La Commissione europea favorevole allo "split payment" antievasione - QdS

La Commissione europea favorevole allo “split payment” antievasione

Salvatore Forastieri

La Commissione europea favorevole allo “split payment” antievasione

domenica 28 Giugno 2015

L'Ue dice no al “reverse-charge” nella grande distribuzione, previsto dall’art. 1 della L. 190/2014. Italia autorizzata nel triennio 2015/2017, purchè fornisca relazione su tempi esecuzione rimborsi Iva

ROMA – A pochi giorni dalla data prevista, il Governo dà uno stop all’aumento delle accise sui carburanti che sarebbe dovuto scattare dal 1° luglio 2015 a causa della mancata approvazione, da parte del Consiglio Europeo, del “reverse-charge” sulla “grande distribuzione”, ossia nelle operazioni tra gli ipermercati, i supermercati ed i discount alimentari ed i loro fornitori.
L’aumento, comunque, è solo rinviato visto che, ormai, è certo che Bruxelles non concederà mai l’ok a questa misura anti evasione (ancora non entrata in vigore) prevista dall’ultima legge di stabilità (comma 632, art.1, della legge 190/2014).
Una misura che avrebbe dovuto assicurare all’Erario un gettito e, quindi, una “copertura finanziaria”, di 728 milioni di Euro all’anno.
Se poi le accise sui carburanti non dovessero bastare, e se non dovessero bastare nemmeno le somme attese dalla “voluntary disclosure”, allora si dovrà fare ricorso ad altri sistemi di recupero di gettito e, più precisamente, dalle notizie che giungono da ambienti ministeriali, all’aumento degli acconti Ires e Irap 2015 e, se dovesse ancora occorrere, anche all’aumento delle accise sugli alcol, sui tabacchi e sui prodotti energetici.
C’è da dire pure che, al contrario dell’estensione del reverse charge ad ulteriori servizi del settore edile e dello “split payment” (pagamento dell’IVA nei rapporti con la Pubblica Amministrazione), applicati già dal 1° gennaio 2015, il reverse charge sulla grande distribuzione non è ancora entrato in vigore, per cui c’è pure da recuperare il mancato presunto maggior gettito di quest’anno che, anche per il 2015, ammonta a 728 milioni di euro.
Il problema, comunque, non finisce qui.
Come si diceva prima, infatti, tra le misure antievasione varate con la legge di stabilità c’è pure lo “split payment”, un sistema il quale, al contrario di quello di cui si è detto prima, è entrato in vigore dal 1° gennaio scorso e per il quale si è ancora in attesa dell’autorizzazione del Consiglio Europeo.
Per la “copertura” della legge di stabilità lo split payment vale  988 milioni di euro e pare che, nei primi quattro mesi di quest’anno, abbia già reso 567 milioni.
Fortunatamente, però, su questo punto pare che la situazione sia in fase di soluzione positiva in quanto, pochi giorni fa, la Commissione Europea ha proposto al Consiglio dell’UE di  concedere l’autorizzazione all’Italia, anche se soltanto per tre anni (dal 2015 al 2017) e senza possibilità di proroga, con l’obbligo, però, per il nostro Stato di fornire all’Unione Europea una relazione sui tempi di esecuzione dei rimborsi Iva i quali, proprio a seguito dell’introduzione dello split payment, subiscono un incremento.
Con questo sistema, infatti, il fornitore della Pubblica Amministrazione, non potendo chiedere l’imposta relativa all’operazione da lui fatturata (che va versata direttamente dall’ufficio della Pubblica Amministrazione acquirente), non ha possibilità di recuperare il credito che scaturisce dai suoi acquisti, se non chiedendone il rimborso all’Agenzia delle Entrate.
Ma c’è dell’altro.
Dal combinato disposto dei commi 718 e 719 della citata legge di Stabilità per il 2015 risulta che, se non verranno introdotti provvedimenti normativi idonei ad assicurare il conseguimento di nuove entrate o di risparmi della spesa pubblica (3,272 miliardi nel 2016 e 6,272 miliardi nel 2017) ed il pareggio di bilancio nel 2017, scatteranno pesanti aumenti dell’Iva nella misure ed alle scadenze appresso indicate:
. dal 1° gennaio 2016 aumento dell’Iva ordinaria dal 22% al 24%
. dal 1° gennaio 2017 aumento dell’Iva ordinaria dal 24% al 25%
. dal 1° gennaio 2018 aumento dell’Iva ordinaria dal 25% al 25,50%
. dal 1° gennaio 2016 aumento dell’Iva ridotta dal 10% al 12%
. dal 1° gennaio 2017 aumento dell’Iva ridotta dal 12% al 13%.
Il Governo e Parlamento, per la verità, si sono impegnati ad evitare tali aumenti che avrebbero sicuramente effetti collaterali estremamente pesanti nel programma di crescita del nostro Paese. Come potrebbero riuscirci, però, non è dato  saperlo.
 


Problemi nell’applicazione delle clausole di salvaguardia
 
Quindi, come si può facilmente osservare, anche nella previsione delle coperture finanziarie della legge di stabilità la confusione è massima.
Troppo spesso, infatti, accade che la “copertura” dipende da clausole di salvaguardia le quali prima vengono introdotte, poi sospese e, magari, alla fine non applicate a seguito di altri provvedimenti normativi alternativi, creando una situazione di grande aleatorietà riconosciuta anche dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio nel suo rapporto sulla politica di bilancio 2015.
L’Ufficio parlamentare, più in particolare, ha esaminato i rischi di sostenibilità e di  coerenza con le regole di bilancio europee e con gli interventi di revisione della spesa pubblica e di riordino delle agevolazioni fiscali richiamati dal DEF nel periodo che va dal 2015 al 2019, ed ha ritenuto che sia di dubbia realizzazione una cifra di alcune decine di miliardi di euro, ossia una somma notevolmente superiore a quella che si ricava dalle norme di salvaguardia contenute nella legge di stabilità per il 2015.

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