Le imprese siciliane vedono nero, la crisi per loro è ancora attuale - QdS

Le imprese siciliane vedono nero, la crisi per loro è ancora attuale

Michele Giuliano

Le imprese siciliane vedono nero, la crisi per loro è ancora attuale

martedì 28 Marzo 2017

L'Osservatorio Cerved segna per le imprese siciliane un +3 per cento di fallimenti nel 2016. Nel resto del Paese si è registrata una inversione di tendenza: nel Sud -6,4%

PALERMO – Da tempo non si sente altro di crisi che si sta esaurendo, di luce in fondo al tunnel. Per la Sicilia sicuramente così non è. Preoccupante l’ultimo dato statistico reso noto dall’Osservatorio su Fallimenti, Procedure e Chiusure di imprese relativo al 2016, diffuso da Cerved, gruppo leader in Italia nell’analisi del rischio di credito e nella gestione dei crediti deteriorati.
Nell’Isola i fallimenti addirittura nel 2016 hanno fatto registrare un +3 per cento rispetto all’anno precedente. Peggio fa solo la Sardegna in un contesto, quello del Mezzogiorno, che invece fa registrare una riduzione del 6,4 per cento. Per cui non ci si può nemmeno più trincerare dietro la falsa idea che il meridione fa da traino a questa congiuntura negativa. Insomma, il tessuto imprenditoriale ed economico dell’Isola non ha più alibi. Ciò che fa preoccupare è che altrove i segnali di ripresa ci sono. 
L’Osservatorio Cerved infatti attesta che per il secondo anno consecutivo diminuisce il numero dei fallimenti nel territorio italiano, ma purtroppo non in Sicilia: 13,5 mila imprese italiane hanno dichiarato default nel 2016, l’8,5 per cento in meno rispetto al 2015 quando si erano registrati 14,7 mila fallimenti (e un calo del 6,1 per cento rispetto al picco del 2014). La riduzione del 2016 ha riguardato in maniera omogenea tutte le forme giuridiche di impresa,con le società di capitale (-8,5%) che registrano un calo leggermente più marcato delle società di persone (-8,2%).
Il calo delle procedure è diffuso a tutti i settori dell’economia, con una riduzione più marcata nelle costruzioni (2,9 mila fallimenti, -11,1% sul 2015),rispetto ai servizi (7,1 mila, -8,7% vs 2015) e industria (2,1 mila, -5,8% rispetto al 2015). Su un orizzonte temporale più lungo, è l’industria il settore che fa registrare valori più vicini a quelli pre-crisi (+25%), rispetto alle costruzioni(+81%) e ai servizi (+100%).
A livello geografico, i fallimenti diminuiscono in tutte le aree della Penisola, con la sola eccezione per l’appunto di Sicilia e Sardegna dove il fenomeno torna ad aumentare. I cali maggiori dei fallimenti, comunque, si registrano nelle regioni settentrionali del Paese: nel Nord-Est, in cui i fallimenti erano aumentati anche nel 2015, le procedure fanno registrate una riduzione del 13 per cento; nel Nord-Ovest, per il secondo anno consecutivo, i fallimenti scendono sotto quota 4 mila (-10%), con riduzioni più pronunciate in Piemonte (-15%) e in Liguria (-12%) rispetto alla Lombardia (-8,3%). Prosegue poi, per il terzo anno consecutivo, il calo delle procedure concorsuali diverse dai fallimenti: nel 2016 sono state registrate 1.640 procedure, il 35,1 per cento in meno rispetto al 2015. La riduzione è stata fortemente influenzata dal trend del concordato preventivo: il ricorso a questo strumento è rapidamente aumentato tra 2011 e 2013 per effetto della crisi e di alcuni provvedimenti legislativi, tra cui l’introduzione del concordato in bianco, che lo avevano reso vantaggioso perle imprese.
Dopo l’introduzione di alcuni correttivi normativi, le domande di concordato preventivo si sono drasticamente ridotte: nel 2016 se ne contano 817, il 42 per cento in meno rispetto al 2015 e un quarto rispetto al picco del 2013 (2,2 mila). La riduzione delle procedure non fallimentari ha coinvolto tutti i settori dell’economia, con cali del 37 per cento nell’industria e nelle costruzioni e del 32 per cento nei servizi. Dal punto di vista geografico si registrano tassi di riduzione tra il 35 e il 38 per cento nel Centro-Nord e più bassi (-26%) nel Sud e nelle Isole.

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