In Sicilia ci si ammala di meno per l'inquinamento - QdS

In Sicilia ci si ammala di meno per l’inquinamento

Rosario Battiato

In Sicilia ci si ammala di meno per l’inquinamento

martedì 21 Marzo 2017

Secondo l’Enea in tutta Italia si registra una riduzione delle emissioni, ma c’è ancora molto da fare. Nelle Isole l’aria cattiva riduce la vita in media di 5,7 mesi, al Nord di oltre un anno

PALERMO – Nelle Isole l’inquinamento atmosferico incide meno che altrove sulla durata della vita. È questo uno dei risultati emersi in un rapporto coordinato e pubblicato dall’Enea sull’inquinamento atmosferico in Italia e diffuso nei giorni scorsi sul sito dell’Agenzia nazionale. In generale sono positivi i dati sulla diminuzione degli inquinanti, ma c’è ancora del lavoro da fare.
Il dato più rilevante è che, dal 1990 ad oggi, sono “diminuite complessivamente le emissioni dei cinque principali inquinanti identificati dall’Unione europea come i più dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali: biossido di zolfo (-93%), monossido di carbonio (-69%), ossidi di azoto (-61%), composti organici volatili non metanici (-57%) e polveri sottili Pm2,5 (-31%)”. Il merito è da rintracciare nei primi effetti derivati dall’azione combinata di efficientamento energetico e diffusione delle rinnovabili, ma non solo.
“Questi risultati – ha spiegato Gabriele Zanini, responsabile della divisione “Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali” dell’Enea – sono stati ottenuti grazie alla combinazione di molteplici fattori: una più ampia diffusione di nuove tecnologie, limiti di emissione più stringenti nei settori energia e industria, carburanti e autovetture più ‘puliti’ e l’introduzione del gas naturale nella produzione elettrica e negli impianti di riscaldamento domestici”.
Non mancano i punti ancora da risolvere. In primo piano c’è il ritardo nel settore agricolo che, nella gestione dei reflui animali, ha registrato la più piccola percentuale di riduzione degli inquinanti: 17% in meno delle emissioni di ammoniaca a fronte un comparto che complessivamente è responsabile del 95% del totale. Ancora peggio il settore civile che ha fatto registrare una crescita del 46% delle emissioni di Pm2,5 rispetto al 1990, anche “per l’aumento dell’uso di biomassa – si legge nella nota dell’Enea – in impianti di riscaldamento a bassa efficienza”.


Nelle Isole, comunque, si vive di più. L’impatto dell’inquinamento in termini di mesi di vita persi è maggiormente preoccupante al Nord, dove un cittadino mediamente vede ridotta di 14 mesi la propria vita a causa delle patologie legate alla cattiva qualità dell’aria. I mesi in meno diventano 6,6 al Centro e 5,7 al Sud e nelle isole. In Italia il dato medio è pari a 10 mesi complessivi. I numeri restano preoccupanti se si prendono in considerazione anche gli effetti del particolato fine che ogni anno è responsabile di circa 30 mila decessi.
Nel mirino della cattiva aria non c’è solo la salute, ma anche conservazione dei Beni culturali. Alessandra De Marco, ricercatrice del laboratorio, ha aggiunto che c’è proprio uno studio che “mostra un rischio corrosione del 26% dei siti archeologici e del 17% di chiese e conventi storici”.
Gli ultimi dati siciliani sono stati riportati dall’Arpa alla fine dello scorso anno nella consueta relazione annuale sulla qualità dell’aria. Le campagne condotte dall’Agenzia nel 2015 e i valori storici del triennio confermano miglioramenti nelle emissioni dei vari inquinanti, ma anche valori critici per biossido di azoto, ozono e Pm10 che nel triennio hanno fatto registrare i più cospicui superamenti dei limiti di legge.

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