Donazione di beni immobili, tutto quello che c’è da sapere - QdS

Donazione di beni immobili, tutto quello che c’è da sapere

Sebastiano Attardi

Donazione di beni immobili, tutto quello che c’è da sapere

mercoledì 12 Agosto 2015

In generale l’istituto è previsto dagli articoli 769-809 del Codice civile

CATANIA – Donare qualcosa a qualcuno fa parte dell’istinto naturale dell’uomo, il quale, quando è ricco sente il desiderio quasi fisiologico di far godere ad altri una parte (non importa se minima o massima) della propria fortuna. Ciò il donatore fa regalando dei beni non solo ai propri parenti ma anche ad amici e persino ad estranei. Donare, infatti, non solo fa sentire più ricco colui che dona, ma a volte lo gratifica durante la vita terrena, in quanto chi ha ricevuto il dono gli rimarrà per sempre grato.
Fatta questa breve premessa, entriamo subito “in medias res”, partendo dal concetto giuridico di donazione che è un istituto previsto dagli artt. 769-809 del Codice civile. La donazione, infatti, è un contratto unilaterale con il quale un soggetto arricchisce un altro soggetto a titolo gratuito, vale a dire senza chiedere nulla in sua vece. La donazione, in breve, è quindi quel  contratto con cui si regala, ad altri, un proprio bene.
Va anche detto che, nella donazione, possono rientrare la costituzione di un nuovo diritto su un bene (per esempio l’usufrutto e l’abitazione), oppure la liberazione da un obbligo (la rinuncia ad un credito) o ancora si può stabilire una prestazione (assisterlo materialmente e fisicamente: cosiddetto contratto di vitalizio).
La donazione è un atto prettamente formale, che diventa pubblico – mediante l’intervento del notaio – quando si vuole dare una ufficialità alla donazione oppure quando riguarda beni immobili; in questo caso si parla di forma sostanziale, in quanto l’atto va formalizzato sempre davanti a un notaio, alla presenza di due testimoni. Per l’ipotesi di donazione di beni mobili, invece, è necessario, nella relativa scrittura, indicare solo il loro valore. Il beneficiario della donazione deve accettare la donazione, così come di fatto si accetta un regalo, quindi direttamente se questo è un bene mobile.
Dire che la donazione è un contratto significa anche affermare che il donante e il donatario devono essere d’accordo nel dare e nel ricevere, e quindi manifestare reciprocamente il loro consenso anche se non contestualmente. La donazione non richiede l’atto scritto né il notaio quando riguarda un oggetto od un mobile. Trattasi, in questo caso, della “donazione manuale” che, nell’uso corrente, è il comune regalo che si fa tra parenti od amici, cioè quella donazione di modesto valore: un orologio, un vestito, una cravatta, un viaggio all’estero, ecc.ecc. Il “valore modesto” della donazione, però, è commisurato alle condizioni economiche del donante. Sono considerate modeste le donazioni che non incidono in maniera significativa sulla ricchezza di chi dona. Quindi, più le condizioni del donante sono agiate, più aumenta la modestia del valore dei regali che egli può fare.
Per effettuare e ricevere una donazione è necessario avere la piena capacità di agire di entrambi i soggetti. In pratica non possono donare o ricevere i minori, gli interdetti, gli inabilitati, le persone soggette ad amministrazione di sostegno, se sono state private della capacità di disporre dei propri beni. La legge vieta all’incapace di fare donazioni anche attraverso il proprio legale rappresentante.
 
Possono donare anche le persone giuridiche, pubbliche e private. È ammessa la donazione a favore di figli non ancora nati o concepiti, non si può donare, invece, un bene futuro (che non si trova nel patrimonio del donante al momento della donazione). Minori e interdetti possono accettare una donazione solo tramite i genitori o i loro legali rappresentanti che, a loro volta, devono essere autorizzati dal giudice tutelare.
 

 
Revoca per ingratitudine e sopravvenienza dei figli
 
Essendo la donazione un contratto, essa non può essere revocata su iniziativa del solo donante, ma è necessario l’accordo di entrambe le parti. La legge, però, prevede una deroga: il donante può richiedere la  revoca della donazione, all’autorità giudiziaria, per ingratitudine del donatario, cioè quando il donatario abbia commesso reati gravi nei confronti del donante e dei suoi congiunti; oppure per sopravvenienza di figli. Ciò significa che, fatta eccezione per questi soli casi, una volta che si sceglie di donare un bene, non si può più tornare indietro. Nella vita pratica di tutti i giorni spesso, soprattutto nell’ambito familiare, i genitori, quando sono in vita – per evitare di far pagare l’imposta di registro ai figli – preferiscono donare i loro beni immobili a quest’ultimi, riservandosi, quasi sempre, l’usufrutto od il diritto di abitazione.
 

 
Così si anticipa ai figli la somma per il passaggio di proprietà
 
La convenienza di questo tipo di donazione “ ante mortem” sta proprio nell’anticipare, ai figli, la somma occorrente per il passaggio di proprietà. Infatti, dal punto di vista fiscale, ai fini della tassazione dei beni donati non v’è alcuna convenienza con quelli oggetto di eredità, dal momento che l’imposta di donazione e quella di successione sono uguali come tassazione.
Infine, va detto che nel nostro sistema giuridico non sempre il donatore, nell’ambito familiare, può donare liberamente tutto quello che ha. Infatti la legge riserva, necessariamente, a determinati e strettissimi congiunti del defunto (de cuius) – cosiddetti “legittimari” o “eredi necessari” – una rilevante quota dell’asse ereditario. E ciò anche contro la stessa volontà espressa dal disponente, che, magari, con testamento o con donazioni fatte in vita, ha di fatto anticipato la successione.
La successione necessaria, pertanto, costituisce un limite alla libertà testamentaria e alla stessa libertà di donare, essendo la donazione un’anticipazione dell’eredità. Al riguardo, l’articolo 737 Codice civile dispone che “i figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali e il coniuge che concorrono alla successione, devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazioni direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati”.
Quindi, in sede di divisione ereditaria, il bene donato deve essere conferito alla massa ereditaria, da dividere tra figli, discendenti e coniuge (cosiddetta collazione).
Come previsto, ex lege, dalle norme che disciplinano l’istituto della collazione, le donazioni poste in essere dal defunto a favore dei figli e dei loro discendenti (nipoti), vanno intese come anticipo della quota di legittima spettante per legge, salvo che nella donazione, come abbiamo dianzi già detto, il donante abbia indicato che la donazione è effettuata con dispensa dalla collazione.
Al momento della morte, gli eredi necessari devono conferire, al patrimonio ereditario, il valore commerciale dei beni ricevuti per donazione dal de cuius, e ciò appunto al fine di calcolare l’asse ereditario e le rispettive quote di legittima. Se il de cuius ha disposto in vita del suo patrimonio andando a ledere quella porzione riservata ai legittimari, le donazioni il cui valore eccede la quota disponibile sono soggette a riduzione fino alla quota medesima. Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni disposti per testamento (articolo 555 codice civile).

Avv. Sebastiano Attardi
Collegio dei professionisti di Veroconsumo

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