Entrambi sono ufficialmente chiusi da circa 3 stagioni, esattamente dalla primavera del 2015
Nessun guadagno, dunque, per il termalismo locale da Sciacca ed Acireale, al contrario fonti di una valanga di debiti e di problematiche legate non solo dalla chiusura di una tradizione termale antica ma anche al depauperamento delle strutture e degli impianti, fattore che creerà un’inevitabile perdita di valore dei beni immobili.
Nel 2015 sono stati versati poco più di 3 milioni di euro, mai così poco in 8 anni di rilevazioni effettuate secondo i dati elaborati dal Ministero della Salute. Da valutare con attenzione anche il dato del 2014, che parla di oltre 4,2 milioni di euro restituiti alle terme siciliane, ovvero in questo caso la somma più alta mai disposta dal 2008.
La Sicilia attrae appena il 5,1 per cento del flusso niente a che vedere con il 21 per cento di una regione “insospettabile” come il Trentino Alto Adige.
La Toscana, il Veneto e il Trentino Alto Adige hanno fatto registrare il maggior numero di flussi turistici nelle località termali, sia in termini di arrivi che di presenze.
E la Sicilia è ai margini di questo business, perché l’impasse che colpisce Sciacca e Agrigento porta la Sicilia a perdere quasi 110 milioni di euro che sarebbero utilissimi per incrementare anche questa forma di turismo.
Un lungo periodo, iniziato nel 2012 e che continua nel 2017 senza che sostanzialmente qualcosa sia cambiato. Da parte sua il comune ha sostenuto la realizzazione dell’impianto di separazione dello sversamento delle acque sulfuree da quelle nere, che non permise a suo tempo l’assegnazione della gestione e la rinascita delle terme all’Asp di Agrigento, poi nel 2016 con emendamento sostitutivo al disegno di legge 1214 la Regione ha autorizzato l’acquisto di beni immobili e di diritti reali sui beni in possesso sia delle Terme di Sciacca che di Acireale, il tutto per alleggerire i debiti degli stabilimenti, ma nulla di tutto ciò è stato utile per procedere alla famosa e tanto sperata messa a bando delle terme.
Accade così che, oltre all’inquantificata perdita di valore dei beni immobili, chiusi ma non del tutto abbandonati grazie alle opere di scerbatura effettuate da scout, forze civiche e Comune, che andrà ad incidere sul prezzo di vendita dei beni immobili connessi, sono 10.343.928,99 gli euro in debito a capo delle Terme di Sciacca al 31 dicembre del 2015. Il rischio è la svendita, se mai ci sarà la possibilità di mettere le strutture all’asta.
Di terme non si parla neppure in consiglio comunale. “Non c’è nulla da dibattere in consiglio, perché la situazione rimane sempre la stessa: è la Regione che deve intervenire e accendere il mutuo promesso per saldare i debiti che interessano le Terme di Acireale. Se questo non succede non possiamo fare nulla – ha spiegato il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo -. Da parte nostra siamo anche disposti a rivedere le somme che le Terme ci devono, purché l’attività possa ripartire. I debiti con Unicredit possono essere, anche questi, presi in considerazione con la possibilità di dialogare con la banca, ma senza nuove notizie dalla regione non possiamo far nulla. Passato questo step, in uno-due mesi si può stendere un bando per capire finalmente che appetibilità hanno ancora le Terme di Acireale verso possibili acquirenti”.
Uscito di scena il liquidatore Giafranco Todaro, la liquidazione dello stabilimento acese è in mano a ben tre figure: Francesco Petralia, Nino Oliva e Vincenza Mascali.
Questa nel dettaglio la somma relativa ai debiti contratti dallo stabilimento acese: oltre 17 milioni di euro verso creditori vari ed esattamente 2.554.034,00 nei confronti della stessa regione. Il mutuo invocato dal primo cittadino acese, per cui la Regione è stata autorizzata in esercizio finanziario 2016, conta un importo massimo di 18.900.000,00 di euro, a fronte di un passivo di liquidazione di 16.727.653,00 euro.