Ecco perché la Sicilia sprofonda - QdS

Ecco perché la Sicilia sprofonda

Valeria Arena

Ecco perché la Sicilia sprofonda

giovedì 27 Luglio 2017

Bankitalia e Cgia Mestre: disoccupazione 22,1%, esportazioni -17,3%, Pil pro capite -4,4%, rischio povertà +4,9%. La Politica ci racconta un’Isola che non c’è. La rivoluzione annunciata è un bluff

PALERMO – Ancora cattive notizie per l’intero comparto economico siciliano. Secondo gli ultimi dati resi pubblici dalla Banca d’Italia e dalla Cgia di Mestre, l’Isola continua a sprofondare e la ripresa appare ancora troppo lontana. Troppe ombre e solo poche luci: la spesa familiare per beni durevole (+6,6), la compravendita di immobili (+12,4%), il credito erogato alle famiglie (20,1%)  e la quota di imprese che hanno incassato in ritardo, scesa al -4%. Il resto, invece, continua ad avere il segno negativo.
Nel 2016, infatti, il prodotto interno lordo siciliano è rimasto ancora inferiore ai livelli pre-crisi di circa 12 punti percentuali, rispetto ai sette punti dell’Italia (Banca d’Italia), e dal 2007 è sceso addirittura del 4,4% (Cgia di Mestre).
Cattive notizie anche sul fronte occupazionale: dal 2017, infatti, il tasso di disoccupazione, attestatosi al 12,9%, è aumentato del 9,2% (22,1%), contemporaneamente, invece, il tasso di occupazione è sceso del 4,5%, fermandosi nel 2016 al 40,1%, contro il 44,6% del 2007. Nello stesso periodo, la percentuale di persone a rischio povertà o esclusione sociale è aumentata del 4,9% (50,5 nel 2017 e 55,4 nel 2016).
Lo scorso anno, inoltre, ha visto crollare le assunzioni a tempo indeterminato, diminuite rispetto al 2015 di ben 34 punti percentuali, insieme alle esportazioni, scese del 17,3%, e alle gare bandite nel settore edile (-33,5%)
Ancora una volta, quindi, le favole raccontate dalla politica non trovano riscontro nei numeri e nelle cifre rese pubbliche dalle fonti ufficiali. 
 

 
Tutte le balle colossali su Pil Sud e Pil Sicilia
 
L’Istat ha diffuso qualche giorno fa le stime preliminari del Pil e dell’occupazione (2016).
Nella sua analisi a livello territoriale, l’Istituto nazionale di Statistica ha individuato nel Nord-Est la vera “locomotiva” del nostro Paese in virtù di un incremento del prodotto interno lordo pari a +1,2%.
Il Pil del Sud, invece, si attesta a +0,9%, perfettamente in linea con la media nazionale, +0,9% per l’appunto. Per il Centro e per il Nord-Est variazioni pari a, rispettivamente, +0,7% e +0,8%.
In un tweet, il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, ha addirittura lanciato l’hashtag #laripresadelSudcontinua: “Finalmente! I dati Istat parlano chiaro: la politica meridionalista degli ultimi 1000 giorni dà i suoi frutti”, è stato il suo commento .
In verità, c’è ben poco da festeggiare, perché quelli stimati dall’Istat appaiono innanzitutto come timidi segnali di una ripresa che è soltanto agli inizi e a riconoscerlo è stato lo stesso Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, il quale in maniera laconica ha ammesso: “I dati rimangono insufficienti per generare benessere diffuso, crescita e sostenibilità del debito poderoso che abbiamo”.
A smorzare i toni fin troppo trionfalistici di alcuni esponenti del governo Gentiloni, ci ha pensato anche Confcommercio che ha parlato di “una indicazione positiva ma non rassicurante perché tali dinamiche sono ancora troppo deboli per permettere un apprezzabile recupero dei ritardi accumulati durante la crisi”.
La Cgil ha invitato ad una maggiore cautela perché “la crescita del Sud non ha ancora quella strutturalità che ci può fare dire #laripresadelSudcontinua”.
La Uil: “Se cresce il Pil del Sud, cresce l’intero Paese”: è alquanto azzardato mettere a confronto l’incremento percentuale del Mezzogiorno e quello della media nazionale perché tali incrementi fanno riferimento a valori di partenza profondamente diversi, pur essendo identica la percentuale di crescita registrata.
Da prendere con le pinze è anche il dato relativo alla crescita del Pil Sicilia 2015 (82,8 miliardi a valori concatenati con anno di riferimento 2010, +2,06% rispetto al dato 2014 che è di 81,1 miliardi). Tecnicamente non fa una piega ma occorre precisare che in precedenza per il 2014 l’Istat aveva indicato 82,7 miliardi per poi rivederlo al ribasso, “abbassandolo” da 82,7 a 81,1 miliardi. Quindi, il vecchio dato relativo al 2014 è slittato al 2015. Ciò significa, in sostanza, che il Pil Sicilia è fermo.
Altro che crescita!

Patrizia Penna
 

 
Il commento di Antonio Cinque, Direttore della Banca d’Italia (sede di Palermo)
 
“È debole la ripresa in Sicilia  – si legge nel report di Bankitalia dal titolo L’Economia della Sicilia – e rimane circoscritta ad alcuni settori. Aumentano lievemente i redditi e i consumi delle famiglie nel corso del 2016, mentre l’occupazione, dopo un buon andamento iniziale, subisce una battuta d’arresto a partire dal secondo semestre. Se si guarda poi al reddito pro capite e al divario con le aree più sviluppate del paese, nel 2016 il Pil regionale rimane ancora inferiore a 12 punti percentuali, contro i sette del resto d’Italia”.
Nel documento viene inoltre specificato che, se il 2015 aveva registrato segnali di ripresa dell’attività produttiva, questi si sono attenuati, in modo eterogeneo, nel corso del 2016.  Antonio Cinque, direttore della sede palermitana della Banca d’Italia, ha individuato nel Turismo il settore trainante dell’intera economia isolana, seppur con riserva.
“Il settore turistico è importante, può essere trainante ma non decisivo – ha dichirato commentando gli ultimi dati – lo diventa se riesce a trainare altri settori, come l’intera filiera agroalimentare, il settore alberghiero, e, in prospettiva, quello delle costruzioni”.
“Se in termini assoluti – ha continuato – il debito delle amministrazioni locali siciliane si è ridotto, il suo rapporto rispetto al Pil resta su valori superiori rispetto a quello medio delle altre amministrazioni locali d’Italia.  Alla fine del 2016 il debito ammonta infatti a 6,4 miliardi di euro, pari al 7,3% del Pil regionale, contro una media nazionale del 5,3%”. 
“La programmazione comunitaria 2014-2020 – ha concluso Cinque nel suo commento- vede inoltre la Sicilia destinataria di due programmi operativi regionali (Por) cofinanziati da Fesr e Fse per un importo complessivo di 5,4 miliardi di euro. Alla Regione sono stati anche assegnati 2,2 miliardi nell’ambito del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale. Stiamo parlando di importi molto importanti si tratta di fondi che possono dare una spinta al consolidamento della ripresa”.

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