Aria inquinata, ci voleva la Procura - QdS

Aria inquinata, ci voleva la Procura

Rosario Battiato

Aria inquinata, ci voleva la Procura

sabato 29 Luglio 2017

Nonostante le procedure d’infrazione Ue e le prescrizioni dei magistrati, la Regione resta in un silenzio plumbeo. Piano regionale di tutela bloccato da 5 mesi. Intanto i siciliani soffocano

PALERMO – Soltanto una settimana fa la Procura di Siracusa è entrata di forza nelle oscure stanze in cui avevano relegato il dibattito sull’inquinamento atmosferico siciliano e lo ha liberato. In attesa dell’esito del provvedimento che ha sancito il sequestro preventivo di due stabilimenti industriali, senza bloccarne la produzione, e delle prescrizioni in carico alle aziende, si tratta di un passaggio epocale perché l’intervento della magistratura segna un solco nella storia dell’area. Un caso che da Priolo sembra guardare altrove, in particolare verso gli altri tre siti di interesse nazionale (Milazzo, Biancavilla e Gela), e che fortifica, a distanza di quasi venti anni dai primi decreti che hanno definito i sin isolani, l’unica soluzione possibile: l’avvio di quelle bonifiche che restano un sogno lontano.
È passata quasi una settimana dal sequestro preventivo disposto dal gip di Siracusa, su richiesta della Procura, di due impianti del più grande polo petrolchimico d’Europa. Nel mirino della magistratura lo stabilimento Esso e gli stabilimenti Isab Nord e Isab Sud. L’inchiesta, nata due anni fa, è stata elaborata sulla dei numerosi esposti e delle denunce dei cittadini del polo, di ambientalisti e di amministratori pubblici in merito allo stato preoccupante della qualità dell’aria. Considerazioni che si ritrovano nel lavoro del pool di sostituti, coordinati dal capo della Procura Francesco Paolo Giordano, che ha rilevato “un significativo contributo al peggioramento alla qualità dell’aria dovuto alle emissioni degli impianti”. Un’azione, quella della Procura, certosina e incisiva, coadiuvata, sotto l’aspetto tecnico, da esperti di livello nazionale, e che ha visto l’iscrizione nel registro degli indagati, a vario titolo, per le ipotesi di reato di inquinamento ambientale e impedimento del controllo, di otto persone.
Gli impianti sono comunque rimasti operativi, anche se la Procura ha dato 15 giorni di tempo alle società per decidere se aderire alle prescrizioni, evitando in questo modo i sigilli che scatterebbero assieme al conseguente blocco della produzione. In caso di accoglimento delle prescrizioni, le imprese dovranno presentare un progetto di adeguamento alle prescrizioni che non dovrà eccedere i 12 mesi, con garanzia fideiussoria. Diverse le prescrizioni, la stampa regionale e nazionale se ne è occupata abbondantemente in questi giorni – ma ci sarebbe nell’aria anche un secondo troncone dell’inchiesta. La notizia, apparsa sul Gds.it del 23 luglio, riporta fonti investigative che fanno riferimento all’eventualità di una possibile correlazione tra alcune malattie, legate all’insorgere di  patologie tumorali, e le emissioni prodotte dagli stabilimenti industriali.
Soltanto un mese fa, un altro grande nemico del quadrilatero Siracusa-Priolo-Melilli-Augusta aveva ricevuto una dura batosta: all’inizio di giugno c’era stata la storica motivazione di una sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva sottolineato “quanto alle mansioni svolte va rilevato che dalla documentazione prodotta (indagine epidemiologica del 1997 a cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e Registro Tumori della Provincia di Siracusa) emerge come l’esposizione all’amianto riguardasse tutti i lavoratori del polo petrolchimico di Priolo e, addirittura, gli abitanti della zona”.
