I nostri mari come pattumiere - QdS

I nostri mari come pattumiere

Liliana Rosano

I nostri mari come pattumiere

sabato 14 Novembre 2015

Secondo i dati di Goletta Verde le acque italiane contano in media 32 rifiuti galleggianti al kmq. Le leggi sono lacunose, manca una rete di raccolta e smaltimento in porto

CATANIA – Un mare di plastica che ricorda, il “plastic vortex”, l’isola di rifiuti galleggiante che si è formata nell’Oceano Pacifico. Le nostre acque sembrano una vera e propria pattumiera con il Tirreno a stare peggio degli altri.
Lo evidenziano i dati raccolti da Goletta Verde di Legambiente nei mari italiani nelle estati 2014 e 2105 . Ben 205 ore di osservazione diretta, 2.600 km di navigazione, 120 kmq di mare monitorato e, in totale, qualcosa come 2.597 rifiuti raccolti sulle tratte costiere prese in considerazione: dal Tirreno, all’Adriatico, allo Ionio
Nei nostri mari si contano in media ben 32 rifiuti galleggianti ogni chilometro quadrato, con una stragrande maggioranza di rifiuti plastici (circa il 95%), soprattutto teli (39%) e buste di plastica, intere e frammentate (17%), concentrate soprattutto nel Mar Adriatico (dove se ne contano 5 ogni kmq). Seguono cassette di polistirolo (quelle che si usano per contenere il pescato) e frammenti (7%), bottiglie di plastica (6%), reti e lenze (5%), stoviglie di plastica (2%). Il restante 5% dei rifiuti marini è costituito da carta (54%), legno manufatto (21%), metalli (12%), gomma (6%), tessili (4%) e vetro (3%).
La maglia nera va al Tirreno centrale dove sono stati contati 51 rifiuti/Kmq. In particolare, la  costa campana tra Mondragone (Ce) e Acciaroli (Sa) conta una densità record di 75 rifiuti al Kmq. Sempre nel Mar Tirreno, nella parte meridionale, la maggiore densità media è di 55 rifiuti al Kmq e riguarda il tratto fra Palermo – Sant’Agata di Militello e le Isole Eolie.
Al secondo posto nella classifica dei mari più disseminati di rifiuti galleggianti c’è l’Adriatico meridionale, con una densità di circa il 34% per Kmq. Segue lo Ionio, con il 33%. Nell’Adriatico il tratto più critico è quello compreso tra Cesenatico e Ancona, dove sono stati rilevati 42 rifiuti per Kmq. Sempre in questo mare è stata registrata una presenza più massiccia di rifiuti legati al settore pesca (55%), come cassette di polistirolo, reti e lenze.
Grazie a un protocollo d’intesa tra Ispra e Legambiente, è stato condotto, nell’estate 2015, anche il primo studio preliminare sulla presenza di microplastiche negli arcipelaghi italiani: sei le isole campionate. Il picco massimo è stato registrato a largo dell’isola di Ischia, dove sono state rilevate 528 microparticelle di plastica per 1000 metri cubi di acqua. A seguire l’Isola d’Elba (324 microplastiche/1000mqacqua), l’Isola dell’Asinara (222), San Domino-Isole Tremiti (186), Isola di Lipari(102) e, infine, Ventotene con 60 microparticelle di plastica in mille metri cubi di acqua.
Rifiuti che non si trovano soltanto nei mari e nei fondali ma anche sulle spiagge. L’indagine “Beach litter”- eseguita dai volontari di Legambiente da aprile a maggio 2015 su un’area di 136.330 mq, pari a quasi 20 campi da calcio – ha permesso di individuare e smaltire 22.114 rifiuti spiaggiati. In particolare sono stati trovati 17 rifiuti ogni 100 mq, 5 rifiuti in più ogni 100 mq rispetto allo studio dell’anno precedente.
A rendere la situazione difficile, è la mancanza di una legge. O meglio le lacune di una legge che dice: se peschi un rifiuto, rigettalo a mare. A causa dell’assenza di una rete di raccolta e smaltimento in porto, infatti, i pescherecci che si ritrovano insieme al pescato qualsiasi tipo di rifiuto sono costretti a ributtarlo a mare perché non sono autorizzati a portarlo a terra. Un paradosso con cui bisogna fare i conti. Qualcosa, però, potrebbe cambiare a breve. In virtù della direttiva europea (2008/56), gli Stati Europei dovranno attuare programmi per il raggiungimento del “buono stato ecologico” dei mari, sulla base di 11 descrittori qualitativi entro il 2020 e a partire dal 2016.

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