Corruzione, la Sicilia è terza per numero di reati - QdS

Corruzione, la Sicilia è terza per numero di reati

Serena Giovanna Grasso

Corruzione, la Sicilia è terza per numero di reati

sabato 17 Dicembre 2016

Fanno peggio Campania e Lombardia. La Fondazione Res ha spulciato le sentenze della Corte di Cassazione comprese tra 2005 e 2015: l’11% dei politici disonesti è siciliano

PALERMO – La Sicilia si conferma terra di corruzione. Secondo quanto emerso dall’VIII rapporto della Fondazione Res (Istituto di ricerca, economia e società in Sicilia) su “La corruzione politica al Nord e al Sud – I cambiamenti da Tangentopoli a oggi” presentato ieri a Palermo, nella nostra regione si registra il terzo valore più elevato a livello nazionale per numero reati di corruzione e altri reati connessi nell’arco temporale compreso tra il 2005 e il 2015 (rispettivamente 48 e 119).
Valori più elevati si registrano solo in Campania (rispettivamente 62 e 184) e Lombardia (rispettivamente 81 e 128).
Nella redazione del rapporto, la fondazione Res si è servita di due fonti di informazioni: la banca dati delle sentenze della Corte di Cassazione e i casi considerati nelle autorizzazioni a procedere del Parlamento.
Rispetto al passato, oggi i reati di corruzione sono maggiormente presenti a livello locale, con particolare riferimento ai Comuni (55%). Ai giorni nostri, la corruzione ha cambiato faccia: infatti, il finanziamento illecito ai partiti rappresenta solo una ristretta minoranza (6%); più rilevanti sono invece i reati associativi (associazione a delinquere che insieme a quella di stampo mafioso raggiungono il 12%), concussione (11%) e reati corruttivi derivati da atto contrario ai doveri di ufficio (17%).
Ad essere cambiata è anche la natura delle risorse scambiate che specialmente nel Mezzogiorno rappresenta sempre meno l’aspetto monetario. Infatti, al Sud i casi in cui lo scambio non è quantificabile, perché prende la forma dei favori e di altri benefici materiali, sono circa il doppio (35%) di quelli che si registrano al Nord (18%). Nel Settentrione, invece, risultano molto più numerosi (18%) i casi il cui valore scambiato tra corrotto e corruttore supera i 500.000 euro rispetto al Mezzogiorno (9%).
I corrotti offrono soprattutto un accesso privilegiato ad appalti e affidamenti (nel 45% dei casi considerati), mentre le risorse scambiate dal corruttore sono nella maggior parte dei casi tangenti (54%). Queste risultano più diffuse al Nord (oltre il 60%), anche se in misura minore rispetto al periodo precedente a Tangentopoli, mentre il voto di scambio (8%) e i favori (5%) sono maggiormente presenti nel periodo successivo, specialmente al Sud (dove raggiungono rispettivamente il 13% e il 9%).
“La crescita e la trasformazione della corruzione – si legge all’interno del rapporto – possono essere collegate all’indebolimento dei partiti politici. Infatti, queste organizzazioni sono diventate più deboli, più aperte alle influenze esterne, meno capaci di selezionare la classe politica volta a ricoprire cariche politico-amministrative. Dall’indagine emerge però anche la trasformazione del fenomeno. Si manifesta una maggiore ‘dispersione’ della corruzione politica, una spinta al decentramento verso il livello istituzionale locale e regionale e una ‘privatizzazione’ degli scambi corrotti, nel senso di privilegiare finalità di arricchimento personale e di gruppo”.
Complessivamente, a livello nazionale tra il 2005 e il 2015 si sono contati 518 reati di corruzione e reati connessi: una vera e propria esiguità (pari in media a 52 per anno). Ciò dimostra come la corruzione è un fenomeno ancora celato. Della stessa opinione è Piercamillo Davigo, presidente dell’associazione nazionale dei magistrati: “La corruzione è un reato sommerso, il numero di condanne che ci sono ogni anno in Italia riferito al numero dei suoi abitanti è inferiore alla Finlandia che è uno dei paesi meno corrotti al mondo, è evidente che qualcosa non va’’.
Secondo la fondazione Res, nel decennio 2005 – 2015 sono stati complessivamente 541 i politici coinvolti, circa la metà operanti nelle regioni meridionali. A livello regionale prevale la Campania (17%), seguita dalla Lombardia (11,5 %) e dalla Sicilia (11%). “In Italia abbiamo apparati del tutto inidonei per affrontare la corruzione – conclude Davigo – È un fenomeno seriale e diffusivo, un professionista che si vende, perché dovrebbe farlo una sola volta? Insomma, in Italia delinquere conviene, perché non ci sono apprezzabili conseguenze per chi viola sistematicamente la legge”.

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