Il Piano nazionale anticorruzione è un flop - QdS

Il Piano nazionale anticorruzione è un flop

Elio Sofia

Il Piano nazionale anticorruzione è un flop

venerdì 15 Luglio 2016

L’attuazione insoddisfacente è riconducibile a diversi fattori: in primis alle difficoltà organizzative delle amministrazioni. Lo rileva il presidente Anac, Raffaelle Cantone, in occasione della presentazione della relazione annuale

ROMA – Il piano anticorruzione è rimasto sostanzialmente “un pezzo di carta” sulle scrivanie delle amministrazioni. Lo rileva il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaelle Cantone; e nelle sue parole la delusione è massima e il senso di frustrazione collettivo che noi proviamo nel sentire la presentazione della relazione annuale dell’Anac, rende ancora più amara la consapevolezza che un uomo forte qual è Cantone, da solo e senza l’aiuto di tutte le parti in causa, non può risolvere e cambiare le sorti di un paese affondato dal peso della corruzione. Sono stati esaminati 1900 piani, la cui qualità, sostiene Cantone, “appare modesta”.
L’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità in circa 3/4 dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. “Queste criticità – evidenzia Cantone – sono confermate anche dall’attività di vigilanza: nel corso del 2015, sono stati aperti ben 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi ad importanti amministrazioni come Roma Capitale e il ministero dello Sviluppo economico”.
“L’attuazione insoddisfacente del Piano nazionale anticorruzione è riconducibile a diversi fattori: in primis, le difficoltà organizzative delle amministrazioni, complice la scarsità delle risorse finanziarie, ma anche un diffuso atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano. A ciò si aggiunge il problema, sempre più evidente, dell’isolamento del Responsabile della prevenzione della corruzione (Rpc) nella formazione e nell’attuazione del Piano, a fronte del sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all’attività.
“La realizzazione di alcune grandi infrastrutture ha confermato numerose criticità, quali le carenze nella progettazione e l’apposizione di numerose varianti e riserve – prosegue Cantone – Anche a causa di lunghi e complessi contenziosi molte opere si sono ‘arenate’ e non hanno ancora visto la luce. Tra queste figurano rilevanti infrastrutture viarie pensate per lo sviluppo del Mezzogiorno. È il caso dell’anello ferroviario di Palermo che, messo a bando nel giugno 2006, nell’ottobre 2015 registrava un avanzamento fisico pari al 3% dell’importo dei lavori, e dell’autostrada A14 Bologna-Taranto, per la quale sono stati sottoscritti ben tre accordi transattivi”.
“Diffuse anomalie – prosegue il presidente dell’Anac – sono state rilevate in relazione ad altre reti ferroviarie come l’Alta Velocità a Firenze e la Metro C di Roma. L’Autorità ha constatato, ancora una volta, le disfunzioni nel sistema di affidamento al contraente generale”. “A dir poco paradossale – aggiunge – è poi la vicenda della diga sul Fiume Melito: inserita nei programmi della ex Cassa del Mezzogiorno, con progetto approvato nel 1982, ad oggi non solo l’opera non ha ancora visto la luce, ma è addirittura in fase di rivisitazione lo stesso intervento”. Si registra un “parziale insuccesso” del whistleblowing, cioe’ il meccanismo di segnalazione di illeciti, irregolarita’ e frodi da parte dei lavoratori”.
“Nel 2015 – osserva Cantone – le segnalazioni pervenute direttamente all’Anac (ben 200) sono aumentate anche se raramente si sono rivelate utili, perché provenienti in gran parte da soggetti che non avevano trovato soddisfazione con la denuncia all’autorità giudiziaria o all’interno della propria organizzazione. Le constatate e innegabili criticità – aggiunge – non giustificano, però, l’idea di un accantonamento del whisteblowing che, lungi dallo stimolare istinti di generica rivalsa, vuole esaltare l’importanza, anche etica, del contributo collaborativo dei pubblici dipendenti”.
Nel 2015 i provvedimenti di commissariamento sono stati 47 e in 4 casi si è trattato di gestioni straordinarie in conseguenza di comportamenti illeciti di matrice corruttiva; poi, 7 misure di sostegno e monitoraggio per episodi di illegalità ritenuti meno radicati in seno all’impresa incriminata, e infine 36 gestioni straordinarie a seguito di interdittive antimafia, che però hanno fatto registrare esperienze applicative “non sempre positive” quando si è trattato di imprese di grandi dimensioni “titolari di plurimi appalti”. Il presidente dell’Autorità, Raffaele Cantone, nel suo intervento ha comunque voluto sottolineare: “I rischi e le preoccupazioni da qualcuno paventati circa un utilizzo indebito dell’istituto del commissariamento si sono rivelati oggettivamente infondati alla luce delle esperienze applicative che hanno, fra l’altro, consentito di consolidare ulteriormente il circuito collaborativo, avviato sin dall’inizio, con il Ministero dell’Interno e con le Prefetture”. Cantone ha inoltre ricordato che a fine 2015, l’Anac si è dovuta cimentare anche con l’estensione dell’istituto del commissariamento al settore sanitario, “nuovo fronte aperto dal legislatore”, e già pochi giorni dopo l’introduzione di tale novità ha proposto al Prefetto di Roma il commissariamento dell’Ospedale Israelitico, “a seguito dei gravi fatti illeciti emersi in sede penale a carico dei suoi amministratori”. “Siamo consapevoli di quali sono i nostri ambiti di intervento e cosa non vogliamo né dobbiamo essere” e “non siamo un`Autorità che vuole fare il gendarme nei confronti della pubblica amministrazione e delle stazioni appaltanti, né intendiamo arrogarci compiti non nostri”.
“Non ci compete, infatti – ha sottolineato – di scoprire la corruzione, essendo tale incombente riservato alle Procure della Repubblica. Con esse, è scontata ed in corso una leale cooperazione tra istituzioni che restano, però, distinte ed autonome; non appena emerge anche solo il fumus di una notizia di reato, gli atti vengono trasmessi alle Procure, con cui collaboriamo alle indagini, se richiesto, mettendo in campo il nostro know-how tecnico-giuridico, soprattutto in materia di appalti”.
“Non siamo, però – ha anche avvertito Cantone – un`Autorità che vuole soltanto effettuare controlli ex post, eventualmente portati a termine quando ormai sono poco utili. Stiamo, invece, sperimentando un ruolo che ci consente, mantenendo in pieno l`indipendenza, di lavorare fianco a fianco con le amministrazioni, per evitare che errori o irregolarità si possano tradurre in fatti di maladministration o di vera e propria corruzione e lo stiamo facendo, come abbiamo visto, con le varie attività di vigilanza sempre più di tipo collaborativo e con quella funzione paraconsultiva che rappresenta una parte significativa del nostro impegno quotidiano”.

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