Sicilia, la crisi non molla proprio - QdS

Sicilia, la crisi non molla proprio

Rosario Battiato

Sicilia, la crisi non molla proprio

giovedì 23 Luglio 2015

Dalle pmi alle grandi vertenze, ecco la mappatura delle attività produttive che stentano. Nel 2015 l’indice di sviluppo economico è stato il più basso tra tutte le regioni

PALERMO – Nei giorni in cui il consueto rapporto Congiuntura della Fondazione Res racconta lo stato di salute dell’economia siciliana (+1% di pil atteso nel 2015 e disoccupazione stabile), le crisi produttive dell’Isola non sembrano trovare facili soluzioni. Non solo la grande impresa con un caso simbolo come Termini Imerese, ma anche per le pmi la situazione non si presenta affatto semplice.
Nel 2014 è stato lievemente negativo il tasso di iscrizione netto nel registro delle imprese in Sicilia (imprese iscritte meno imprese cessate sul totale delle imprese registrate nell’anno precedente). Il dato isolano (-0,3%), diffuso nei giorni scorsi dall’Istat nel corso dell’aggiornamento mensile degli indicatori di sviluppo delle regioni italiane, è stato il peggiore dal 1995 (ad eccezione del 2008 quando si registrò lo stesso risultato). Il risultato, in controtendenza rispetto alla media nazionale (0,2%), è stato inferiore al dato del Mezzogiorno (0,4) e dell’area isole (-0,2%). Una tendenza confermata anche nelle statistiche trimestrali relative alla nati-mortalità delle imprese secondo i dati prodotti da InfoCamere.
A soffrire non è soltanto il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese, ma anche la grande impresa. Almeno quel poco che era di stanza in Sicilia. Secondo gli ultimi dati del ministero dello Sviluppo economico (unità gestione vertenze, aggiornato al febbraio 2015) ci sono in Italia ben 149 tavoli di confronto aperti per altrettante crisi aziendali. Di questi ben dodici si trovano in Sicilia, quasi il 10% del totale, e comprendono alcune delle più rilevanti questioni irrisolte dello sviluppo industriale isolano. In questo capitolo non c’è soltanto la raffinazione, che comunque a Gela ha trovato una soluzione nella riconversione della raffineria nella produzione di biocarburanti, ma anche e soprattutto il caso di Termini Imerese. L’azienda, dopo l’accordo di dicembre con Blutec, si trova ancora in una fase di stallo. L’ultimo aggiornamento è arrivato dai sindacati la scorsa settimana, quando i responsabili della Fiom hanno denunciato l’inattuazione dell’accordo dello scorso dicembre firmato con il Mise per il riavvio dello stabilimento. In ritardo ci sarebbe l’investimento iniziale di 6 milioni di euro da portare a 18 in 90 giorni.
 
“Ma Bluetec non ha onorato l’impegno – hanno spiegato Michele De Palma, responsabile del settore auto della Fiom e Roberto Mastrosimone, segretario generale Fiom Sicilia – noi chiediamo una verifica sull’accordo e sull’attuazione del piano nell’ambito di un tavolo al ministero per lo Sviluppo economico con la partecipazione del ministro Guidi e del sottosegretario De Vincenti, che hanno partecipato alla firma dell’accordo”.
I sindacati, a distanza di un anno da quel 14 agosto in cui Renzi aveva promesso la risoluzione della vertenza, sono pronti a ricordare il mantenimento di quell’impegno.  
A confermare questa diffusa difficoltà legata allo sviluppo economico regionale, che comprende tanti altri fattori, ci sono i numeri del 2015 del ministero dello Sviluppo economico nell’ambito dello Smart Regiones Scoreboard. L’indicatore legato allo sviluppo economico piazza l’Isola (valore di 31,89) all’ultimo posto d’Italia, battuta anche dalla vicina Calabria e da tutta l’area meridionale. Addirittura abissale il confronto con altre realtà regionali come la Lombardia (56,26) o il Trentino Alto Adige (61,71).

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