PALERMO – La parola ferisce più della spada, diceva il saggio. E aveva ragione. Ne sanno qualcosa tutti quei personaggi, più o meno noti all’opinione pubblica che, raggiunti da un’informazione di garanzia per reati ancora tutti da accertare, si ritrovano inghiottiti in quel vortice mediatico fatto di paladini della giustizia che puntano il dito contro un imputato o un indagato ancor prima di conoscere l’esito del processo, quello reale: il processo giudiziario.
La stampa e il web spesso si lasciano andare a ricostruzioni imprecise e sommarie, spesso ricche di dettagli coperti dal segreto istruttorio o di stralci di intercettazioni che, se decontestualizzate, possono travisare la realtà.
A pagare un prezzo spesso troppo alto, sono coloro che, alla fine del tortuoso percorso giudiziario, riescono a dimostrare la propria innocenza senza alcuna possibilità di riscatto “mediatico”.
Al di là del danno arrecato all’immagine della persona ingiustamente accusata, bisogna considerare anche quello economico cagionato all’intera comunità, perché se una persona incriminata senza aver commesso alcuna colpa ha scontato una pena detentiva, questa verrà risarcita dallo Stato (e dunque da tutti noi) per ciò che ha subìto.
Da questo punto di vista, la malagiustizia è costata alla collettività dal 1992 ad oggi, qualcosa come 648 milioni di euro e il dibattito su come fare affinché le ingiustizie non si ripetano più è sempre aperto ed infuocato.
Nel 2017 il ministero della Giustizia ha previsto di spendere oltre 230 milioni di euro per le intercettazioni, vale a dire il 22% della spesa totale. Difficile poter stabilire quanto di questa enorme cifra andrà spesa per attività investigative che porteranno ad un nulla di fatto, ma è innegabile che quello delle intercettazioni è uno dei capitoli di spesa più grossi sulle quali spessi si basano le indagini dei Pm.
E non è tutto: i magistrati che sbagliano in che termini pagano per gli errori commessi? In base ai dati del Consiglio Superiore della Magistratura, la media annuale negli ultimi dieci anni dei procedimenti disciplinari del Csm è stata di 170-190 e meno della metà di questi si è conclusa con una sanzione.
1. Gemelli, imprenditore di Augusta:
L’inchiesta Tempa rossa costò la poltrona al ministro Guidi
AUGUSTA (SR) – Si è rilevata un clamoroso flop l’inchiesta relativa al caso Tempa Rossa, che coinvolse l’imprenditore Gianluca Gemelli e che costò la poltrona di ministro dello Sviluppo economico alla sua compagna, Federica Guidi.
I sospetti che pendevano su Gemelli erano quelli di aver approfittato della carica della Guidi per interessi economici personali legati al progetto di un centro di estrazione petrolifera in Basilicata.
Dopo essere stato sbattuto su tutte le prime pagine dei giornali, il Gip del Tribunale capitolino ha deciso l’archiviazione. Tutto è bene quel che finisce bene, si penserà, ma le ferite lasciate dalla bufera mediatica sono dure a guarire. Soprattutto quando si è costretti a spiegare al proprio figlio di dieci anni che non è vero quello che i compagnetti hanno detto del suo “vecchio”: papà non ha rubato il petrolio.
2. A Capo d’Orlando (Me)
“Ricettazione aggravata” assolto consigliere comunale
CAPO D’ORLANDO (ME) – Si è conclusa con un’assoluzione anche la vicenda giudiziaria che ha visto interessati Carmelo Perrone, consigliere comunale del Comune di Capo d’Orlando, e la moglie Margherita Mangani nell’ambito del processo relativo all’ingente ammanco di denaro causato da Fabrizio Ingemi alla filiale della Banca Carige di Capo d’Orlando.
I due coniugi sono stati, loro malgrado, indagati e processati per il reato di ricettazione aggravata ai danni di un parente, nell’ambito dell’indagine relativa ai furti commessi da un dipendente della filiale della Banca Carige della città ai danni di una novantina di correntisti.
Accusati dalla Procura di Patti di essersi appropriati di ingenti somme di denaro di uno zio, i due sono stati assolti dal giudice monocratico del Tribunale di Patti con formula piena: “il fatto non sussiste”.
3. Spese pazze all’Ars
“Solo finalità politiche”, archiviazione per 45 deputati
PALERMO – Nessuna appropriazione di denaro pubblico per arricchimento personale è stata riscontrato nella condotta dei 45 politici tra deputati ed ex capigruppo all’Ars nel corso della precedente legislatura, coinvolti in uno dei filoni del procedimento sulle cosiddette “Spese pazze”.
A confermarlo è stato il Gip di Palermo, che ha accolto la richiesta dei sostituti procuratori Maurizio Agnello, Sergio Demontis e Luca Battinieri e ha disposto l’archiviazione, ritenendo fondate le diverse spiegazione fornite dagli indagati. I deputati hanno infatti dichiarato di aver speso i soldi dei gruppi parlamentari per finalità politiche e istituzionali; anche se in alcuni casi ciò non è stato dimostrato, non è stato riscontrato alcun dolo.
Escono così dall’inchiesta l’attuale presidente dell’Assemblea Giovanni Ardizzone, l’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo e l’assessore regionale all’Agricoltura Antonello Cracolici.
