Dipendenti Pa, posti a perdere - QdS

Dipendenti Pa, posti a perdere

Rosario Battiato

Dipendenti Pa, posti a perdere

giovedì 22 Giugno 2017

In Sicilia oltre 300 mila impiegati, il 10% del nazionale, ma risultati inesistenti. Ministero: “Competenze inadeguate”. Tra gli obiettivi falliti: mancata spesa dei fondi Ue per l’efficienza amministrativa

PALERMO – Nell’Isola ci sono più di 300 mila dipendenti pubblici, un numero che rapportato alla popolazione residente supera la media nazionale. Lo rivela l’Istat con i primi risultati (aggiornati al 31 dicembre 2015) del Censimento permanente delle Istituzioni pubbliche, diffuso nei giorni scorsi. Un flusso sontuoso che non esclude i 20 mila della Regione di recente al centro di una serie di criticità – età media elevata, inadeguatezza nella progettazione degli interventi – emerse nel corso di un monitoraggio del dipartimento della Funzione pubblica in rapporto alla spesa dei Fondi Ue. Evidentemente, un super organico non è sempre sinonimo di efficienza.
La macchina pubblica regionale è affollatissima.
 
Tra statali, regionali (inclusi nel conteggio, come confermato dall’Istat al QdS), provinciali, comunali e personale delle aziende sanitarie e dell’Università, ce ne sono 322 mila (dipendente e non dipendente) su un totale nazionale di 3,5 milioni. Si tratta del 10% di tutta Italia ed è un numero che in valore assoluto è al terzo posto nazionale dopo il Lazio che ne ha 412 mila, anche per le ovvie ragioni dettate dalla presenza delle strutture dell’amministazione centrale, e la Lombardia che arriva a 437 mila, ma con il doppio della popolazione siciliana. Tra il 2011 e il 2015, il personale dipendente si è contratto in maniera evidente in Sicilia (-5,5%, passando da 276 a 261 mila), ma il dato non si è ancora equilibrato rispetto al resto d’Italia.
A confermarlo c’è un indicatore particolarmente utile per valutare il comportamento delle istituzioni pubbliche: il rapporto tra dipendenti pubblici e popolazione residente. Il dato medio nazionale è in contrazione, passato da 4,8 a 4,6 dipendenti per 100 abitanti, ma resta inferiore a quello isolano. La distribuzione del numero di dipendenti pubblici (senza includere il personale non dipendente) sul totale dei residenti vede nella fascia più cospicua la Sardegna, il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta (valori superiori a 5,6 unità di personale per 100 abitanti) mentre l’Isola, assieme a Toscana, Lazio e altre regioni del centro si colloca nella fascia compresa tra 4,7 e 5,1 unità di personale per 100 abitanti. Il dato, che è in miglioramento rispetto alla rilevazione del 2011, quando l’Isola si collocava nella fascia inclusa tra 5,2 e 5,6 dipendenti, resta comunque distante dalle migliori prestazioni che si sono registrate, tra gli altri, in Lombardia, Puglia, Piemonte, Emilia-Romagna che non hanno superato i 4,6 dipendenti per 100 abitanti.
Andando più in dettaglio, ed escludendo dal conteggio le due province autonome di Trento e Bolzano, la Sicilia si colloca tra le prime sette d’Italia con un dato pari a 5,1 dipendenti per 100 abitanti, lontana dalla virtuosa Lombardia (3,7) e dall’Italia (4,6), anche se in miglioramento rispetto alla rilevazione del 2011, quando i dipendenti conteggiati erano stati 5,5 per 100 abitanti.
Se da una parte c’è stato un significativo taglio, dall’altra parte c’è stata una crescita non indifferente. Dal calcolo per abitante, infatti, è escluso il personale non dipendente che include i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e/o i collaboratori a progetto, ma anche i lavoratori con contratto temporaneo e altri lavoratori atipici (voucher, lsu, lpu, titoli di assegni di ricerca e borse di studio, medici specializzandi e volontari del servizio civile nazionale). Nell’Isola sono 18.804, cioè circa 6 mila in più rispetto alla rilevazione del 2011. Si tratta del secondo dato più elevato tra le regioni italiane, ad eccezione della Lombardia che ha raggiunto quota 25 mila.
All’interno questo panorama complessivo, nel 2015 la Regione se ne prende una porzione importante. Il personale di ruolo in servizio presso i vari rami dell’amministrazione, secondo quanto riportato nella Sintesi della relazione sul rendiconto generale della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2015 della Corte dei conti, si attesta a 16.341 unità, in flessione del 5,6% rispetto al 2014, e a questi si aggiungono altre 2.666 unità di personale che l’amministrazione ha indicato come “ad altro titolo utilizzato” (217 unità) o “cui è stato esternalizzato un servizio” (2.449 unità).
Un esercito che nelle scorse settimane è finito nel mirino del dipartimento della Funzione pubblica che ha rilasciato un documento relativo all’analisi dell’avanzamento fisico e finanziario dei Por e dei Pon relativi agli Ot11 (rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e un’amministrazione pubblica efficiente) e agli Ot2 (migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la Qualità delle medesime). Per i funzionari romani, che hanno evidenziato le criticità nel corso degli incontri con i vari enti regionali, l’amministrazione isolana è stata segnalata per “la debolezza e inadeguatezza delle competenze del sistema regionale per l’attuazione delle politiche e la progettazione degli interventi”. Inoltre, secondo il giudizio del dipartimento, quella siciliana è “un’amministrazione con un’età media del personale molto elevata” e, a tal proposito, si rende necessario un “supporto specifico e un forte investimento in affiancamento e formazione”. Gli ultimi passaggi riguardano le criticità relative al “forte livello di dettaglio e di rigidità della programmazione che potrebbe richiedere la necessità di riprogrammazione”.
Una situazione che si traduce in un avanzamento della spesa ancora minimo. Nell’ambito del Por l’Isola ha una dotazione di 32,8 milioni per migliorare la “capacità istituzionale e amministrativa” e di altri 342 milioni per l’agenda digitale. I dati aggiornati al dicembre 2016 fanno riferimento a circa 16,5 mln per Ot11 e Ot2. Inoltre non risultano impegni giuridicamente vincolanti nell’ambito dell’agenda digitale, anche se la Regione ha previsto degli interventi in materia.
 

