Start-up per valorizzazione le biomasse - QdS

Start-up per valorizzazione le biomasse

Rosario Battiato

Start-up per valorizzazione le biomasse

venerdì 05 Giugno 2015

La scomessa di quattro professioniste per mettere assieme online offerta e domanda di bioenergie da fonte residuale. La stima di Risorse Smart: dal patrimonio siciliano energia verde per 10 mila abitazioni

PALERMO – Ci sono quattro professioniste alla guida di una delle più innovative e interessanti start-up del momento. Si chiama Risorse Smart e sembra aver ripreso i numerosi appelli di questo quotidiano relativi alla valorizzazione delle biomasse residuali di processi agricoli e agroalimentari. Un patrimonio che potrebbe produrre, secondo una stima dell’azienda, energia verde per 10 mila abitazioni con singole utenze da 3 Kwh.
“L’idea nasce dall’amore per il territorio oggi continuamente deturpato da risorse gestite come fossero rifiuti, che spesso vengono rilasciate e immesse nell’ambiente senza alcun controllo, un grande spreco di prodotti ancora con un importante potenziale”.
 
L’appello delle quattro fondatrici, riportato sul sito ufficiale dell’azienda, si traduce in realtà in un tentativo di colmare il grande vuoto delle bioenergie siciliane. L’obiettivo dell’azienda consiste nella creazione di “una piattaforma ICT che sia un punto di incontro tra operatori di domanda e di offerta dei residui colturali agricoli e agro-zootecnici (paglia di cereali, scarti di potatura legnosi e verdi, deiezioni di bovini e suini, pollina) e degli scarti e dei sottoprodotti organici, derivanti dai processi di lavorazione, trasformazione e commercializzazione delle principali filiere agroalimentari (pastazzo residuo dalla spremitura degli agrumi, sansa residua dalla molitura delle olive, siero residuo della caseificazione, pasta e pane non idonei alla commercializzazione, ed altri)”.
Un progetto che mette assieme gli operatori che producono e quelli che valorizzano le matrici organiche offrendo, inoltre, “studi di fattibilità su commissione di imprenditori che intendono avviare la progettazione e realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia, biocombustibili e bioprodotti, da fonti rinnovabili”. Insomma, tramutare un problema in una risorsa visto che le filiere agroalimentari generano scarti e sottoprodotti dalle diverse fasi della produzione e della trasformazione che allo stato dei fatti costituiscono dei costi perché non vengono riutilizzate.
E i conti li hanno già fatti analizzando i numeri dei Distretti produttivi siciliani e studiando i dati sulla produzione di siero di latte, residui vegetali, biomasse da cereali, colture in rotazione, ficodindia, sottoprodotti di agrumi e olio d’oliva (pastazzo, sansa e acqua di vegetazione), scarti della macellazione delle carni (pollame e bovina), deiezioni animali. Una stima, derivata da questo studio, rivela che con gli scarti e i sottoprodotti delle principali filiere agroalimentari siciliane,  destinati a impianti per la produzione di biogas, si potrebbe produrre energia verde per 10 mila abitazioni con singole utenze da 3 Kwh.
Una necessità per una Sicilia che sul fronte delle bioenergie è indietro di anni rispetto al Settentrione. Tra il 2010 e il 2013 (ultimi dati Terna) la produzione di energia elettrica siciliana dalle bioenergie è cresciuta di pochissimo, passata da 150,2 a 189,8 Gwh sul totale di una  produzione verde lorda isolana di circa 5mila Gwh. La porzione delle bioenergie non riesce a raggiungere nemmeno il 4%. Anche i numeri degli impianti sono particolarmente indicativi. A metà marzo scorso è stato il Gse a fornirli nel suo rapporto statistico aggiornato al 2013: soltanto 45 gli impianti bioenergetici in Sicilia per una potenza di 80,4 MW. Un dato in crescita, ma ancora distante dai grandi numeri che si registrano altrove. In tutta Italia gli impianti sono 2.409 (in Lombardia se ne trovano 636).

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