Lavori G7: non miracoli ma normalità - QdS

Lavori G7: non miracoli ma normalità

Rosario Battiato

Lavori G7: non miracoli ma normalità

giovedì 25 Maggio 2017

Taormina: Palacongressi, Villa comunale (solo 20 m ripristinati), 10 km di manto stradale. La Sicilia operi in tempi “europei”. In Giappone si ripara in 24 ore; nell’Isola 149 incompiute costano 500 mln l’anno

Le dichiarazioni della conferenza stampa di presentazione del G7, avvenuta a Taormina qualche giorno fa, hanno fatto emergere una Sicilia virtuosa, eppure irriconoscibile. Riccardo Carpino, commissario straordinario del G7, ha voluto sottolineare il rispetto di “tempi e costi, senza alcuna deroga, con controlli maggiori su appalti e lavori”. Un concetto ripreso dal sindaco Eligio Giardina che ha precisato come la squadra dell’organizzazione dell’evento abbia “reso possibile l’impossibile, facendo in 40 giorni quello che solitamente si impiega anni a realizzare”.
 
Qualche settimana, insomma, per creare una Sicilia artefatta, un’Isola a misura dell’evento, nella quale strade, piazze, ville e verde pubblico interessati dal passaggio dei potenti sono stati tirati a lucido nei tempi previsti. Ma non si abituino i siciliani, perché questi scenari sono delle eccezioni nell’ambito dei lavori di manutenzione ordinaria nell’Isola che, invece, latitano o che si trascinano per decenni. Per non parlare delle infrastrutture strategiche che sono ipotesi lontane, come il Ponte sullo Stretto, oppure restano ingarbugliate nelle maglie della burocrazia. Insomma, ci vorrebbe un G7 permanente in ogni città di Sicilia per avere infrastrutture di trasporto, una rete viaria decente e un decoro urbano all’altezza.
Taormina e dintorni hanno assistito a lavori scanditi da un orologio che evidentemente non è quello solito che batte le ore del lavoro e dei progetti nell’Isola. Alla metà di aprile la Regione ha deliberato circa 200 mila euro per mettere in sicurezza l’area interessata dall’evento (i comuni di Taormina e Giardini Naxos), ma altri interventi sono stati attivati anche lungo la A18 Catania-Messina, per le elisuperfici, mentre per il Palazzo dei Congressi, dopo una prima sistemazione, sono stati prorogati i poteri al commissario Carpino che resterà anche dopo la fine del summit per completare l’opera.
Anche Catania è stata coinvolta dalla sagra dell’eccellenza: l’accordo interistituzionale tra Bianco e Carpino (circa 350 mila euro tra presidenza del Consiglio e Comune di Catania) ha previsto uno stanziamento per il rifacimento della segnaletica stradale, la messa in sicurezza del manto stradale, realizzazione di passaggi pedonali e corsie preferenziali, migliorie stradali in diverse vie del centro.
Adesso i siciliani potranno godere di quest’Isola rattoppata, perché la quotidianità, da queste parti, è un’altra cosa. Lo confermano le strade dissestate – oltre un anno, ad esempio, per riaprire il viadotto Himera sulla A19 tra il 2015 e il 2016 – ma anche la tendenza generale dei tempi di realizzazione delle opere.
L’Agenzia per la Coesione territoriale (rapporto 2014, ultimi dati disponibili) ha registrato la Sicilia come la Regione con i tempi medi di attuazione delle opere pubbliche più lunghi (5,8 anni contro una media nazionale di 4,5 anni).
Ma la Sicilia non è soltanto lenta, è anche incompiuta. Nell’Isola, infatti, si trova il più alto numero di opere non completate. L’ultimo aggiornamento è arrivato dalla Regione, lo scorso luglio, tramite l’ufficio speciale di coordinamento, che ne ha censite ben 149, poi riportate anche nell’anagrafe nazionale gestita dal ministero delle Infrastrutture. Alcune di queste sono complete, in attesa di collaudo, altre ancora alla ricerca di poche centinaia di migliaia di euro. Un patrimonio congelato che costa mezzo miliardo di euro l’anno – secondo il rapporto 2016 sui “Costi del non fare” messo a punto da Agici – Finanza d’impresa, team guidato da Andrea Gilardoni, docente della Bocconi di Milano – e che necessita ancora di 213 milioni di euro per essere completato.
 

 
Tempi rapidi ed efficienza: non solo Cina e Giappone ma anche Australia, Russia, Turchia e… Firenze
 
Non tutto il mondo è Sicilia. Negli altri Paese gli interventi di manutenzione ordinaria vengono effettuati costantemente e in tempi da record, così come le infrastrutture strategiche seguono percorsi di efficienza che ne permettono la realizzazione in tempistiche efficaci. Esempi da prendere come modello, perché l’investimento di risorse nelle infrastrutture permette di rendere più moderni i territori e di impiegare migliaia di unità.
Dall’Oriente arrivano le lezioni più preziose. Lo scorso anno destò grande stupore l’intervento a Fukuoka, nel sud del Giappone, quando una squadra di tecnici e operai riparò l’enorme voragine (larga 30 metri e profonda 15) in appena 48 ore. Sempre nel 2016 la Cina ha completato la costruzione del ponte più alto del mondo – 565 metri sopra il Nizhu River Canyon, nel sud del Paese, costo 150 milioni di dollari – in appena tre anni con circa mille persone impiegate tra ingegneri e tecnici e l’ha aperto al traffico lo scorso dicembre. All’appello si presenta anche l’Australia, precisamente la contea di Moora, dove in due giorni è stato realizzato il nuovo manto stradale di una carreggiata lunga 4,9 km, così come previsto in un programma di recupero costato 443 mila dollari.
Ma non sono solo le tradizionali patrie dell’efficienza a presentare agli occhi del mondo la straordinaria combinazione di tecnica ed efficacia dei lavori pubblici. La scorsa estate, una delle principali arterie di Mosca, la via Tverskava, è stata asfaltata in uno solo giorno: 8 mila tonnellate di asfalto su una superficie da più di 32 mila metri quadrati con l’impiego di 300 mezzi speciali che hanno operato in perfetta coordinazione.
In Turchia, precisamente a Istanbul, in appena tre anni hanno costruito il terzo ponte sul Bosforo. Un progetto che ha visto anche la partecipazione dell’italiana Astaldi e che ha permesso la costruzione del ponte sospeso più largo al mondo, misura 59 metri, vi scorrono 8 corsie autostradali, due linee ferroviarie per l’alta velocità e le torri che lo sorreggono solo le più alte al mondo con i loro 3222 metri. E pensare che il Ponte sullo Stretto, il pezzo mancante del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, continua a restare un sogno interrotto che viene tirato fuori dal cassetto soltanto quando soffia il vento elettorale.
C’è anche l’Italia in questa classifica dell’efficienza. Lo scorso novembre il Lungarno Torrigiani è stato restituito alla città di Firenze, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cinque mesi dall’evento del 25 maggio, quando si era aperta una voragine di 200 metri. A dare i numeri dell’operazione da record è stato il portale della città metropolitana di Firenze: 163 giorni di lavoro per 36 mila ore pari a 4.500 giorni/uomo, posati oltre 1.400 tra pali e barre di consolidamento, realizzato un muro di sostegno alla spalletta di 120 metri circa e una pista di cantiere sull’Arno lunga 500 metri.

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