondo posto il soccorso umanitario internazionale, certo doveroso, ma subordinato al sostegno ancor più doveroso che va dato agli italiani in stato di povertà.
È necessario un comportamento equo che dia il segno di giustizia di un governo che non può seguire strade demagogiche solo per soddisfare ideologie e affamati gruppi che con la demagogia sviluppano in modo eccellente i propri affari.

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