Accerchiato dai signor No Renzi tentenna sul Ponte - QdS

Accerchiato dai signor No Renzi tentenna sul Ponte

Giovanni Mollica

Accerchiato dai signor No Renzi tentenna sul Ponte

sabato 19 Novembre 2016

Ferrovie ha in dotazione 73 mld €: basterebbe destinare all’infrastruttura 700 mln € l’anno per 6 anni

Il 14 Ottobre sul Venerdì di Repubblica, è stata pubblicata una lettera indirizzata a uno degli intellettuali più osannati dalla sinistra: Michele Serra. In essa, il sig. Sergio Rossi chiedeva perché ci si ostinasse a contrastare il Ponte sullo Stretto, che lui considerava “il completamento della principale dorsale italiana” e un “ispiratore di metafore positive”.
La risposta è stata – almeno per me che stimo Serra -, piuttosto deludente: un bisogna “resistere (di borelliana memoria) al fascino del Ponte” basato essenzialmente sulla convinzione che il “rammendo” della nostra meravigliosa e dissestata penisola debba avere la precedenza assoluta.
Nessuna differenza sostanziale tra il raffinato guru dei salotti dove si offrono gli hors d’oeuvres au caviar rispetto al ruspante Salvini padano. Spiace constatare che anche i più celebri opinion maker di sinistra non hanno l’umiltà di informarsi e capire a cosa serve realmente il Ponte e si rifugiano nei luoghi comuni. Preferendo ignorare un problema secolare come la Questione meridionale che era nel DNA della Sinistra, quella vera, che si batteva a favore degli Ultimi. Tutti, o quasi, convertiti al “teorema Thatcher”, abbracciano il conto economico e ignorano le ragioni sociali.
Con suggestiva metafora, Serra si chiede chi “investirebbe quattrini in alcunché se prima non ha riparato il tetto che lascia passare la pioggia”, ignorando che è impossibile riparare il tetto se chi abita nella casa è senza una lira perché non guadagna abbastanza. Come l’Italia, che continua a perdere terreno e negli ultimi 15 anni, ha perso lo 0,5% di PIL contro il +23,5% della Spagna. Viene da chiedersi, all’opposto, chi sia quello scriteriato che, per riparare il tetto, non va a lavorare.
Il Ponte è lavoro e, inserito nel collegamento ferroviario SA-PA/CT, veicolerà verso Nord la ricchezza legata ai flussi mercantili mediterranei che approderanno in Sicilia. L’Italia è economicamente morta se continua nella fallimentare strategia di concentrare gli investimenti infrastrutturali dove non fruttano: è ormai evidente che il Gottardo e il Brennero avvicinano Rotterdam a Lombardia e Veneto più che la Renania-Vestfalia a Genova.
Dice Assoporti che negli scali liguri già adesso non arriva un grammo di merce dalla Svizzera. Il riassetto di scuole e territorio deve vederci impegnati ogni giorno – come lavarsi al mattino – ma senza il lavoro il Nord morirà insieme al Sud. Speravamo che Renzi l’avesse capito ma i suoi giri di valzer delle ultime settimane fanno sorgere pesanti dubbi.
Come dice l’ex sindaco di Catania, Francesco Attaguile, sta iniziando il secondo tempo della partita e siamo sotto di almeno tre goal. Però, si cambia campo: non si segna più a Nord ma a Sud, con l’Africa che, nel 2100 avrà oltre 4 miliardi di abitanti (più di Cina e India insieme) e contenderà all’Asia il ruolo di fabbrica del mondo e la Sicilia diventerà ancora più importante. Ha ragione Mazzoncini: se la Politica lo vorrà, Ferrovie non avrà difficoltà a destinare per il Ponte 700 milioni l’anno per i prossimi 6 anni, considerato che ha in dotazione 73 miliardi per le infrastrutture nei prossimi 10. E, diciamo noi della Rete, per favore, che non ci facciano ridere con la scusa della mafia e della ‘ndrangheta.

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