Energia dai rifiuti, la Sicilia inizia a fare gola - QdS

Energia dai rifiuti, la Sicilia inizia a fare gola

Rosario Battiato

Energia dai rifiuti, la Sicilia inizia a fare gola

giovedì 05 Gennaio 2017

Nell’attesa del Piano regionale, alcune aziende si starebbero interessando ai futuri impianti: gli occhi della Nexxus Energy su Tiritì. In passato strategie fallimentari, ora le regole le detta Roma: nell’Isola vanno valorizzate 700mila t all’anno

PALERMO – C’è aria di affari in Sicilia. In vista della definizione del Piano rifiuti siciliano e della sua approvazione a Roma, cresce l’appetito dei grandi gruppi interessati alle possibilità offerte dalla nuova impiantistica isolana e in particolare dai termovalorizzatori, richiesti specificatamente dal governo nazionale.
E già si prepara una lunga lista di nomi internazionali di rilievo, così come scritto da Repubblica Palermo che, nei giorni scorsi, ha confezionato una mappa isolana degli interessi nel settore. C’è una multinazionale con sede legale in Svizzera, la Nexxus Energy, che sarebbe pronta a mettere sul piatto 580 milioni di investimento per un impianto che potrebbe sorgere nell’area della discarica di Tiritì, nel comune di Motta Sant’Anastasia. In gioco ci sono 305 posti di lavoro nella fase di costruzione e 178 nella fase a regime. Nel messinese la A2A, noto gruppo energetico, sarebbe disponibile a lavorare nella direzione della riconversione della centrale elettrica di Pace del Mela per circa 300 milioni di euro. A Gela, invece, ci sarebbero l’Eni e l’imprenditore locale Angelo Tuccio con due progetti per gassificatori.
Sgomberiamo il campo dai facili fraintendimenti. Non siamo nel 2002, quando il Piano rifiuti varato dal governatore dell’epoca, Totò Cuffaro, aveva previsto la costruzione di cinque impianti per lo smaltimento di 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti, cioè quasi mezzo milione di tonnellate in più rispetto alla produzione annuale totale dei rifiuti urbani. Inoltre su quel particolare caso si è proiettata anche la magistratura per le note violazioni legate alla pubblicità del bando e per la presenza in gara dell’Altecoen, una società che era sponsorizzata – lo ha ricordato anche Crocetta in un’audizione dello scorso 2 agosto alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali alla Camera dei deputati – da Nitto Santapaola, boss della mafia catanese e da Francesco Gulino, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Procura di Messina.
Oggi la situazione sembra ben diversa. Intanto c’è un piano preciso che arriva direttamente da Roma e che è perfettamente chiaro. Lo si trova sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 233 dello scorso 5 ottobre che ospita il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016 relativo alla “individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati”. Per la Sicilia, stando ai calcoli presenti sul decreto, si tratterebbe di valorizzare circa 700 mila tonnellate all’anno (meno di un terzo del Piano Cuffaro) con almeno 2 impianti (attualmente la Sicilia è ferma a zero impianti).
Questa ipotesi è comunque al vaglio dei tecnici anche perché la Regione avrebbe proposto un piano alternativo con un numero maggiore di impianti da distribuire sul territorio regionale e così gestire al meglio i costi del trasporto. Di sicuro, secondo quanto dichiarato dall’assessore Contrafatto al QdS, nel nuovo piano l’abbancamento in discarica sarà considerato residuale e ci sarà “la valorizzazione del rifiuto, e non nel senso di un ritorno alla termovalorizzazione dell’epoca Cuffaro, ma tramite la formazione di biogas, ad esempio”.

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