Non sono novità, i numeri esistono già da molto tempo. Nell’ultima relazione Arpa sulla qualità dell’aria in Sicilia, con dati aggiornati al 2015, si leggeva che “nelle aree industriali dovranno essere individuate misure specifiche” proprio per “la riduzione delle emissioni sia convogliate che diffuse derivanti dalle suddette attività produttive”. La Sicilia, inoltre, è coinvolta in due procedure di infrazione Ue in relazione alla cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE, legata, in particolare, al superamento dei valori limite di Pm10 e di biossido di azoto (NO2). E intanto si è perso per strada anche il Piano regionale di qualità dell’aria, lo ha ricordato Giampiero Trizzino (M5S) in seguito alla notizia del sequestro, precisando che “è stato completato ormai da cinque mesi e da allora aspetta il via libera del Governo”. Così come largamente disapplicata è rimasta la legge regionale amianto del 2014, che prevedeva mappatura, censimento e bonifica dei siti contaminati, creazione di un polo di riferimento medico nell’ospedale Muscatello di Augusta per il controllo sanitario degli ex operai e un sito per l’inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto. Stimati 600 morti all’anno in Sicilia per patologie asbesto correlate (fonte Ona).
Evidenze che si condensano anche negli ultimi dati relativi alla qualità dell’aria e mortalità nelle province italiane. Il progetto Viass (valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario), patrocinato dal ministero della Salute del 2015, ha stimato nel 2010 un tasso di mortalità compreso tra 3 e 7 per 100 mila abitanti nelle province isolane (dato più alto a Siracusa), ma con stime sul 2020 che possono arrivare fino a 60 nella provincia del petrolchimico, secondo uno degli scenari di rischio analizzati. Anche per il biossido di azoto i pericoli maggiori si concentrano nella provincia siracusana, con un tasso di mortalità ipotizzato in 16 per 100 mila abitanti. Dati più dettagliati si ritrovano anche nel rapporto Oms e nei vari rapporti Sentieri (Studio epidemiologico nazionale degli insediamenti esposti a rischio inquinamento). 
E intanto le bonifiche languono. L’ultimo aggiornamento del ministero dell’Ambiente è arrivato lo scorso maggio, con lo “Stato delle procedure per la bonifica” che presenta i vari passaggi relativi all’iter delle procedure per la bonifica: piano di caratterizzazione, progetto di messa in sicurezza/bonifica, decreto di approvazione, procedimento concluso (concentrazioni inferiori ai limiti di legge). La percentuale di aree con procedimento di bonifica concluso rispetto alla superficie totale del sin è minima: zero per cento a Biancavilla e Gela (nel centro nisseno è in atto un protocollo che prevede complesso processo di bonifica riqualificazione a opera dell’Eni), 20% rispettivamente per falda e terreni a Milazzo, 8% per terreni e falda a Priolo. Il processo è avanzato a Biancavilla, col 100% di aree con progetto di messa in sicurezza/bonifica approvato con decreto, mentre Gela ha il 54% delle aree di falda con progetto approvato e solo il 13% per i terreni. Priolo si ferma al 13% per i terreni e al 18% per la falda.



