Il calcio di Pulvirenti non c’entra con Catania - QdS

Il calcio di Pulvirenti non c’entra con Catania

Carlo Alberto Tregua

Il calcio di Pulvirenti non c’entra con Catania

giovedì 25 Giugno 2015

I nodi vengono al pettine

Le accuse alla società catanese di calcio sono molto gravi, anche perché supportate da intercettazioni  probanti, dalle quali si evince un disegno volto a salvare la società medesima dalla retrocessione.
Il malaffare delle cinque o sei partite comprate non è isolato, perché tutto il calcio è nella bufera. Fermo restando che Antonino Pulvirenti fino a condanna definitiva deve intendersi innocente, secondo la Costituzione, non si può non evidenziare come la sua azione, secondo la Procura di Catania criminosa, non ha nulla a che fare con la città di Catania.
Il circo mediatico utilizza questa circostanza per gettare fango su questa città, che non ne ha certamente bisogno. Proprio per questo è necessario che la Comunità catanese reagisca a questa ferita rivendicando con orgoglio la voglia di ricominciare a crescere, con l’eliminazione del malfatto dei precedenti amministratori, per ridiventare in prospettiva la Milano del Sud.
Il lato umano che più ci fa soffrire è quello relativo alla profonda delusione di migliaia e migliaia di tifosi, fra cui persone meno abbienti, che hanno ricevuto un colpo forte al loro amore per la squadra.

Il Catania Calcio è stato un vessillo della città ai tempi di Carmelo Di Bella, di Milan Zimaniak, di Salvador Calvanese ed altri che tanto prestigio dettero alla città. Anche Angelo Massimino, famoso per le sue gaffes, dette prestigio alla squadra e alla città. Ne ricordiamo una delle stesse. Dissero che serviva amalgama e lui serafico rispose: “Accattàmulo”.
Dunque, il calcio unisce quando la squadra va bene e divide quando va male. La buona gestione in stretta econonomia di Carpi e Frosinone, due piccole città le cui squadre sono state appena promosse in serie A, fanno comprendere che si può stare ai massimi livelli senza imbrogliare le carte.
Ma perché si ricorre all’imbroglio? Spesso perché non c’è capacità gestionale o perché si vuole usare il sodalizio per scopi diversi dalle sue finalità istituzionali. O anche perché  si vuole fare comunque un business che prescinda dalla vera e propria attività sportiva.
Il fatto è che lo sport arretra e il malaffare avanza nel calcio ove vi sono enormi interessi portati dai diritti televisivi, dagli incassi per biglietti ed abbonamenti, da sponsor e da altre fonti.
 

La Comunità catanese, si scriveva, deve reagire a questo vulnus, indicando la questione Pulvirenti come estranea al proprio tessuto civile ed economico. La vicenda ha una sua autonomia giudiziaria che non deve essere miscelata alla città.
Antonino Pulvirenti ha avuto un flop qualche anno fa. La sua compagnia aerea, Wind Jet, non è fallita ma ha chiuso la propria attività perché non era in condizioni di stare sul mercato e di reggerne la concorrenza. Duole constatare però, che seppur non dichiarata fallita, le è stato  accordato il concordato. Tutti coloro che avevano acquistato in buona fede i biglietti hanno ricevuto una piccolissima quota di rimborso, ripartita in più anni.
Il pittoresco Pulvirenti può considerarsi un self made man, cioè uno che si è fatto da solo partendo qualche decennio fa da alcuni punti di vendita di prodotti diversi. La moltiplicazione del suo patrimonio è stata impetuosa ed ora ascende a diverse  centinaia di milioni di euro.

Da osservatore dei fatti e non da esperto, mi chiedo come sia possibile accumulare tanta ricchezza in questo tempo. Certamente vi sono persone che hanno capacità straordinarie, non comprensibili e non decifrabili da parte dell’uomo comune.
La ricchezza non è un peccato, anzi è un metro per misurare la capacità degli imprenditori. L’importante è che il processo di crescita sia comprensibile, proporzionato ai redditi dichiarati fiscalmente sui quali siano  stati pagati interamente contributi previdenziali, imposte e tasse, statali, regionali e comunali, e ogni altro balzello che questo Stato spendaccione carica su chi produce ricchezza.
Come deve reagire la Comunità etnea di fronte a questo fango? Prendendo le distanze, intanto, dall’evento, prendendo le distanze dalle persone coinvolte nello stesso, e affermando in modo forte e chiaro che il processo di crescita di questa città è contrario ad ogni infiltrazione e vuole contare esclusivamente sulla capacità di tutti coloro che operano su questo territorio con onestà, pulizia e correttezza.

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