Giuseppe Gualtieri: "Un territorio dinamico diviso tra luci e ombre" - QdS

Giuseppe Gualtieri: “Un territorio dinamico diviso tra luci e ombre”

Margherita Montalto

Giuseppe Gualtieri: “Un territorio dinamico diviso tra luci e ombre”

giovedì 22 Giugno 2017

Forum con Giuseppe Gualtieri, questore di Catania

All’atto del suo insediamento, ha affermato che “il controllo del territorio non basta, serve un cambio di mentalità da parte dei cittadini”. Qual è l’idea che ha di Catania in generale?
“Catania è una città dinamica con tutto quel che ne consegue. C’è una buona qualità della vita, piena di fermento, e diventa stimolante e gratificante curare l’ordine e la sicurezza pubblica. Incide negativamente il dinamismo che la caratterizza, nonostante la crisi da cui Catania non è rimasta indenne. La città ha mantenuto, rispetto ai territori circostanti, una buona vocazione a fare, una non rassegnazione. Questo porta a far sì che le fasce disagiate abbiano ancora il miraggio del consumismo e della vita gaudente. È chiaro, poi, che abbiamo una situazione d’insicurezza diffusa dovuta alla micro criminalità: lo Stato non ha intenzione di distruggere l’economia, semmai proteggerla da situazioni poco chiare. Il vero problema di Catania è una forte criminalità diffusa latente, che è sinonimo di disagio sociale. Basti pensare agli scippi nei recenti periodi di festività, dei ‘ponti’, in cui l’afflusso di turisti è stato notevole, e in cui abbiamo registrato qualche caso immediatamente bloccato. Posso dire che la situazione è migliorata notevolmente, ma la nostra soglia di allerta rimane alta. Rientrano negli episodi negativi, che hanno matrice educativa, l’ arrecare danno ai monumenti, il vandalismo diffuso che vive dopo una certa ora. La nostra bravura consiste nel conciliare i controlli durante le ore in cui la movida rappresenta un indotto economico: pub, ristoranti e altri esercizi vivono e prosperano a partire da una certa ora, in cui si alimentano momenti di aggregazione e occorrerebbe che questo fermento culturale si vivesse con contenimento, applicando una sorta di codice. Siamo attivi durante le ore notturne, in borghese e con i Falchi, per tutelare quanti vivono queste ore, e abbiamo un’ottima collaborazione con la Polizia municipale, con la quale mettiamo in atto la sicurezza urbana. Stiamo chiudendo molti locali e varie attività, riducendo il fenomeno degli ambulanti e per quanto riguarda il contrasto alla prostituzione e ai parcheggiatori abusivi interveniamo con strumenti legislativi. Di concerto con il sindaco, abbiamo emanato un’Ordinanza che prevede sanzione peri clienti”.
La criminalità organizzata a Catania ha dinamiche differenti da altre provincie ed è ancora preponderante, come ai tempi dei boss che dominavano la Sicilia orientale?
“Esistono le associazioni criminali e in quel caso il contrasto è pesante e di qualità. A confronto con altri posti della Sicilia, ma anche alle regioni come la Calabria e la Campania, c’è una società civile ben strutturata rispetto al fenomeno della criminalità., troviamo una situazione meno permeabile. In genere, le infiltrazioni avvengono per temi e non per categoria delle persone. Dovunque vi sia una possibilità di guadagno, gli appetiti della criminalità si fanno avanti, e se altrove vi è una commistione tra l’impresa e l’impresa criminale, in provincia di Catania chi vuole inserirsi in determinati affari deve usare delle tecniche da criminale. Quando si parla di criminalità organizzata e di impresa, si parla anche di situazione di ‘convenienza’. Il territorio catanese è geloso della qualità della sua imprenditoria e se qualche volta ammicca alla criminalità organizzata lo fa per seria convenienza o per salvare i posti di lavoro. Esistono poi famiglie dominanti e non c’è una struttura piramidale come a Palermo o nella ‘ndrangheta. Se un tempo una famiglia egemone era legata a Cosa nostra per interessi comuni, adesso le famiglie dominanti hanno quasi la stessa potenza e valore sul mercato del crimine. Ciò crea incertezza nel cittadino che si vuole difendere e che non sa capire da dove proviene il pericolo”.

Che genere di aggravio ha portato alla vostra attività il fenomeno dell’immigrazione?
“Il problema sbarchi ci sta logorando. Durante uno sbarco mettiamo in campo tante risorse: al Porto di Catania ho trovato un’organizzazione impeccabile e tutto l’apparato di sicurezza è organizzato dalla Prefettura e dalla Questura avvalendosi della collaborazione di tutte le sale operative e interforze, l’agenzia Frontex, l’Asp, l’Ospedale Cannizzaro che ha creato un corridoio sanitario, la Croce Rossa. Stiamo acquistando dei dispositivi come i nebulizzatori per cercare di alleviare le difficoltà durante le estenuanti attese degli operatori di Polizia e dei migranti duranti le varie fasi. I tempi sono lunghi, perché prima di permettere ai migranti l’accesso sul territorio, è determinante la risposta del cervello centrale dell’area Schengen, che ci fornisce garanzia della non pericolosità o altri motivi di natura di sicurezza sui migranti, specialmente in periodi dove è alto il pericolo terrorismo. Per i migranti che risiedono sul territorio non rileviamo grandi problemi di ordine pubblico. Molti di essi si sono integrati, anche se non mancano i problemi di accattonaggio e prostituzione”.
Sembra un metodo di agire diverso il suo, con una spiccata attitudine sociale. Giudica corretta questa interpretazione?
“Il fatto che vi sia una diminuzione del personale, il blocco delle assunzioni, anche se sta ripartendo lentamente, ci ha costretto a diventare più moderni e ci ha impegnato a dovere indagare i fenomeni in maniera mirata, conoscendo fatti, persone. Dobbiamo capire, sapere per potere agire al meglio”.

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