Abusivismo letale per l'economia siciliana - QdS

Abusivismo letale per l’economia siciliana

Michele Giuliano

Abusivismo letale per l’economia siciliana

giovedì 13 Aprile 2017

Confartigianato Sicilia su dati Istat-Conti nazionali e Unioncamere-Infocamere: ogni quattro regolari c’è un occupato irregolare. Il valore nell’isola è di 7 punti superiore a quello medio nazionale

PALERMO – L’abusivismo in Sicilia è una piaga ormai letale per l’economia siciliana. Superati da tempo i limiti che possono essere considerati “fisiologici”, le imprese artigiane sane fanno estrema fatica a mantenersi in carreggiata, in continua lotta con chi evade le tasse e lavora in condizioni non conformi alla legge. È così, allora, chi vuole rimanere onesto e cercare di rispettare la società civile in cui vive soccombe, e chi beatamente va avanti senza guardare al diritto altrui procede senza alcun problema.
Mediamente, nel territorio regionale, ogni 4 regolari c’è un occupato irregolare, con un valore del 20 per cento, superiore di 7 punti rispetto al valore nazionale medio. Peggio di noi, soltanto Calabria e Campania. Nella classifica nazionale, sulla base dell’elaborazione dell’osservatorio Mpi Confartigianato Sicilia su dati Istat-Conti nazionali  e Unioncamere-Infocamere, la Sicilia è la quarta regione, dopo Lombardia, Campania e Lazio, per numero assoluto di occupati non regolari e terza, dopo Calabria e Campania, per elevato valore del tasso di irregolarità, che misura il peso degli occupati irregolari sull’occupazione complessiva. Tanti, troppi lavoratori che evadono e rubano alla comunità, rendendo impossibile, per chi vuole lavorare onestamente, andare avanti con la propria attività lavorativa.
Gli ultimi dati Istat lo confermano: in Sicilia sono 306.900 le unità di lavoro irregolari, situazione già di per sé allarmante, peggiorata dal fatto che, nell’arco di un triennio, 2013-2015, questi “posti di lavoro” mostrano una solida tenuta registrando una variazione tendenziale prossima a zero, diversamente dai lavoratori regolari, che nello stesso arco di tempo sono diminuiti di 50.800 unità. Sempre secondo l’elaborazione dei dati Istat svolta da Confartigianato, al terzo trimestre 2015 in Sicilia risultano esposte alla concorrenza sleale del sommerso 45.591 imprese artigiane registrate, pari a quasi il 60 per cento del totale regionale. Una percentuale altissima, non più sostenibile da un tessuto di imprese e attività commerciali già fortemente provato dalla crisi perdurante ormai da oltre un decennio. Quasi un terzo di queste imprese appartiene ai tre settori più colpiti da questo fenomeno: altri servizi alle persone, come autonoleggi, taxi, trasporto merci (15,6 per cento), attività dei servizi  di alloggio e di ristorazione (6,1 per cento) e trasporti e magazzinaggio (5,9 per cento). In particolare, le attività più rilevanti esposte alla concorrenza sleale degli irregolari sono quelle dei parrucchieri e altri trattamenti estetici e quelle degli installatori.
La quota più alta dell’artigianato esposto al fenomeno dell’occupazione irregolare la rileviamo a Ragusa (64,3 per cento). A livello provinciale, infatti, si osserva che l’artigianato esposto alla concorrenza sleale del sommerso si concentra principalmente a Catania, provincia in cui si concentrano 10.183 imprese esposte al fenomeno, il 22,3 per cento delle 45 mila imprese artigiane esposte in tutta la regione, seguita da Palermo con 8.224 imprese, da Messina con 7.400 imprese, da Trapani con 4.226 imprese, da Ragusa con 4.150 imprese, da Siracusa con 3.934 imprese, da Agrigento con 3.546 imprese, da Caltanissetta con 2.015 imprese e da Enna con 1.913 imprese. In particolare, se a livello regionale l’incidenza dell’artigianato a più alta esposizione alla concorrenza sleale del sommerso sul numero complessivo di imprese artigiane si attesta al 27,7 per cento, nei territori vengono raggiunti valori più elevati a Caltanissetta con il 32,4 per cento, ad Agrigento con il 28,8 per cento e a Messina e Siracusa entrambe con 28,1 punti percentuali.

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