I giovani vadano dove vince il merito - QdS

I giovani vadano dove vince il merito

Carlo Alberto Tregua

I giovani vadano dove vince il merito

venerdì 18 Dicembre 2015

Il mercato mondiale premia i talenti

Singapore, Hong Kong, Shanghai, Tokyo, Londra, New York sono piazze che valutano il merito, ove chi è dotato di capacità ottiene il riconoscimento sia in termini professionali che in quelli finanziari.
I giovani, quando hanno un certo talento, unitamente ad una gran voglia di crescere, devono andare in quei posti ove possano mettere a profitto le proprie doti naturali nonché i saperi che hanno introitato attraverso studi ed esperienze di qualunque tipo.
Ecco perché solo i babbei si nascondono sotto la gonna della mamma o della nonna, restano intimoriti dal futuro e non trovano dentro di sé il coraggio per affrontare le avversità che necessariamente si presentano vivendo.
Il mammismo ha fatto tanti danni, soprattutto nel Meridione, perché ha favorito questi comportamenti rinunciatari creando un ambiente ostile all’innovazione ed impedendo di fatto la crescita della Comunità.
Quando ci riferiamo al mammismo, non intendiamo solo quello familiare.

Il mammismo più grave per una Comunità è l’assistenzialismo, cioè dare anche a chi non ne ha bisogno sussidi di vario genere che aiutano a non cercare il lavoro che c’è e a bivaccare come le figure di quei messicani che al sole non si tolgono dal viso neanche la mosca.
Prendiamo le pensioni: lo Stato eroga 177 miliardi ai pensionati veri. Ne incassa 176, quindi il conto delle pensioni è quasi in pareggio.
Dov’è l’inghippo? È nel fatto che poi l’Inps eroga altri 100 miliardi di pensioni assistenziali a gente che ne ha bisogno, ma anche ad una parte di persone che percepiscono assegni senza alcun titolo né bisogno. Chi paga questi 100 miliardi? La fiscalità generale, ovvero i contribuenti super tassati per sostenere soggetti che non hanno alcun diritto di vivere a loro spese.
Altro esempio riguarda tutto il ceto dirigenziale della Pubblica amministrazione nonché un milione su quattro di pubblici dipendenti che percepiscono stipendi, indennità, premi ed altri ammennicoli, senza alcun riferimento alla qualità dei servizi prodotti. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha lanciato l’idea di abolire la retribuzione oraria sostituendola con la connessione fra stipendio e servizi o prodotti.
 

Di che si tratta? Si tratta di eliminare la quantificazione del lavoro, sostituendola con il prodotto dello stesso. In altre parole, non serve più  la quantità, nel mondo dell’innovazione e dell’intelligenza, serve la capacità di produrre valore aggiunto. Per conseguenza, dice Poletti: si paghino i risultati.
Se questo meccanismo fosse attuato, ovviamente nonostante il contrasto dei sindacati che tendono a livellare verso il basso il lavoro dei propri aderenti, diventerebbe primario il valore del merito, perché le persone più capaci ed intelligenti andrebbero ad occupare i primi posti della relativa classifica e, in virtù di quella posizione, sarebbero compensati finanziariamente e professionalmente.
Il valore del merito, derivante dalla concorrenza fra tutti i soggetti, avrebbe il vantaggio ulteriore di mettere tutti in competizione, per affrontare la quale ognuno dovrebbe prepararsi bene, sacrificarsi, sudare, e non guardare più l’orologio.
Questo meccanismo avrebbe anche il vantaggio di far lavorare di meno i più capaci perché otterrebbero risultati in minor tempo.

La tremenda situazione socio-economica in cui si trova il Mezzogiorno deriva proprio dal piattume generale che ha come primo colpevole il settore pubblico ove la burocrazia anziché essere un motore di sviluppo, è un oppio che blocca tutte le attività.
Per questo stato di cose nessuno paga. Per contro, molti burocrati ricevono premi che – c’è da morir dal ridere – si autoassegnano e si autoliquidano.
È noioso ripetere questi concetti, ma abbiamo il dovere di fare come la goccia, contando sul fatto che prima o poi bucherà la pietra. Quella pietra, quasi una lapide, che il ceto politico e quello burocratico hanno messo sopra i cittadini, impedendo loro di crescere.
Dunque, l’esodo dei giovani più bravi verso i mercati ove vince il merito è diventato comune e ci sorprende che alcune persone se ne lamentino. Costoro, invece, quando hanno posti di responsabilità, dovrebbero pensare a modificare i loro comportamenti per creare le condizioni del mercato, soprattutto quello meridionale, che impediscano tale esodo.
Ma questo nuovo meccanismo, non è ancora alla vista. Perciò il Paese langue.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017