Mangiare "Bio" a mensa: la Sicilia resta fuori dai giochi - QdS

Mangiare “Bio” a mensa: la Sicilia resta fuori dai giochi

Michele Giuliano

Mangiare “Bio” a mensa: la Sicilia resta fuori dai giochi

martedì 10 Novembre 2015

Nonostante nell’isola sia diffusa la produzione ci sono poche scuole che adottano menù biologici. Considerata scommessa di salute per i più piccoli e avvio di una nuova cultura

PALERMO – Si può essere i primi della classe ma contemporaneamente anche gli ultimi. Pare una contraddizione ed invece non lo è per nulla quando si parla di Sicilia.
Il tema questa volta è quello dei prodotti agroalimentari biologici. La Sicilia in questi anni ha dimostrato senza dubbio di essere la maggior produttrice in Italia, per una volta quindi la prima della classe. Eppure riesce a non confermare questa perfomance quando si tratta di sfruttare quest’onda. Dell’isola infatti non c’è traccia per consumo di prodotti bio nelle mense scolastiche. Secondo i dati di Biobank, banca dati del biologico in Italia, il numero delle mense scolastiche è aumentato del 43 per cento negli ultimi 4 anni a livello nazionale con una media giornaliera di 1,2 milioni di menù “Bio” serviti.
In realtà, le regioni in cui i cibi biologici sono particolarmente diffusi a mensa sono solo tre: Lombardia (224), Veneto (192) e Emilia Romagna (172). Della Sicilia, per l’appunto, non c’è traccia tra le regioni virtuose. Con un valore di mercato al consumo pari a 2,1 miliardi di euro nel 2014 (Dati Nomisma), si può dire che il mercato degli alimenti “Bio”, dal 2005 ad oggi, abbia avuto una crescita inarrestabile e si è pian piano trasformato da un fenomeno di nicchia a un abitudine di consumo per molti (6 italiani su 10 comprano e mangiano biologico pari al 59 per cento, 4,5 per cento in più rispetto al 2013), specie tra le fasce più giovani della popolazione.
“Sarebbe opportuno che il consumo di prodotti biologici fosse stimolato fin dalla più tenera età per incanalare le nuove generazioni verso stili alimentari corretti e sani” ha dichiarato il presidente di Cse Italia, Patrizio Vanessi.
Resta dunque un’ampia parte del territorio su cui è possibile intervenire per “educare i cittadini del domani ad una buona e sana alimentazione, alla biodiversità dei prodotti agricoli del nostro Paese e, allo stesso tempo, promuovere l’agricoltura del territorio e la stagionalità”, sottolinea in una nota Ermete Realacci, della Commissione ambiente della Camera dei Deputati. L’Italia, con le sue 273 tra Doc, Igp e Stg, vanta il primato per numero di prodotti tipici e, sul fronte del biologico, questo posiziona il nostro Paese ai primi posti in Europa.
Tra i prodotti biologici principalmente consumati nello scorso anno compaiono i cereali (+18,9 per cento rispetto al 2013), gli ortaggi (+14,3 per cento) e la pasta (+21 per cento). Cresce anche la superficie di terra destinata a questo tipo di agricoltura (+5,4 per cento) e il numero di operatori nel settore (55.433).
In questo panorama la Sicilia si conferma anche nel primo semestre 2015 la regione italiana con il maggiore numero di operatori e la seconda, con il 22,04 per cento di ettari coltivati biologicamente, dietro la Calabria.
“Anche se – ha evidenziato il Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica (Sinab) – gli operatori siciliani sono calati nei primi sei mesi del 2015 rispetto al 2014 probabilmente per gli effetti del Piano di sviluppo rurale”.

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