I beni culturali siciliani sotto controllo - QdS

I beni culturali siciliani sotto controllo

Paola Pizzo

I beni culturali siciliani sotto controllo

venerdì 20 Novembre 2009

La Carta del rischio realizzata in 6 anni tramite un finanziamento con fondi Por 2000/2006 di circa 4 milioni di euro. In caso di eventi calamitosi sarà possibile predisporre piani di pronto intervento per la loro salvaguardia

PALERMO – Oltre diecimila beni culturali censiti, il più alto numero d’Italia, per un progetto che vede la Sicilia primeggiare in termini di innovazione e specificità.
Arriva la “Carta del rischio” della regione siciliana: una vera e propria cartella clinica dei beni culturali, sia archeologici che architettonici, del territorio isolano che, mercoledì mattina, è stata presentata nella sede del Centro Regionale di Restauro a Palermo dall’assessore regionale ai Beni Culturali Nicola Leanza, insieme al direttore del Centro di Restauro Guido Meli, a Serena Virgadamo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento Protezione Civile, e al responsabile nazionale dei beni culturali per la Protezione Civile Fabio Carapezza Guttuso.
“Grazie al software realizzato – ha commentato l’assessore Leanza – abbiamo adesso una carta che serve non solo a censire i beni di un determinato territorio, ma anche a monitorarne lo stato di degrado. In caso di fenomeni naturali come terremoti, inondazioni e frane – ha aggiunto –, sarà anche possibile predisporre dei piani di pronto intervento per evitare che importanti tesori artistici e monumentali vadano perduti o distrutti”.
La “Carta del rischio” siciliana, realizzata in 6 anni tramite un finanziamento con fondi Por 2000/2006 di circa 4 milioni di euro, utilizzati al 99,7%, è stata redatta proprio dal Centro Regionale di Restauro con l’ausilio di Soprintendenze, Prefetture e Comuni, e rappresenta l’esperimento più innovativo e completo sull’intero territorio nazionale: mentre, infatti, la Lombardia utilizza un metodo diverso e un sistema più vecchio, l’Umbria è ancora ferma alla fase di schedatura senza l’immissione dei dati in rete.
Il resto d’Italia, compreso il capoluogo romano, ne è completamente sprovvisto. La “Carta del rischio” è, dunque, uno strumento che permette di eseguire una ricerca dei beni a partire da un preciso punto spaziale: cliccando su una mappa inserita all’interno del sito www.cartadelrischio.sicilia.it, a cui possono accedere tramite registrazione e password gli operatori del settore, sarà possibile aprire un ventaglio in cui risultano opere e beni artistici della zona.
 
“Siamo in linea nazionale – ha detto Guido Meli, ricordando che il progetto siciliano è la logica evoluzione del modello nazionale, con un approfondimento su scala locale e con integrazioni sui fattori di rischio e pericolosità – ma superiamo le altre regioni per il numero complessivo dei beni censiti. Con l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro si è attivato un rapporto di scambio dati, sulla vulnerabilità generale e sismica, che andrà ad implementare il nostro patrimonio di conoscenza” ha concluso.
Dall’analisi, che ha investito tutte e nove le province siciliane coinvolgendo complessivamente 99 comuni, è risultato che le aree più a rischio sono quelle di Palermo, Catania e Messina, mentre sono a basso margine di pericolosità le zone di Caltanissetta e Enna.
Ampio spazio nell’attività di ricerca è stato inoltre dato al Waterfront, alla necessità di andare oltre i singoli beni, osservando il territorio circostante, i suoi cambiamenti e le sue aspettative socioeconomiche.
 

 
L’approfondimento. Sono 10.168 i beni culturali censiti sino ad oggi
 
Erano appena 4.100 i beni censiti sul territorio siciliano all’inizio dei rilevamenti per la stesura della “Carta del rischio” e, dopo 6 anni di lavori, il numero complessivo dei beni architettonici, archeologici e dei musei moderni del territorio siciliano è salito a 10.178 unità.
A partecipare alle operazioni di rilevamento, permettendo dunque uno sviluppo ancora più capillare e accurato della ricerca, anche enti come Cricd e Cesi (Conferenza Episcopale Italiana), le Soprintendenze, le Prefetture e i Comuni. Dei 10.178 beni complessivamente registrati, 2.512 (rispettivamente 562 di tipo archeologico e 1950 di tipo architettonico) sono stati oggetto di una campagna di schedatura che si è intrecciata con l’attività delle Soprintendenze siciliane che hanno prodotto 1.339 schede di catalogazione e 2.748 decreti di vincolo su beni architettonici ed archeologici.
Tra i beni architettonici, sono stati schedati edifici di culto come chiese, conventi e oratori, ma anche monumenti pubblici e contenitori di beni quali musei, gallerie, biblioteche e archivi, ed edifici monumentali e civili di difesa.
Tra i beni archeologici, invece, sono state valutate le aree nella loro globalità quindi, ad esempio, la Valle dei Templi di Agrigento, Capo Soprano a Gela o le catacombe di Santa Lucia a Siracusa.

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