L’arte di emozionare recuperando la storia - QdS

L’arte di emozionare recuperando la storia

Epifanio Nicosia

L’arte di emozionare recuperando la storia

martedì 08 Dicembre 2009

Forum con Pietrangelo Buttafuoco, presidente Teatro Stabile di Catania

CATANIA – Da quanto tempo ricopre la carica di presidente dello Stabile e come ha trovato il teatro?
“Ricopro l’incarico da due anni due anni. Ho trovato un teatro di grande tradizione, che conoscevo per via della mia attività di giornalista e inviato. Un teatro solido di grande qualità e autorevolezza. In altre parole, una macchina già rodata che funzionava. Quello che abbiamo fatto di positivo, qualcuno parla di miracolo, trova quindi delle radici ben solide alle spalle”.
Come avete fatto in concreto?
“Puntando sugli uomini. Giuseppe Di pasquale ha ulteriormente garantito quell’autorevolezza che va oltre i confini regionali e attori importanti come Vincenzo Pirrotta”.
Come vanno gli abbonamenti?
“Catania ha sempre avuto grandi platee, nel senso che gli abbonati sono superiori alla media degli abbonati degli altri teatri italiani. Ciò è accaduto anche in questo periodo di crisi, quando cioè le spese voluttuarie dovrebbero diminuire. Ciò significa che il teatro, tra le spese culturali e del divertimento, resiste nel portafoglio del pubblico. Anche se uno spettacolo leggero, non scade mai nel trash. Penso a Ficarra e Picone, al marchio Garinei e Giovannini che sono dei classici”.
I numeri quindi dimostrano che la gente è vicina al teatro?
“Dimostrano che il teatro è una vena di Catania. Fa parte della sua tradizione, del suo Dna. È un po’ come la letteratura. Quella siciliana fa parte, è quella italiana”.
Quante persone lavorano in teatro?
“Ci sono circa quaranta addetti. Con esclusione degli artisti e gli attori che fanno parte delle compagnie”.
Parliamo un po’ della stagione attuale. Cosa c’è di particolare?
“La caratteristica principale è scavare nella tradizione. Mi sono permesso di scavare nella tradizione italiana, cito solo Diceria dell’untore di Gesualdo Bufalino. Affrontare il testo e piegarlo al teatro è un bell’impegno. Ma il teatro per fortuna non ha i tempi morti della televisione e del cinema”.
Avete una strategia per avvicinare i giovani?
“Odio le stratificazioni per categorie. Qualsiasi cosa venga “celebrata” in teatro non guarda mai all’età. La capacità di catturare l’attenzione dipende dagli spettacoli, dai canovacci che spesso sono già collaudati. Con questi sai che puoi attirare l’attenzione delle nuove generazioni e avere successo. Bisogna quindi riflettere sullo spettacolo da portare in scena. L’arte è emozione e questa opzione può dire tanto nella scelta di cosa rappresentare. Vorrei fare un esempio concreto. Alla fiera del libro di Torino i ragazzi, le scolaresche sembravano deportate. Per loro è un vantaggio perché non vanno a scuola per un giorno. In India, sono rimasto commosso dal vedere i giovani attratti dalla recitazione di opere della tradizione. Per troppo tempo noi, in Italia e in Sicilia, abbiamo avuto paura della nostra identità, delle nostre tradizioni. È vero che in India c’è Bolliwood, ma questa è intrisa della tradizione indiana. Noi dobbiamo giornalmente combattere con gli appuntamenti della Tv italiana dei reality o pseudo tali”.
Quindi “tradizione ed emozione”. Cos’altro?
“C’è un’altra cosa su cui stiamo puntando. Un esperimento che offriremo con Sicilian tragedi sulla carne viva di questa città. Noi abbiamo degli obblighi canonici come la commedia “L’aria del continente”, la grande tradizione come Goldoni e Pirandello, ma stiamo lavorando, e questo non è sperimentalismo, per avere frutti profondi. Mi piace la metafora del ristorante. Non più penne alla vodka ma bastardoni profumati”.
Come aiutate gli attori giovani?
“Abbiamo la nostra scuola”.
L’anno scorso avete festeggiato i cinquant’anni, cosa farete quest’anno?
“Vorrei coltivare il recupero dei percorsi vivi del nostro territorio, della nostra storia. Abbiamo fatto i romanzi, vorrei puntare adesso sulla cronaca, sul modello Paolini per intenderci. Mi riservo di portare una sorpresa. Fatti comunque con un’eco universale e non solo locale”.
 

 
Unico teatro i cui componenti del cda non ricevono alcun gettone di presenza
 
Quali sono i rapporti con gli altri teatri siciliani?
“Oltre a Teatri di pietra, con i teatri siciliani collaboriamo unendo le strutture produttive per la realizzazione di spettacoli che da soli non si potrebbero fare. A dicembre a Roma faremo inoltre un lavoro su Nilde Iotti per le celebrazioni in suo onore”.
Che tipo di sinergie attuate con altre istituzioni locali e non?
“Abbiamo contatti con i teatri nazionali con cui lavoriamo naturalmente. Con l’Università abbiamo incontri periodici. E infine con le strutture culturali della Regione, della Provincia e del Comune. Tra le iniziative che abbiamo intrapreso, Libri in cortile è stata un’esperienza riuscitissima e utile. Con collaboratori che si sono impegnati gratuitamente. Per certi versi ciò non è giusto, ma purtroppo in Italia si pensa che l’emozione e la cultura non siano misurabili. Libri in scena è invece la versione invernale. Ci saranno Pietro Calabresi e Tornatore, Walter Veltroni, Daria Bignardi”.
Può darci qualche altra notizia sul teatro?
“Siamo l’unico teatro i cui componenti del Consiglio d’amministrazione non hanno un gettone di presenza. Un particolare evento che mi ha fatto piacere è stata la convocazione davanti alla Commissione Bilancio della Camera, mia e di Dipasquale. Siamo andati paurosi e senza capire il motivo di tale incontro che si è invece concretizzato con i complimenti per il lavoro svolto nel percorso che ha portato la gestione del teatro in pareggio. Ripianate cioè certe vecchie situazioni, adesso puntiamo all’attivo”.

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