Alle porte del capoluogo siciliano, lungo la strada che si spinge sino a Bagheria, sorge Ficarazzi, un piccolo paese che deriva il suo toponimo dalle parole utilizzate dagli arabi per denominare l’area, “Fakaz” e “Azz”, ovvero eccellente e importante.
Il casale originario era stato edificato nell’antico feudo, facente parte della baronia di Misilmeri, presso la foce del fiume Eleuterio. A sviluppare l’abitato fu il viceré Pietro Speciale, che impiantò nella zona le piantagioni di canna da zucchero e il primo insediamento rurale e nel 1468 affidò a Perosino De Jordano, della città di Cava de’ Tirreni del Regno di Napoli, la costruzione di una torre.
All’epoca, infatti, questo territorio del palermitano era noto per la coltivazione della cannamela e la raffinazione dello zucchero, che interessava anche i vicini feudi di Altavilla Milicia e di Trabia. Le piantagioni sorgevano in prossimità della costa e bisognava difenderle dalle frequenti incursioni dei pirati.
E così, assieme alle abitazioni che davano ospitalità a coloro che giungevano nel feudo per lavorare la canna da zucchero, si costruì una torre a scopo difensivo che, nei secoli successivi, venne trasformata dapprima in castello e poi in palazzo baronale. Nel XVIII secolo la proprietà del feudo dai Teatini fu ceduta a Luigi Giardina De Guevara Lucchese ed Alagona, marchese di Santa Ninfa e barone di Gibellini, che fece ampliare la vecchia torre con la costruzione di nuovi corpi e le fece assumere l’aspetto di un fortilizio. Nei suoi pressi, sul fiume Eleuterio, vi era un acquedotto con diciassette arcate ogivali, che convogliava l’acqua all’interno del trappeto per muovere le grosse macine utilizzate per la lavorazione delle cannamele.
Nel 1733 l’imperatore Carlo VI concesse a Luigi Giardina De Guevara il titolo di principe affinché lo potesse imporre sul feudo di Ficarazzi. Con la famiglia dei Naselli il castello Giardina si abbellì di saloni, terrazze e balconate e venne adibito a palazzo residenziale.
Oggi la costruzione, con la sua elegante scalinata scenografica, rappresenta il monumento più importante del paese e sorge nel corso principale di fianco alla chiesa Madre, anch’essa risalente, secondo gli storici locali, all’epoca della fondazione del paese. L’edificio religioso, consacrato a Sant’Atanasio, si sviluppa su una sola navata, nella quale trovano posto ben otto cappelle, quattro a destra ed altrettante a sinistra, in una delle quali è esposto un crocifisso ligneo attribuito a fra’ Umile da Petralia, denominato dalla gente del posto “Crocifisso delle Grazie”, per gli innumerevoli favori concessi ai devoti nel corso dei secoli.
Sparse per la campagna attorno il paese sorgono numerose abitazioni signorili che nel XVIII secolo venivano utilizzate dalle famiglie aristocratiche come residenza stagionale di villeggiatura. Una di queste è il baglio seicentesco sito nella frazione di Ficarazzelli che il nobile Giuseppe Merlo trasformò in una splendida villa. Un tempo vi si accedeva dopo aver percorso un lungo viale fiancheggiato da muri e da una lussureggiante piantagione di cipressi, del quale rimase affascinato anche il marchese di Villabianca, Francesco Maria Emanuele e Gaetani.