Viaggiare da disabile, la differenza tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere - QdS

Viaggiare da disabile, la differenza tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere

Antonino Aloisio

Viaggiare da disabile, la differenza tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere

mercoledì 12 Agosto 2015
Ogni volta che torno da un viaggio sono sempre carico di ricordi, fotografie di posti visitati, cibi nuovi e persone conosciute, insomma tutto quello che una meritata vacanza ci dona. Però come tutte le esperienze ci sono lati positivi e i lati negativi.
 
Quando ad organizzare un viaggio è un disabile non deve soltanto pensare a quale posto visitare ma deve pianificare in maniera attenta tutta la logistica della vacanza. Se non si decide di viaggiare con un mezzo proprio e per esempio si pensa di prendere un aereo bisogna cominciare dal comunicare il tipo di disabilità alla compagnia aerea, in quanto sono previste delle attenzioni particolari per i passeggeri disabili. Bisogna arrivare in aeroporto con un anticipo di almeno due ore dall’imbarco, giunti alla biglietteria consegnato il documento si viene affidati al personale specializzato che ci porta in una saletta dove aspettare comodamente il pulmino che ci accompagnerà direttamente dentro l’aereo con una priorità particolare.
 
Questo è come dovrebbe essere.
In realtà, arrivati in aeroporto con le due ore di anticipo alla biglietteria non si trova nessuno in quanto viene aperta poco prima del imbarco in quanto spesso una biglietteria funziona per più compagnie, arrivati di fronte all’addetto dobbiamo rispiegare nuovamente quello di cui abbiamo bisogno anche se nella prenotazione abbiamo già presentato la documentazione. Le compagnie più grandi solitamente sono più preparate ad affrontare queste situazioni quelle low cost un po’ meno (un disabile mica deve viaggiare per forza), per ogni tipo di disabilità ci sono dei codici particolari internazionali che dovrebbero essere riconosciuti da tutti.
 
La saletta dove veniamo messi passa da uno sgabuzzino con quattro sedie a delle sale abbastanza decorose, in Italia viene chiamata sala amica ma spesso non è molto amichevole e poi tendono a separare la famiglia in quanto in queste stanze accettano soltanto il disabile con l’accompagnatore quindi nel caso di un figlio disabile rimane con un solo genitore.
 
Passate queste due ore se tutto va bene veniamo accompagnati all’aereo con il braccio per l’imbarco ma negli aeroporti più piccolini dobbiamo utilizzare un mezzo che ci porta fino al portellone (spesso questo mezzo non è climatizzato) dove poi non avendo la possibilità di imbarcarsi con la sedia rotelle come funziona nei treni di nuova costruzione dobbiamo essere portati al nostro posto assegnato.
 
Anche qui ovviamente soltanto un accompagnatore può stare vicino al disabile l’altro viene messo in un posto differente. Onestamente devo dire che questa è la mia esperienza di quando prendo l’aereo… Tengo a sottolineare “mia” in quanto ogni disabilità è differente dalle altre ed è proprio questo quello che manca perché ce ne facciamo ben poco di un protocollo studiato a tavolino da un qualcuno super partes perché ognuno di noi è differente dagli altri e nel caso di un disabile non si tratta di richieste ma spesso sono esigenze.

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