Novità fisco: abuso del diritto e raddoppio dei termini

In attuazione della legge 23/2014 e dei suoi artt. 5, 6 e 8, comma 2, è stata emanato il 5 agosto scorso il d.lgs. n. 128, contenente disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.
Tra le questioni trattate, già in precedenza oggetto di alcune pronunce della Corte di Cassazione e di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, rileva all’articolo 1 quella concernente l’abuso del diritto e l’elusione che ne deriva in termini fiscali.
Innanzitutto, va chiarito cosa si intenda per “elusione del diritto”: la lettera della norma, con l’inserimento dell’art. 10 bis allo Statuto dei diritti del contribuente, precisa che ci si troverà di fronte a un caso di abuso del diritto ogni qual volta vengano poste in essere “una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.
Ma la novità in cosa consiste? Le attività che costituiscono elusione perderanno il proprio disvalore e, di conseguenza, non saranno più rilevanti dal punto di vista penalistico; tuttavia, potranno essere applicate le sanzioni di carattere amministrativo previste in caso di violazione di norme tributarie. Infatti, facendo sempre riferimento al dato testuale, l’art. 1 del nuovo decreto legislativo stabilisce che “le operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.
Il regime esposto troverà applicazione a partire dal prossimo 1 ottobre, tuttavia le disposizioni in questione saranno dotate di effetto retroattivo, cioè avranno efficacia anche per le “operazioni di elusione” effettuate prima di tale data, ma soltanto nel caso in cui non sia ancora stato notificato nessun atto impositivo al contribuente.
Non finisce qui. Le novità introdotte riguardano anche il raddoppio dei termini, argomento trattato all’articolo 2 del d. lgs. n. 128, la cui disciplina è già entrata in vigore lo scorso 2 settembre, imponendo che, in caso di fatti penalmente rilevanti, facendo in particolare riferimento ai reati tributari, l’organo preposto alla riscossione di tasse e tributi, quale l’Agenzia delle Entrate, deve parzialmente modificare il proprio modus operandi.
La disposizione, che rappresenta trasposizione normativa della sentenza n. 247 del 2011 della Corte Costituzionale, esclude la possibilità di beneficiare del raddoppio dei termini in mancanza dell’obbligo di denuncia del reato da parte dell’amministrazione finanziaria alla Procura della Repubblica (presupposto già contemplato) e soprattutto in assenza della presentazione del provvedimento in questione entro gli ordinari termini di accertamento stabiliti dalla legge.
Per comprendere l’iter che ha condotto al principio implicitamente contenuto nella legge-delega, va precisato che la pronuncia costituzionale succitata si basava sulla presenza di due autonomi e distinti termini di accertamento dell’illecito, uno “breve” e uno “lungo”, quest’ultimo sussistente soltanto se sussisteva a monte l’obbligo di denuncia (prescritto dall’art. 331 c.p.p.).
Qual è, allora, l’elemento innovativo? La denuncia dev’essere effettivamente inoltrata e/o presentata prima della scadenza dei termini. Ciò comporta, di riflesso, conseguenze anche nei confronti degli organi giurisdizionali che si inseriscono in un secondo momento: infatti, anche nel caso in cui la denuncia venga presentata in ritardo, non ne deriverà un raddoppio dei termini per la fase seguente di accertamento.
Infatti, partendo dall’antesignano art. 43, comma 3, del DPR 600/1973, (il quale stabiliva che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui e’ stata commessa la violazione”), l’art. 2 del neo decreto aggiunge che “il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini”.
Insomma, le disposizioni del 5 agosto mostrano che sono stati compiuti passi in avanti, traducendo in legge nazionale alcuni principi già affermati ma spesso disattesi nella prassi, nella speranza che ancora una volta la finalità cui le modificazioni sono volte non vengano “tradite” attraverso una loro applicazione non del tutto in linea con l’ordinamento.