4. Abuso d’ufficio in concorso
Concessioni edilizie illegittime: assolti, “il fatto non sussiste”
SIRACUSA – I due imprenditori Maura Fontana e Marco Martelli e l’ex dirigente dell’Ufficio urbanistico del Comune aretuseo, finiti sotto processo per l’accusa di abuso d’ufficio in concorso, sono stati assolti perché “il fatto non sussiste”.
I tre furono coinvolti nell’indagine condotta del Nucleo di tutela dei beni culturali dei Carabinieri di Siracusa in merito alla costruzione di cinque fabbricati realizzati in contrada Massolivieri, realizzati, secondo le ipotesi dell’accusa, grazie a concessioni edilizie ritenute illegittime.
Il Gup Giuseppe Tripi del Tribunale siracusano ha stabilito che le licenze rilasciate fossero in linea con le norme previste dalla Regione siciliana.
5. Amt, assolti Bianco e Girlando
Revoca del commissario Idonea, nessuna irregolarità
CATANIA – Il sindaco della Città metropolitana etnea, Enzo Bianco, e l’ex assessore comunale al bilancio, Giuseppe Girlando, agirono correttamente e nell’interesse della collettività quando decisero di sollevare dall’incarico di commissario dell’Azienda Municipale Trasporti in liquidazione, Giuseppe Idonea.
Il Gip Giancarlo Cascino ha archiviato l’indagine nei confronti dei due amministratori catanesi, nata dalla denuncia dell’ex commissario dell’Amt. Indaco riteneva infatti che l’incarico gli fosse stato revocato per motivi diversi da quelli dichiarati ufficialmente (vale a dire i compensi, pagati ai liberi professionisti, considerati spropositati).
Secondo il Gip, però, la revoca dipese proprio dalle consulenze affidate dall’ex commissario ad alcuni professionisti, per un importo totale di oltre un milione e mezzo di euro.
6. Stefano Graziano, ex presidente Pd campano
Archiviata l’accusa di corruzione elettorale
NAPOLI – L’ex presidente del Pd campano, Stefano Graziano, potrà riprendere il suo incarico all’interno del partito democratico.
L’indagine a suo carico, durata dieci mesi, si è conclusa infatti con l’archiviazione dall’accusa di reato di corruzione elettorale.
L’altra accusa, quella ancora più pesante, contestatagli – concorso esterno in associazione mafiosa – era già caduta nel luglio del 2016 per decisione della Dda di Napoli.
Si chiude così una parentesi che ha avuto forti ripercussioni sulla vita personale del politico campano: al di là del polverone sollevato dai media sul caso, a pagare lo scotto più alto della vicenda è stata la figlia di cinque mesi, poiché la moglie, a causa del forte shock, non ebbe più la possibilità di allattarla.
7. Vito Bardi, generale GdF
Due inchieste, due assoluzioni: “Mi hanno rovinato”
NAPOLI – Per ben due volte il suo nome è risultato nel registro degli indagati ed entrambe le volte le accuse mosse a suo carico sono state considerate prive di fondamento, tanto che i procedimenti sono stati archiviati.
Il generale (ormai in pensione) della Guardia di Finanza, Vito Baldi, si è visto infatti coinvolto in due scandali, a distanza di tre anni l’uno dall’altro: quello sulla presunta loggia P4, per il quale fu accusato di rivelazioni di segreto d’ufficio e favoreggiamento (era il 2011), e quello su un’altra presunta storia di corruzione (nel 2014).
Per entrambi i casi è stata disposta l’archiviazione su richiesta dello stesso Pm.di Napoli che l’avevano messo sotto inchiesta.
8. Macchia, editore di Potenza
Assolto con formula piena: non fu bancarotta fraudolenta
POTENZA – Risale a pochi giorni fa l’assoluzione con formula piena, da parte del Tribunale di Potenza (in composizione collegiale), dell’editore de “La Nuova del Sud” e legale rappresentante della Alice Idea Multimediale srl, Donato Macchia.
L’accusa, bancarotta fraudomenta, si è rivelata destituita di fondamento.
“Dopo aver affrontato le lungaggini che un procedimento di tale mole comporta – spiega il legale di fiducia, Donato Murano – il Tribunale ha assolto Donato Macchia con la formula pinea (perché il fatto non sussite) per le contestazioni di bancarotta fraudomenta documentale e per ben tre condotte distrattive contestate”.
9. Rocco Loreto, ex senatore
Calunnia a Pm: assolto dopo calvario durato 16 anni
CASTELLANETA (TA) – La vicenda dell’ex sindaco della cittadina tarantina è degna delle migliori scenografie del teatro dell’assurdo: l’ex senatore dei Ds, Rocco Loreto, sindaco di Castellaneta (Taranto) dal 1990 al 2001, è stato assolto dopo un calvario durato ben 16 anni.
Accusato di calunnia ai danni dell’ex Pm Matteo Di Giorgio e di violenza privata nei confronti dell’imprenditore Francesco Maiorino, il politico pugliese ha trascorso 15 giorni in custodia cautelare: quattro in carcere, 11 agli arresti domiciliari.
La misura restrittiva fu poco dopo annullata dal Tribunale di Potenza per carenza di gravità indiziaria ma il verdetto finale è arrivato dopo sedici anni: assolto da ogni accusa perché il fatto non costituisce reato.
Meglio tardi che mai.