Basta badge ma impronte digitali - QdS

Basta badge ma impronte digitali

Carlo Alberto Tregua

Basta badge ma impronte digitali

martedì 28 Giugno 2016

Produttività per i dipendenti pubblici

Il lavoro investigativo delle Forze dell’Ordine, ben guidate dai procuratori della Repubblica, ha scoperto il vaso di Pandora delle assenze dei pubblici dipendenti nei loro uffici. Da quando le indagini si sono moltiplicate, è emersa con maggiore frequenza la truffa dei dipendenti che percepiscono regolarmente il loro stipendio, ma non prestano il loro tempo e la loro energia.
In questa serie di questioni emerse, sorprende l’inazione dei dirigenti, i quali erano sicuramente al corrente che i dipendenti affidati alle loro cure non fossero presenti nei rispettivi posti di lavoro, ma non hanno mai preso alcun provvedimento per evidenziare i reati.
Perché non l’hanno fatto? Probabilmente perché nella Pubblica amministrazione c’è una sorta di quieto vivere secondo cui ognuno fa quello che vuole; una sorta di pietismo che costituisce un disvalore di coloro che si comportano male nei confronti dei loro colleghi, che lavorano sodo o con senso di responsabilità.

Questo è un palese squilibrio fra i bravi, che dovrebbero essere premiati, e i fannulloni, i quali fanno poco o nulla dando disdoro a tutta la categoria dei pubblici dipendenti. Ma anche quelli bravi hanno una grave responsabilità: non denunciano in maniera forte e chiara i comportamenti dei loro colleghi fannulloni e così ne divengono conniventi.
E’ chiaro che in ogni settore della società va distinto il grano dal loglio, diversamente si vìola il principio di equità fra i cittadini, che è la base della convivenza civile e quindi della democrazia.
Dalle vicende emerse, risulta che i reati commessi sono stati conseguenza dell’utilizzo illecito dei tesserini (badge) con cui si marca l’entrata e l’uscita dai tornelli. Anche su questo versante, la burocrazia italiana dimostra arretratezza, sia per incapacità di innovarsi in tempo reale che per mantenere i privilegi dei fannulloni i quali, vedi caso, occupano spesso i posti di responsabilità, quindi non tutelano gli altri ma sé stessi.
Nei Paesi avanzati, i dipendenti non utilizzano più i tesserini, perché i nuovi sistemi digitali consentono di usare le impronte digitali, che dovrebbero essere inserite nell’archivio, e nel momento in cui il dipendente entra o esce, basta che ponga le dita sull’apposito scanner per l’identificazione.
 

Fatta la legge, trovato l’inganno. è vero che un dipendente potrebbe marcare l’ingresso ponendo le proprie dita e poi andarsene a fare altre attività, ma comunque si dovrebbe disturbare di andare all’ingresso. Mentre è noto che molti affidavano i tesserini a un proprio collega, il quale, come è stato dimostrato dalle telecamere, ne passava 15 o 20 in un colpo solo.
E allora cosa fare? Basterebbe introdurre il principio di produttività, sconosciuto nelle Pubbliche amministrazioni, secondo il quale un Dipartimento, un Servizio, un’Area o una Struttura avrebbe il compito di smaltire un certo numero di fascicoli interni o evadere un certo numero di richieste pervenute da cittadini, imprese o altri Enti.
Se tutto il sistema fosse digitale, resterebbe traccia evidente dell’attività del singolo dipendente, o quadro, o dirigente, e si potrebbe misurare in modo ineccepibile l’efficienza e la capacità di quel blocco di pubblici dipendenti a servire i cittadini che, ricordiamo, pagano loro lo stipendio.

E’ questo che dimenticano tutti i pubblici dipendenti: che dipendono indirettamente dai cittadini, che con le loro tasse li pagano per produrre servizi di qualità e non servizi scadenti o nessun servizio.
I pubblici dipendenti dimenticano anche l’art. 54 della Costituzione e cioé che hanno il dovere di adempierle (le funzioni, ndr) con disciplina e onore, in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione e rispondere alle responsabilità proprie dei funzionari (art. 97 della Costituzione).
La riforma della Pa, portata dalla Legge Madia (n. 124/2015), è in corso d’attuazione mediante undici decreti legislativi, di cui appena cinque approvati in via definitiva, di cui quattro in corso di pubblicazione sulla Guri (ve ne daremo conto appena saremo in condizioni di leggerli).
Ma, dalle linee guida della Legge quadro, non ci sembra siano stati inseriti in modo inequivocabile i principi costituzionali prima indicati, né il valore del merito. è scritto qualcosa sulle sanzioni, ma quasi niente sul merito, mentre nel lavoro che si svolge vanno confrontati i risultati agli obiettivi, per giustificare i salari percepiti.

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