 
Un quinto degli impiegati negli enti della sanità
 
PALERMO – Per ottenere i primi risultati del censimento permanente delle istituzioni pubbliche, rilasciato dall’Istat lo scorso 14 giugno, l’Istat ha lavorato sulla base delle informazioni di 12.874 istituzioni pubbliche che impiegano complessivamente circa 3,5 milioni di lavoratori. Nell’ambito della ricerca, inoltre, sono state rilevate 173 mila unità che riguardano altro personale non dipendente.
La distribuzione del personale si concentra principalmente nell’amministrazione centrale che assorbe il 54,1% del totale, un quinto, invece, si trova in aziende o enti del Servizio sanitario nazionale e per l’11,8% nei comuni. Il 14,1% è assorbito dalle altre forme giuridiche. A fare maggiormente uso di contratti non dipendenti sono le Università pubbliche, nelle quali risiede il 32,2% del totale, il 21% nel Ssn, e il 18,2 negli enti locali. Il quadro dettagliato in valore assoluto vede 1,7 milioni di persone impiegate nell’amministrazione centrale, 660 mila nel Ssn, 390 mila nei comuni, 152 mila negli enti pubblici non economici. Alle spalle di questi grandi numeri si colloca il personale dipendente dell’Università pubblica con quasi 100 mila unità, seguito da quello delle province e città metropolitane (81.027) e quindi dalle Regioni, con poco più di 63 mila unità. Il personale non dipendente è largamente utilizzato in ambito universitario, ce ne sono quasi 56 mila, e quindi nel Ssn con 37.310. Al terzo posto i comuni con poco più di 31 mila.

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