Porti, adesso investimenti e sviluppo - QdS

Porti, adesso investimenti e sviluppo

Rosario Battiato

Porti, adesso investimenti e sviluppo

martedì 26 Gennaio 2016

La guerra non è finita: Messina e Milazzo con Gioia Tauro, scoppia la rabbia dei peloritani. Ci si poteva pensare anche prima. Sostenere il ruolo dell’Italia per diventare hub nel Mediterraneo e piattaforma logistica europea

PALERMO – Negli ultimi mesi si è combattuta, a colpi di cifre, una battaglia navale che si è provvisoriamente conclusa la scorsa settimana con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto di “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle autorità portuali”, presentato da Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione. Autorità portuali ridotte a 15 (prima erano 24) e Palermo e Augusta porti “core” rispettivamente per la Sicilia occidentale (Termini Imerese, Porto Empedocle e Trapani) e orientale (Catania). Messina e Milazzo, invece, sono stati inseriti nell’area del mar Tirreno Meridionale con Gioia Tauro come riferimento “core” e sede dell’Autorità. Da questo provvedimento dipenderà molto del futuro degli scali isolani e degli investimenti dei prossimi anni.
È tutto nel nome dell’Europa. La riorganizzazione del sistema portuale italiano, in vista degli investimenti relativi ai quattro corridoio ferroviari Ten-t che l’attraverseranno (lo Scandinavo-Mediterraneo riguarderà anche la Sicilia), è una priorità del trasporto multimodale e una necessità, scrivono dal ministero, per diventare “hub nel Mediterraneo e piattaforma logistica europea”. Il ministero ha voluto puntare sulla “semplificazione delle procedure per facilitare il transito di merci e passeggeri, la promozione di centri decisionali strategici rispetto all’attività di porti in aree omogenee, la riorganizzazione amministrativa, il coordinamento centrale del Ministero sono i princìpi centrali del decreto”.
Non tutti l’hanno presa benissimo. In Sicilia è rimasta la classificazione definita lo scorso luglio dal governo in occasione dell’approvazione preliminare del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica.
L’Autorità portuale di Messina, lo scorso dicembre, aveva dato cifre per determinare la propria rilevanza in termini di traffico, che non sono evidentemente serviti per scongiurare l’apparentamento non voluto con i vicini calabresi. Nemmeno la presenza dell’importante scalo di Milazzo (nel 2013 con Messina 23,2 milioni di tonnellate movimentate) ha agevolato creazione di un’autorità peloritana. Molti politici locali hanno attaccato il governo, Crocetta ha addirittura espresso preoccupazioni per l’eventualità che le infiltrazioni della ‘ndrangheta possano estendersi fino a Messina.
Clima diverso ad Augusta, sede dell’Autorità portuale che comprenderà anche Catania, e che, secondo quanto riportato da Vincenzo Vinciullo, presidente commissione Bilancio e programmazione dell’Ars, avrebbe ottenuto anche un rifinanziamento da 67 milioni di euro per una serie di “opere infrastrutturali all’interno del porto commerciale”. Augusta, anche a fronte della recente crisi dei prodotti petroliferi e della raffinazione isolana (25,3 milioni di rinfuse liquide nel 2013), resta comunque uno dei principali scali nazionali.
Catania gestisce un traffico minore, ma è in crescita. Tra il 2013 e il 2014 il traffico totale di merci è passato da 5,8 a 6,7 milioni di tonnellate. Anche Palermo riprende una tendenza positiva, avendo ottenuto dal 2013 al 2015 un passaggio da 6,5 a 6,8 milioni di tonnellate che superano i 7 milioni considerando anche Termini Imerese. Superata anche una contrazione registrata  nel 2014 quando si erano registrate 6,2 milioni di tonnellate.

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