MESSINA – Cautela nella gestione del successo finora riscosso ma con tante idee in cantiere per il futuro. Mimmo Sorrenti presidente della Cooperativa birrificio Messina mostra l’entusiasmo del primo giorno, quando insieme ai suoi compagni di lavoro decise di dare vita ad una nuova attività. Anima di questa iniziativa imprenditoriale sono i 15 lavoratori ex Triscele che hanno respinto la logica dell’assistenzialismo degli ammortizzatori sociali, rimettendosi in gioco utilizzando le risorse a loro disposizione, compreso tfr e indennità di mobilità, e scommettendo sui loro saperi e competenze. Una sfida vinta per quegli ex dipendenti, ora padroni, non più giovanissimi, che nel maggio del 2011, quando hanno ricevuto la lettera di licenziamento, credevano che la loro vita professionale fosse finita.
Non è stato certo semplice arrivare adesso a festeggiare il milione di bottiglie vendute dopo soli tre mesi di attività; hanno impiegato due anni per avere i permessi e rimettere a nuovo i capannoni di Larderia nell’area ex Asi e sei mesi per attrezzarli e avviare la produzione.
Di quei ritardi all’avvio la cooperativa paga le conseguenze, perché ogni mese ci sono spese di ammortamento a cui fare fronte. Sorrenti adesso pensa al futuro e a far crescere un’attività che continua a suscitare l’attenzione di tutti i media nazionali. Sono previsti già nuovi investimenti per dotare la cantina di altri serbatoi e migliorare la sala cottura. è questo il momento per attuare degli aggiustamenti anche nella distribuzione con qualche controllo in più e il presidente del Birrificio annuncia la stipula di contratti per fornire direttamente alcuni supermercati mentre si rammarica del comportamento di alcuni titolari di locali cittadini, che usando la notorietà e la qualità della birra dello Stretto, Doc 15 e Premium, praticano un prezzo anche quattro volte superiore di quello al dettaglio. Ci sarà presto un punto vendita anche all’interno dei locali del Birrificio, progetto a cui tengono i 15 soci della cooperativa, ma che sta incontrando le solite difficoltà burocratiche.
“Vorrei fare a luglio una festa della birra – dice Sorrenti – ma per potere aprire un semplice chiosco ci vogliono permessi e autorizzazioni che non sono ancora riuscito ad ottenere”. Neppure la grande notorietà che questa storia di riscatto ha raggiunto riesce a semplificare la vita della cooperativa né se avvia una pratica né quando acquista le materie prime che arrivano solo dopo che è partito il bonifico, senza dilazioni di pagamento.
Non solo i messinesi si sono innamorati di questo prodotto, che riprende un’antica tradizione peloritana, puntando sulla qualità e che non ha la denominazione di artigianale solo perché la sua produzione va oltre i 10 mila ettolitri l’anno, ma anche i mercati nazionali ed esteri. “Abbiamo ordinativi dalla Toscana, Lazio, Piemonte, Lombardia e stiamo definendo rapporti con Albania, Inghilterra, Nuova Zelanda e Australia.” Il Birrificio Messina comincia a suscitare interesse anche delle multinazionali, interesse ovviamente non ricambiato vista l’esperienza vissuta dalla storica fabbrica di birra dove hanno maturato la loro professionalità i soci della cooperativa.
Il vecchio insediamento industriale si avviò verso il declino quando nel 1988 fu comprato, insieme al marchio, da Heineken. Nel 1999 la produzione fu portata a Taranto e a Messina restò l’imbottigliamento. Nel 2007 Heineken fermò il birrificio che fu rilevato dalla società Triscele fino alla chiusura nel 2011. Il sogno di Sorrenti è quello di creare una filiera tutta siciliana che parta dalla coltivazione delle materie prime, orzo e luppolo, fino alla produzione della birra. Sul progetto si sta lavorando, pensando di utilizzare terreni confiscati alla mafia, insieme alla Fondazione di Comunità che ha avuto un ruolo non di poco conto nell’avvio del nuovo birrificio. “La filiera farebbe crescere l’impresa, -dice Sorrenti -e si creerebbero nuovi posti di lavoro”.