Ballottaggio in Francia vietato in Italia - QdS

Ballottaggio in Francia vietato in Italia

Carlo Alberto Tregua

Ballottaggio in Francia vietato in Italia

martedì 25 Aprile 2017

Macron può vincere con il 23,9%

Com’era nelle previsioni Emmanuel Macron, il Renzi francese, 39 anni, è arrivato primo, con il 23,9% dei voti, nel turno che ha visto in corsa 11 candidati alla presidenza della Francia.
La riforma costituzionale dello Stato transalpino, voluta da Charles De Gaulle (1890-1970) nel 1962 ha di fatto avviato la Quinta Repubblica. In un primo momento il presidente della Repubblica durava in carica sette anni. Con successiva riforma costituzionale del 2002, la durata è stata ridotta a cinque anni, per essere uguale a quella del Parlamento, Camera e Senato.
Come è noto, il presidente viene eletto in due turni: passano al secondo i primi due e vince chi prende la metà più uno dei votanti. Un percorso democratico perché comunque ad essere eletto è un candidato cui viene attribuita la maggioranza del consenso elettorale. In un successivo turno, vi saranno le elezioni legislative per eleggere deputati e senatori.

È capitato che il presidente fosse di un colore politico, per esempio Jacques Chirac, e il Primo ministro fosse di diverso colore politico, in quel caso  Lionel Jospin. Tuttavia il meccanismo anche in tale occasione ha consentito il progresso di quel Paese.
Il presidente viene eletto, come si scriveva, nel ballottaggio del secondo turno. Un meccanismo identico a quello della riforma elettorale italiana bocciata, senza essere stata capita, dal 60% degli italiani votanti. I fautori del No sostenevano che si potessero vincere le elezioni anche con il 30% dei voti, mistificando la verità, perché comunque il ballottaggio, come accade per i sindaci, prevede che venga eletto chi ottiene la metà più uno dei voti.
In Francia, molto probabilmente, vincerà Macron, il quale lo ripetiamo, ha preso solo il 23,9% dei voti. Non abbiamo sentito nessun sinistrorso o destrorso scagliarsi contro questo fatto, inequivocabile, che un candidato possa passare al secondo turno con meno di un quarto dei consensi.
Non siamo giuristi ma non comprendiamo come la Corte costituzionale abbia potuto bocciare il ballottaggio previsto dalla riforma che è l’espressione della più alta democrazia. Ma siamo noi che non capiamo niente, non i giudici costituzionali.
 

Sinistrorsi e destrorsi continuano a blaterare che un Paese non può avere una persona sola al comando, mistificando ancora la verità, perché, invece, c’è bisogno di chi assuma le responsabilità in quanto delegato dal popolo, prenda decisioni rapide e le faccia eseguire con altrettanta rapidità.
Sinistrorsi e destrorsi – omettiamo gli inesistenti centristi – non hanno detto alcunché sull’iniziativa di Teresa May, primo ministro britannico, che ha sciolto la Camera dei deputati per il quale era necessario il voto dei due terzi dei parlamentari, cosa che è avvenuta addirittura con una maggioranza superiore.
Nel Regno Unito, il primo ministro ha poteri estesi, nomina i ministri, decide la durata della legislatura, ha corsie preferenziali per l’approvazione delle leggi di propria iniziativa. Inoltre, quel sistema maggioritario non consente il frazionamento della Camera, per cui anche partiti con oltre il 10% dei voti spesso non sono rappresentati.

Bisognerebbe che gli italiani usassero la testa e non la pancia, e non si facessero infinocchiare da destrorsi e sinistrorsi, i quali stravolgono la verità perché vogliono che il sistema politico italiano sia sempre molto frazionato in modo che anche le pulci abbiano la tosse. È questa la causa della lentezza del processo di crescita e della disoccupazione che ritarda a diminuire. Ciò che è stato vietato in Italia, esiste in Francia da oltre cinquantacinque anni, ma in quel caso ci fu De Gaulle, nel nostro caso abbiamo una serie di gnomi senza carisma e incapaci di far pensare le persone in modo adeguato.
Domenica prossima sapremo quanti italiani andranno ai gazebo del Partito democratico a votare: una parvenza di democrazia diretta che, tuttavia, ha il pregio di dare un’indicazione precisa. Ma bisognerà vedere quale sarà il dato dell’affluenza (nel 2007 3,5 milioni di voti, vincitore Veltroni; nel 2009 3,1 milioni di voti, vincitore Bersani; nel 2013 2,8 milioni di voti, vincitore Renzi).
In Francia vincerà l’Europa. Auguriamoci che vinca in Germania. Chissà se vincerà in Italia. Europa sì, ma non quella tecnocratica

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