Bravo Di Maio, sì ai parlamentari-lavoratori - QdS

Bravo Di Maio, sì ai parlamentari-lavoratori

Carlo Alberto Tregua

Bravo Di Maio, sì ai parlamentari-lavoratori

mercoledì 01 Marzo 2017

Eliminare i privilegi degli eletti

Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, ha presentato una bozza di delibera anti-costi di venti righe: se approvata, equipara i parlamentari a tutti gli altri lavoratori. Tradotto, significa che i contributi versati durante gli anni in cui si esercita la funzione, vanno ad accumularsi nel proprio conto previdenza, ove sono andati prima e andranno dopo altri contributi per altre attività lavorative.
Semplice ed elementare: con un colpo solo, si tagliano i privilegi e si risparmiano decine e decine di milioni di quelle che impropriamente si chiamano pensioni ma sono dei vitalizi mascherati.
Non si vede quale gruppo parlamentare, di fronte all’opinione pubblica esasperata dai privilegi, possa negare l’approvazione di questo documento.
Eppure, con una serie di contorsioni e giravolte, nonché con intossicazioni verbali nei confronti dell’opinione pubblica, vi saranno dei gruppi parlamentari che tenteranno di sviare la questione dell’equiparazione dei parlamentari a tutti i lavoratori italiani, per evitare di perdere i privilegi.

Bravo Luigi Di Maio, l’iniziativa è talmente lampante che non ci si potrà non accorgere di coloro che vorranno affossarla.
Alla stessa maniera, il Movimento Cinquestelle dovrà abituarsi a rendere semplici e facili da capire altre iniziative contro i privilegi, e così vincerà le elezioni nazionali perché il popolo ha fame di chiarezza e vuole che i privilegi cessino.
I partiti tradizionali sono in grossa difficoltà a difendere i cosiddetti diritti acquisiti perché non si tratta di diritti bensì di privilegi, come quelli riguardanti le indennità complessive che prendono i parlamentari, che non riguardano solo il cosiddetto stipendio, ma tutti gli accessori, fra cui ad esempio il rimborso spese forfettario per vitto e alloggio anche per chi, udite udite, ha casa a Roma o a Palermo o in altra città ove si trova il consiglio regionale.
Insomma, il mangia-mangia si è diffuso a macchia d’olio nel ceto politico. Tutti si sono sempre autovotati leggi per autoconcedersi privilegi di ogni genere, sfruttando la cuccagna, che non è nel Paese delle meraviglie ma si trova nel Parlamento nazionale e nei parlamentini regionali, nonché in quelli comunali.
 

Ora attendiamo di avere notizia dal capogruppo del M5s all’Ars, Giancarlo Cancelleri, di un’analoga iniziativa da portare all’opinione pubblica per tagliare i numerosi privilegi che esistono all’Ars.
Comprendiamo Giovanni Ardizzone che ha il dovere di difendere l’Istituzione da lui presieduta ma non possiamo non riferire ai nostri lettori i dati ufficiali e pubblici che riguardano quell’Assemblea e cioè che essa costa 155 milioni contro i circa 81 del Consiglio della Lombardia.
Vero è che essa paga le pensioni dei propri ex deputati, ed anche alle loro consorti e ai loro figli, ma è anche vero che tolti questi 60 milioni, ne rimangono ancora 95, ben 14 in più del Consiglio lombardo. Ma poi, perché l’Ars non ha versato i contributi all’Ente previdenziale, in questi settant’anni, come hanno fatto le altre Regioni a statuto speciale, con ciò compiendo una sorta di evasione dei contributi?    

A riguardo, dobbiamo segnalare che anche la Regione si è comportata allo stesso modo, cioè non ha versato i contributi per i propri dipendenti, con ciò agendo da evasore, ed ha pagato direttamente le pensioni. Nel 2009 ha istituito il Fondo Pensioni che però gestisce solo 473 su circa 16mila pensionati, cioè il 3%.
Cosicché, quando dirigenti e dipendenti regionali vanno in pensione, la Regione non ha alcun sollievo dal momento che sposta da un capitolo all’altro delle uscite, seppure al netto dei contributi, l’importo relativo.
L’iniziativa di Di Maio, non ancora seguita da quella di Cancelleri, ha anche il vantaggio di trasferire i contributi al monte dell’Ente previdenziale, per effettuare il calcolo dell’assegno di quiescenza, non più col metodo retributivo, un privilegio che ancora persiste per alcuni, bensì col metodo contributivo cioè strettamente proporzionato ai contributi versati nell’arco di tutta la vita lavorativa.
L’Italia dei privilegi è dura da nettare, però sono proprio i privilegi che l’hanno rovinata. Non solo quelli pensionistici dei parlamentari ma tutti quelli di chi continua a percepire la pensione calcolata col metodo retributivo, cioè corrisposta attingendo alle imposte, anziché con quello contributivo. Questa è l’informazione di una stampa libera e indipendente.

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