Unione europea, un'Italia da infrazione - QdS

Unione europea, un’Italia da infrazione

Rosario Battiato

Unione europea, un’Italia da infrazione

giovedì 28 Gennaio 2016

Sono 89 le procedure avviate dall'Europa: record nel settore ambiente per rifiuti e depurazione. Sanzioni fino a 700 mila euro al giorno e 8,9 milioni di euro come quota forfetaria

PALERMO – A vederle tutte in elenco raccontano un Paese fuori dalle grazie dell’Europa. Il dipartimento per le Politiche europee della presidenza del Consiglio dei ministri ha elencato le 89 procedure di infrazione che riguardano l’Italia (69 per violazione del diritto comunitario e 20 per mancato recepimento delle direttive), fornendo un quadro complessivo delle azioni da intraprendere e dello stato di avanzamento in cui si trova la procedura.
Come funziona una procedura di infrazione? La Commissione europea, nella sua qualità di “guardiana” dei Trattati, può decidere di agire, in caso di violazione, sulla base di una denuncia dei privati, un’interrogazione parlamentare oppure di propria iniziativa.
Il viaggio della nostra procedura (articolo 258 Tfue) comincia con una “lettera di messa in mora” inviata dalla Commissione allo Stato membro. Siamo nell’area del pre-contenzioso. Passati due mesi, senza ottenere risposta o con risposte non soddisfacenti, la Commissione può emettere un parere motivato e diffida lo Stato a porre rimedio entro un dato termine. Se anche questa scadenza dovesse andare a vuoto (nel 95% gli stati membri si conformano a questo punto), allora la Commissione può presentare ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia Ue, chiudendo di fatto la fase di pre-contenzioso. Nel momento in cui la Corte di Giustizia accerta che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi, quest’ultimo deve provvedere a porre fine all’infrazione rispettando i provvedimenti della sentenza. Per gli Stati membri che non attuano le direttive entro i termini prescritti, la Commissione inoltre “può chiedere alla Corte di comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una penalità fin dalla prima sentenza di inadempimento”.
Ma cosa succede se uno Stato membro non si conforma alla sentenza della Corte? La Commissione può avviare una seconda procedura di infrazione (articolo 260 Tfue) con un’unica lettera di messa in mora, prima di adire nuovamente la Corte. In questo caso può proporre di condannare l’inadempiente al pagamento di una penalità (per l’Italia sono 8,9 milioni di euro per la somma forfetaria e oscillano da 10mila e 700 euro a 645mila al giorno per la penalità di mora).
Una necessaria premessa prima di addentrarci nell’ultimo aggiornamento, fornito dalla Commissione europea, che risale al dicembre scorso. Delle 89 procedure accertate ce ne sono 40 che si trovano nella fase “messa in mora art. 258 Tfue”, quindi al primo passaggio. Altre 22 si trovano alla fase “parere motivato art. 258”, quindi ancora nella fase di pre-contenzioso (2 nella fase parere motivato complementare). Altre 10 come “messa in mora complementare”, atti in cui, nell’ambito della stessa procedura d’infrazione, si individuano ulteriori violazioni delle norme comunitarie. Ci sono 2 casi in “ricorso art. 258 Tfue” e 2 giunti alla “sentenza art.258 Tfue”. Questi ultimi riguardano la cattiva applicazione della direttiva relativa al trattamento delle acque reflue urbane e la conformità della discarica di Malagrotta (Regione Lazio) con la direttiva discariche.
Nella fase di contenzioso troviamo 3 procedure alla fase di “messa in mora articolo 260 Tfue”. Per 2 siamo alla “decisione ricorso art. 258 Tfue” e 2 “decisione ricorso art. 260 Tfue”. Altre 4 si trovano alla “sentenza art. 260 Tfue” e sono: emergenza rifiuti in Campania; non corretta applicazione direttive su rifiuti, rifiuti pericolosi e discariche; mancato recupero di aiuti concessi per interventi a favore dell’occupazione (contratti formazione lavoro); mancato recupero degli aiuti concessi a favore delle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia.
Nella distribuzione per settore spiccano le 19 infrazioni del settore “ambiente”, spinto dalle 7 relative ai rifiuti e dalle 3 della depurazione, seguito da trasporti (9) e poi da un trio composto da affari economici e finanziari, affari interni e fiscalità e dogane, a chiudere il podio con 7 infrazioni a testa.
Il ruolo della Sicilia in questo flusso di infrazioni è particolarmente determinante. L’Isola, infatti, rientra direttamente e corposamente nella sentenza di Corte di giustizia europea del 12 luglio 2012 causa C-565/10 in merito alla procedura di infrazione 2004_2034 (Cattiva applicazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane) e nella sentenza Corte di Giustizia Europea 2 dicembre 2014 causa C-196/13 in merito procedura di infrazione 2003_2077 (violazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti in Italia). Altre due riguardano la qualità dell’aria: la 2014_2147 (messa in mora) che riguarda la “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia”, l’altra, la 2015_2043, riguarda “l’applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2)”.

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