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Palermo – Lavori fermi per l’anello ferroviario

Gaspare Ingargiola

Palermo – Lavori fermi per l’anello ferroviario

venerdì 29 Luglio 2016

Il punto sull’infrastruttura è stato presentato da Raffaele Cantone nella relazione annuale al Senato. Pochissimi gli interventi realizzati: esasperati commercianti e residenti della zona

PALERMO – Ancora una volta il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, si pronuncia con parole nette sulle opere pubbliche di Palermo. Dopo il tram, stavolta nel mirino finisce l’anello ferroviario, tormentato dai ben noti grattacapi della Tecnis. Guai che hanno portato all’esasperazione residenti e commercianti dei cantieri in viale Lazio, via Emerico Amari, piazza Politeama, viale Campania e via Sicilia.
Nella sua relazione annuale al Senato, Cantone, partendo da una prospettiva più generale, ha sottolineato come, in Italia, “la realizzazione di alcune grandi infrastrutture ha confermato numerose criticità, quali le carenze nella progettazione e l’apposizione di numerose varianti e riserve. Anche a causa di lunghi e complessi contenziosi, molte opere si sono arenate e non hanno ancora visto la luce. Tra queste figurano rilevanti infrastrutture viarie pensate per lo sviluppo del Mezzogiorno”. È il caso, appunto, dell’anello ferroviario del capoluogo siciliano, “che nell’ottobre 2015 registrava un avanzamento fisico pari al 3% dell’importo dei lavori”.
Il presidente dell’Anac ha ricostruito la travaglia storia di questa infrastruttura: l’appalto per la “Progettazione esecutiva e la realizzazione della prima fase funzionale della chiusura dell’anello, in sotterraneo, nel tratto di linea tra la stazione di Palermo Notarbartolo e la fermata Giachery, con proseguimento fino a Politeama”, è stato bandito nel giugno 2006 “sotto forma di appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione, sulla base di un progetto definitivo elaborato da Italferr per conto di Rfi (ente attuatore) e approvato dal Comune di Palermo (ente committente e beneficiario) nel novembre 2005”. Il progetto definitivo dell’intervento prevedeva un importo complessivo di 124 milioni di euro ma “a seguito di un lungo contenzioso in sede amministrativa l’appalto è stato aggiudicato nel settembre 2009 alla ditta Tecnis, che ha offerto un ribasso di circa il 23%. È stata quindi stipulata la convenzione tra Tecnis e Italferr” per un importo di contratto pari a quasi 76 milioni. “Il tempo assegnato per l’elaborazione del progetto esecutivo e l’esecuzione dei lavori è stato stabilito rispettivamente in 180 e 855 giorni naturali consecutivi. L’elaborazione della progettazione, rivelatasi molto laboriosa, tanto da richiedere un tempo di gran lunga maggiore rispetto a quello originario previsto e da portare all’approvazione di un progetto esecutivo di importo molto superiore a quello del definitivo, ha contemplato sette varianti. Il progetto è stato definitivamente approvato dal Comune di Palermo nel febbraio 2014 per un importo complessivo pari a 104 milioni di euro. A causa delle varianti introdotte nel passaggio dal livello definitivo a quello esecutivo – ha sottolineato Cantone -, l’importo dei lavori è pertanto lievitato di circa 28 milioni di euro, corrispondente al 36% dell’importo originario del contratto”.
Le varianti, dell’importo complessivo di 24 milioni, sono state tutte ascritte a “circostanze impreviste e imprevedibili al momento del progetto definitivo”; la più consistente è stata “la variante smaltimento terre” (a cui corrisponde un incremento di 18 milioni), introdotta “al fine di compensare i nuovi costi per lo smaltimento di terre che hanno subito una differente classificazione a seguito dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente”.
Cantone ha ricordato che l’Anac “con delibera n. 117 del 4 novembre 2015 si è espressa evidenziando come una così consistente differenza economica costituisca di per se stessa, indipendentemente da ogni eventuale modifica di carattere tecnico (relativa, ad esempio, al tracciato planoaltimetrico, al numero e alla localizzazione delle stazioni o alle tecnologie impiegate), una rilevante modifica del progetto posto a base di gara, che avrebbe dovuto suggerire a Italferr le valutazioni del caso, non ultima una revisione dell’iter procedurale”. In particolare, riguardo alle varianti, mentre, da un lato, “si è ritenuto che quella relativa allo smaltimento terre appare, se non altro da un punto di vista formale, ascrivibile alla casistica della sopraggiunta disposizione normativa”, d’altra parte “almeno quattro delle varianti appaiono piuttosto ascrivibili a un’inadeguata valutazione dello stato dei luoghi in sede di progettazione definitiva, in particolare nella fase di caratterizzazione delle aree di intervento e di censimento dei sottoservizi”.
Nella medesima delibera l’Autorità ha rilevato, inoltre, “che non appare in linea con la normativa vigente la formulazione del primo accordo integrativo modificativo della convenzione del 2009, stipulato tra Rfi e Tecnis nel luglio 2014”, laddove ridetermina a posteriori “i tempi per l’espletamento delle attività di realizzazione, verifica e approvazione della progettazione esecutiva”. Per l’Anac “siffatta formulazione ha l’effetto di escludere qualunque rivendicazione reciproca delle parti correlabile ai maggiori tempi occorsi, nonché la possibilità di applicare le penali di cui all’articolo 26 della convenzione (segnatamente, le penali per ritardata consegna del progetto esecutivo)”. Di fatto il contratto tra le Ferrovie e il colosso catanese impedisce di punire i ritardi.
L’Autorità, infine, ha disposto “l’attivazione di un monitoraggio dell’intervento, da eseguirsi sulla scorta di relazioni semestrali sullo stato di avanzamento tecnico ed economico da trasmettersi a cura di Italferr”; dalla prima relazione del 15 ottobre 2015 risultava, appunto, “un avanzamento fisico dei lavori pari al 3% dell’importo dell’intervento”.

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