Inquinamento del mare, in Sicilia la metà delle infrazioni italiane - QdS

Inquinamento del mare, in Sicilia la metà delle infrazioni italiane

Rosario Battiato

Inquinamento del mare, in Sicilia la metà delle infrazioni italiane

giovedì 31 Agosto 2017

Ancora pochissimi gli interventi realizzati. E così anche i depuratori finiscono tra le grandi incompiute dell’Isola. Acque reflue non trattate: in Italia coinvolti 758 agglomerati, uno su quattro è in Sicilia

PALERMO – I pessimi numeri relativi alla depurazione delle acque reflue siciliane preoccupano per due ordini di motivi: si tratta dei valori più bassi a livello nazionale – l’Ue ha già inflitto due condanne all’Italia e la Sicilia ne è assoluta protagonista per numero di agglomerati coinvolti – con una percentuale di investimento per risolvere il problema che è ancora minima.
In riferimento a quest’ultimo passaggio, nel 2012 il Cipe aveva deliberato circa un miliardo di euro per interventi che avrebbero dovuto risolvere l’emergenza depurazione. Poco si è fatto, e viene da chiedersi per quanto tempo ancora i turisti affolleranno l’Isola anche a fronte delle tremenda combinazione di rifiuti e mare inquinato che ad ogni estate li accoglie in diversi comuni siciliani. 
La storia della depurazione siciliana non è andata nella giusta direzione. Fondi non spesi, ritardi, prima tornata di commissariamenti che hanno riguardato anche altre regioni del Sud, e poi la decisione, alla fine dello scorso anno, del commissario unico a livello nazionale.
Gli ultimi aggiornamenti fanno riferimento a circa 900 milioni di euro programmati di interventi nell’Isola, un terzo cantierabile entro il 2017. Alcuni depuratori si trovano ancora nel voluminoso elenco regionale delle incompiute.
Le conseguenze di questi clamorosi ritardi sono abbastanza scontate. L’Italia è nel mirino di Bruxelles che l’ha inchiodata con diverse procedure di infrazione proprio per l’assenza, in diverse parti d’Italia, di un sistema di depurazione delle acque reflue. Nell’ambito delle procedure di infrazione, che nel loro iter si possono concretizzare in sanzioni pecuniarie, la Sicilia è la Regione più coinvolta.
La procedura 2009_2034 è già in sentenza di condanna (causa C-85/13) e la 2004_2034 (causa C-565/10) in decisione ricorso (dati eurinfra.politichecomunitarie.it) in seguito a condanna. La Sicilia è coinvolta direttamente con 5 agglomerati su 35 nella prima e 51 agglomerati su 80 nella seconda. Complessivamente si tratta del 48% del totale. Inoltre, poco prima dell’estate, la Commissione Ue ha inviato all’Italia un “parere motivato”, si tratta dell’ultimo avvertimento prima che si passi al deferimento alla Corte Ue e al rischio sanzioni per non aver assicurato l’adeguato trattamento e la raccolta delle acque reflue in ben 758 agglomerazioni urbane con più di 2.000 abitanti per 18 regioni coinvolte. Anche qui l’Isola regna: 175 gli agglomerati coinvolti, praticamente uno su quattro.
C’è ovviamente anche una ragione ambientale. Complessivamente, stando agli ultimi dati diffusi da Utilitalia verso la metà di agosto, ci sarebbero circa 10 milioni di italiani senza impianti (l’11% della popolazione italiana). Un’aggressione al mare che si paga ogni anno, puntualmente confermata dalle rilevazioni Goletta Verde, l’imbarcazione di Legambiente che monitora la qualità delle acque, e che in Sicilia ha certificato la situazione critica relativa a canali, foci, fiumi e torrenti che continuano a scaricare in mare senza sistemi di depurazione.
Un allarme che non riguarda solo il mare e che è stato lanciato anche dall’Arpa nel rapporto sul monitoraggio dei corpi idrici interni: “Urgente la implementazione dei programmi di misure riportate nel Piano di gestione che prevedono per la maggior parte l’attuazione di misure già previste dal piano di tutela, riguardanti essenzialmente le buone pratiche agricole e la depurazione degli scarichi”.

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