“Rispettate le leggi vigenti”. La difesa delle aziende
 
PALERMO – Nei giorni successivi al sequestro preventivo, le due società hanno deciso di mantenere un basso profilo, intervenendo tramite i propri canali ufficiali.
Esso ha spiegato che “il provvedimento, subordinato a misure che sono allo studio dei nostri tecnici, lascia attualmente la raffineria nel suo normale assetto operativo” e che è “convinta di avere operato nel rispetto della normativa vigente e delle autorizzazioni rilasciatele”, pur dichiarandosi “pronta a collaborare con le Autorità competenti per chiarire la propria posizione”.
Isab ha precisato che “i propri impianti sono e sono sempre stati eserciti nel pieno rispetto della normativa ambientale e delle relative autorizzazioni e prescrizioni alla medesima impartite dalle competenti autorità in materia”.
Molto cauta, almeno nella maggior parte dei casi, anche la posizione espressa dai politici regionali, consapevoli di passeggiare su un filo particolarmente sottile e guardati a vista da ambientalisti, cittadini, industriali e sindacati. E in vista delle elezioni, l’equilibrio è di casa.
Per Mariella Maggio, presidente commissione Ambiente, occorre mettere in sicurezza “le produzioni nel petrolchimico, per salvaguardare i lavoratori e tutelare la salute dei cittadini, oltre che dell’ambiente, nell’intera area industriale”, senza dimenticare che “bisogna risalire alla filiera delle responsabilità e mettere fine ai disastri degli ultimi anni che hanno fatto registrare morti ed inquinamento perché i governi non hanno saputo far rispettare gli accordi sottoscritti”.
Per il siracusano Bruno Marziano, assessore regionale all’Istruzione, la vera sfida della “modernità sta infatti nella capacità di fare convivere l’ambiente e la salute delle persone”. “condizione essenziale per salvaguardare il tessuto produttivo è quella di rilanciare con forza tutta la tematica delle bonifiche del risanamento ambientale”.
 


Parisi: “Dai magistrati una risposta ai cittadini”
 
SIRACUSA – L’indagine della Procura aretusea ha preso il via due anni addietro in seguito ai tanti esposti e segnalazioni delle Associazioni ambientaliste, delle Amministrazioni locali, e dei cittadini risiedenti nel quadrilatero industriale, che da tempo sono costretti a rinchiudersi nelle proprie abitazioni per gli odori molesti presenti nell’aria che respirano e che causano loro notevoli fastidi. L’indagine si è avvalsa del contributo di un collegio di esperti di livello nazionale che hanno redatto una consulenza tecnica sulla situazione ambientale del quadrilatero industriale. I giudici della Procura hanno anche ascoltato numerosi testi ed hanno acquisito una gran mole di dati e documenti.
Le Associazioni Decontaminazione Sicilia ed AugustAmbiente chiedono che i controlli delle emissioni vengano effettuati in continuo e non ogni quattro mesi come avviene attualmente, in essi comprendendo anche gli organoclorurati come le diossine, e che periodicamente l’Arpa intervenga in controlli a sorpresa e non programmati anzitempo.
Il vice presidente regionale di Legambiente, Enzo Parisi, ha dichiarato: “La risposta della magistratura ha una triplice valenza: la prima per i cittadini che in questi anni hanno lamentato a ragione i fastidi da puzze ed emissioni”.
“Finalmente – ha detto Parisi – c’è stato un riscontro da cui emerge che le emissioni della zona industriale sono determinanti nel provocare una cattiva qualità dell’aria con tutte le conseguenze che ne possono derivare alla salute delle persone. La seconda è al professore Salvatore Sciacca che non è credibile nel suo ruolo di controllore e controllato oltre che ad avere una funzione pubblica (direttore del registro tumori) che mal si addice con il suo ruolo privato (dirigente della rete di rilevamento industriale Cipa). Non ci si può fidare dei dati sulla qualità dell’aria del Cipa ma di quelli di fonte istituzionali come l’Arpa”.
“La terza risposta – ha continuato Parisi – è data al Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che aveva risposto ad una interrogazione parlamentare sulla cattiva qualità dell’aria nel quadrilatero industriale affermando che tutto andava bene, che la qualità dell’aria era nei limiti, e che non aveva mai ricevuto la lettera inviatagli dall’Arpa Sicilia nella quale si lamentava una situazione di sofferenza nella zona ed i problemi legati alle emissioni odorigene e la presenza di sostanze non normate. L’Arpa suggeriva che si fissassero dei limiti normativi”.
“Questa – ha concluso il vice presidente di Legambiente Sicilia – è una risposta anche alle disattenzioni di quelle istituzioni che, rispetto alle questioni relative alla qualità dell’aria e della vita delle persone, sono abbastanza distratte”.
Luigi Solarino

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