L'erbaccia che mette in crisi l'agricoltura - QdS

L’erbaccia che mette in crisi l’agricoltura

Michele Giuliano

L’erbaccia che mette in crisi l’agricoltura

mercoledì 15 Febbraio 2017

Al Palazzo dei Normanni si è tenuto il seminario sulla crisi del settore: fenomeni esterni limitano fortemente la crescita. Mafia, caporalato e contraffazione, costi di gestione, alcuni dei principali mali che stanno mettendo Ko il primo settore

PALERMO – L’agricoltura in Sicilia soffre non solo di problemi tecnici, legati a mancanza di infrastrutture e tecniche di coltivazione all’avanguardia, ma deve affrontare anche difficoltà esterne, come i costi di gestione, la concorrenza “sleale” dall’esterno, il caporalato e l’accesso al credito sempre più complicato. Un tema ampio e dalle variegate sfaccettature, che richiedono risposte altrettanto variegate, in discussione al seminario “Crisi agricola e vie d’uscita”, organizzato dal Movimento 5 Stelle Sicilia a Palazzo dei Normanni, presso la sala Piersanti Mattarella.
 
Sul tema di un’agricoltura sostenibile e nuove linee guida per il comparto in Sicilia, sono intervenuti l’organizzatrice Valentina Palmeri e gli altri deputati 5 Stelle Giancarlo Cancelleri e Angela Foti, oltre al dirigente generale del dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale, Dario Cartabellotta, al fondatore del Laboratorio di Permacultura Mediterranea Ignazio Schettini, e al professore Guido Bissanti, esperto e saggista su sviluppo sostenibile e agricoltura umanistica.
“Durante il convegno – spiega la portavoce all’Ars, Valentina Palmeri – sono stati analizzati gli aspetti problematici del settore, tra questi l’aumento del prezzo del carburante agricolo, il dissesto idrogeologico, la massiccia importazione di prodotti stranieri, il caporalato e le agromafie, nonché le difficoltà di accesso al credito”.
La concorrenza che viene dall’estero, con prodotti di non sempre certa qualità ma dal prezzo sicuramente invitante è stato l’argomento trattato dal presidente del gruppo M5S all’Ars Giancarlo Cancelleri. “Una tutela – afferma – potrebbe essere dettata dall’utilizzo obbligatorio di un marchio che identifichi la provenienza regionale dei prodotti in questione”. Altro aspetto, trattato dalla deputata Foti, è legato ai processi produttivi, considerati come influenti nel cambiamento climatico. “Il collegamento tra la domanda alimentare – sostiene Foti – con la fornitura di cibo a livello locale, potrebbe rappresentare uno strumento efficace per ridurre l’impatto ambientale dei consumi alimentari, rafforzando la sostenibilità sociale ed economica dei sistemi rurali/urbani e la salvaguardia del territorio”.
Al di là della visione politica del problema, anche la voce dei tecnici ha la sua parte preponderante e decisiva. “Ad oggi, – dice  Cartabellotta, dirigente generale del dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale – le migliori produzioni siciliane di qualità, vini, oli, frutta, ortaggi, formaggi, cereali e carni sono legate ad una biodiversità differenziata e non omologata che ne esalta le caratteristiche qualitative e coniuga la conservazione delle risorse genetiche e del germoplasma con la qualificazione delle imprese e dei prodotti”.
“Occorre intervenire sul piano politico e culturale – va avanti Cartabellotta – e rendere protagonista il mondo della scienza, della ricerca, della cultura e dell’agricoltura sapendo dimostrare che la molteplicità di colture, varietà, pratiche produttive, e la storicità delle diverse agricolture sono valori globali che servono a tutti se si integrano coi diritti dei consumatori”.
“L’obiettivo principale – afferma il fondatore del Laboratorio di Permacultura Mediterranea Ignazio Schettini – non è quello di far pressione su governo e istituzioni per cambiare la politica, ma quello di mettere tutti, individui, famiglie e comunità locali, nella condizione di perseguire ed attuare la propria autosufficienza e autoregolazione”.

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