Giovanni Selvaggi: "L'obiettivo è diventare protagonisti del domani" - QdS

Giovanni Selvaggi: “L’obiettivo è diventare protagonisti del domani”

Giovanni Selvaggi: “L’obiettivo è diventare protagonisti del domani”

giovedì 11 Maggio 2017

Forum con Giovanni Selvaggi, presidente Confagricoltura Catania

Cosa ritiene di aver raggiunto nel suo primo mandato come presidente di Confagricoltura Catania?
“La prima cosa della quale mi fregio è sicuramente quella di aver riavvicinato l’associazione al mondo degli agricoltori, ridando voce a chi ormai era stanco e non credeva più nel potere associativo. Purtroppo la miopia di questo Governo regionale non ci ha consentito di raggiungere quell’unità d’azione che ci si aspetterebbe tra mondo agricolo e Governo siciliano. Inoltre, sono contento di aver ristabilito un ordine provinciale con le altre associazioni di categoria e con i sindacati, avendo ridato la dovuta dignità a noi stessi, crescendo in questo triennio in maniera considerevole nel territorio, con la soddisfazione di aver riqualificato tutti i nostri uffici e le nostre professionalità. Abbiamo rivisto e ampliato del 300% quelle che erano le attività e i servizi che offriamo, potendo ben dire di essere oggi in grado di accompagnare un’azienda dal semplice disbrigo pratiche sino alla presentazione di un Psr (Programma di sviluppo rurale). Il mandato che verrà sarà quello della continuità, avendo chiesto al consiglio direttivo un progetto di coordinamento e di programmazione del futuro della nostra associazione; perché ritengo che il lavoro di squadra sul solco della continuità rappresenti il punto di forza per crescere negli anni a venire.
Come giudicate l’intervento da parte del Governo nazionale sul problema del caporalato e sui voucher?
“Riteniamo sia una vergogna nei termini e nei modi. Il tema di per sé è sacrosanto, il caporalato è un problema che deve essere risolto ma non in questo modo. Il mondo agricolo è soggetto ai tempi e alla leggi secondo natura, non si può schematizzare e legiferare oltremodo la natura stessa. La raccolta delle arance per esempio deve essere effettuata tenendo conto di alcuni accorgimenti climatici che rischiano di sconvolgere l’orario di lavoro. Come può un imprenditore quindi attenersi a regolamenti e leggi che vanno contro la natura stessa del proprio lavoro? Noi vorremmo una maggiore capacità di contestualizzazione della norma, che si rifaccia a un modello non di tipo industriale, come nelle catene di montaggio. Quest’anno noi chiuderemo il contratto provinciale collettivo, che ci ha visto soccombere su una legge, come quella del caporalato, che a detta nostra ha dato la dimostrazione di quanto sia miope il sistema di legiferazione in Italia, perché il tema è una delle più grandi vergogne, come l’abolizione dei voucher in agricoltura di qualche giorno fa. Questo è potuto succedere solo perché il Governo non ascolta le parti sociali, interpretando i problemi di pancia e non di testa. Confagricoltura ha cercato in tutti i modi di trovare una quadra tra quelle che possono essere cattive interpretazioni del contratto provinciale, come il conteggio delle ore giornaliere di lavoro, come voluto dai sindacati, contro il conteggio settimanale voluto da me. Sono sicuro che alla fine la contrattazione prevedrà un aumento del 2% del contratto provinciale della provincia di Catania ma solo se determinati parametri cambieranno”.
Ci sono nuove colture sulle quali puntare per valorizzare il nostro mercato?
“Noi di Confagricoltura abbiamo delle ottime esperienze proprio ‘in casa’, con innovative coltivazioni di avocado e mango che si stanno realizzando sulla fascia costiera tirrenica e ionica e danno un valore aggiunto alla varietà delle nostre coltivazioni. In definitiva, noi vogliamo tornare ad essere protagonisti del nostro domani”.
 
Quali sono le maggiori criticità riscontrate su Catania e provincia durante il suo mandato?
“A livello agricolo sono quelle legate alla sfiducia diffusa da parte delle aziende del settore. A questo aggiungiamo la mancanza di dialogo con le istituzioni, che spesso alimentano tensioni che non giovano a nessuno. In Sicilia abbiamo l’obbligo di rilanciare le organizzazioni aggregative in maniera seria e coerente e abbiamo la necessità di ammodernare i nostri impianti. Ritengo che l’istituzione di un tavolo permanente fra le associazioni di categoria e la politica, e in determinati casi anche con gli Ordini tecnici, sia doveroso. Gli agricoltori in questo momento non hanno bisogno di soldi ma di tracciabilità di filiera, che deve essere la prima regola per regolare il tutto e dare dignità produttiva agli agricoltori siciliani. A tutto ciò dovrebbero aggiungersi barriere fitosanitarie serie per i prodotti che vengono da fuori. Un riequilibrio dei dazi doganali per far si che nello stesso mercato non avvenga una concorrenza tra prodotti opposti, come avviene tra le arance siciliane e quelle provenienti dal Marocco. Queste sono regole chiare sulla quale poi i bravi imprenditori possono scommettere sopra”.

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