Crocetta: "Il Pd sappia che io mi ricandido" - QdS

Crocetta: “Il Pd sappia che io mi ricandido”

Raffaella Pessina

Crocetta: “Il Pd sappia che io mi ricandido”

venerdì 27 Gennaio 2017

Elezioni presidenziali, subito il Sicilianum con una maggioranza vera. Legge elettorale in Sicilia, è arrivata l’ora di cambiare

PALERMO – Con l’avvicinarsi delle consultazioni elettorali l’attenzione politica si sposta da Palazzo dei Normanni alle sedi dei partiti e inevitabilmente si spostano anche le polemiche. Il presidente uscente Rosario Crocetta ha tuonato contro il suo partito che ha deciso di tenere i vertici locali fuori dagli incontri per stabilire i probabili candidati: “Non mi faccio mettere la museruola da nessuno e non permetterò che le decisioni sulla Sicilia vengano prese altrove. A Palermo il partito non mi appartiene, ma sul piano del metodo credo che sia allucinante che i sindaci e i presidenti della Regione vengano decisi a Roma. Se decidono a Roma, sappiano che sono candidato”.
Sale la tensione in casa Pd, dove da tempo si fa il nome del sottosegretario Davide Faraone come candidato alla presidenza della Regione da presentare alle primarie.
Ma si parla anche dell’assessore all’agricoltura Antonello Cracolici. E Crocetta  nonostante sia ultimo nella classifica del gradimento dei presidenti ribadisce di mantenere il 30 per cento di consensi e di voler rimanere in pista. E in merito alla vicenda del candidato a sindaco del capoluogo, Crocetta ha già detto che non si intrometterà, anche se stigmatizza il comportamento del partito che non ha invitato al vertice romano tra Leoluca Orlando e Lorenzo Guerini, vice segretario nazionale del partito.
“Non ci può essere una delegittimazione del segretario provinciale – ha ribadito Crocetta – La figura del segretario di un partito va rispettata, se voglio discutere devo farlo con i rappresentanti locali, anche perché nelle liste non vanno i nomi romani”.
 
Novità anche sulle formule elettorali: La Consulta ha bocciato il ballottaggio previsto dall’Italicum, ma salva il premio di maggioranza che andrà al partito che raggiunge almeno il 40% delle preferenze. Restano le pluricandidature, ma solo affidando la scelta finale del candidato eletto in più di un collegio a un sorteggio. Sul premio di maggioranza, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità.
I giudici hanno anche detto che “la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”.
Con una legge elettorale che, di fatto, diviene un sistema proporzionale con un premio di maggioranza difficile da raggiungere.
A proposito di Italicum, ricordiamo che il Quotidiano di Sicilia e in particolare il nostro direttore Carlo Alberto Tregua, ha da tempo sollecitato una legge elettorale regionale che ha chiamato “Sicilianum”, che utilizza il modello Italicum, dal quale mutuare meccanismi che garantiscano, a urne chiuse, una maggioranza certa e una maggiore chiarezza nel rapporto elettori-eletti. Già a giugno dello scorso 2016, è stato ribadito come la caratteristica principale di questa sedicesima legislatura all’Assemblea regionale siciliana è stata quella di essere sottoposta sempre al rischio di non raggiungere il numero necessario per approvare le leggi in Parlamento.
Questa condizione è stata la conseguenza del risultato dell’ultima consultazione elettorale che ha visto eletto un presidente della Regione con una percentuale minima di voti (15%). Il candidato eletto porta con sé ben otto persone che diventano deputati ma che non hanno necessariamente ottenuto la percentuale giusta per conquistarsi uno scranno a Palazzo dei Normanni.
Anche il contendente capolista primo dei non eletti conquista la poltrona di deputato regionale. Tutte “anomalie” che andrebbero sanate, anche in considerazione del fatto che dalla prossima legislatura i componenti del Parlamento regionale scenderanno a quota 70, venti in meno degli attuali e la maggioranza scenderà da 46 a 36. Per modificare la legge elettorale in Sicilia basta poco: l’approvazione all’Ars di una legge regionale ordinaria (artt. 17 e 41 bis Statuto regionale) a cui si potrebbe dare il nome appunto di Sicilianum, non prima però di sottoporla a referendum confermativo, così come previsto dallo Statuto. I partiti che con più facilità possono essere favorevoli a questo “aggiornamento” sono i più grossi come il Pd e il Movimento cinquestelle, che all’Ars sono più numerosi e che riscuotono maggiori consensi.
In definitiva, se non si considera il ballottaggio che è stato bocciato dalla Consulta, si potrebbe ipotizzare per il Sicilianum le stesse regole rimaste per l’Italicum: premio di maggioranza con l’assegnazione di seggi (pari al 54% degli eletti) solo per il partito che dovesse superare il 40% dei voti; legge di impianto proporzionale ma con un premio di maggioranza, sbarramento dei partiti al 3%.
Si tratterebbe di una legge che spinge i partiti ad aggregarsi per raggiungere il 40% (con la differenza che la soglia stabilita dall’Italicum fa riferimento alla lista e non alla coalizione). Forse in Sicilia potrebbe essere questo il problema poiché spesso i partiti dell’attuale maggioranza difficilmente si sono trovati d’accordo fra di loro.

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