La "cupola" dei baroni. Terremoto all'Università - QdS

La “cupola” dei baroni. Terremoto all’Università

redazione

La “cupola” dei baroni. Terremoto all’Università

martedì 26 Settembre 2017

Inchiesta Procura Firenze ipotizza concorsi truccati: 7 prof arrestati da Nord a Sud

FIRENZE – Ancor più dei sette arresti ai domiciliari, destano scalpore le già 22 interdizioni dalle funzioni di professore universitario (ma altre potrebbero aggiungersi), scattate a seguito dell’inchiesta partita dalla Procura di Firenze, che ha investito l’immagine del mondo accademico italiano, dal nord al sud della Penisola.
Le ordinanze per le sette misure di custodia cautelare, eseguite dalla Guardia di Finanza di Firenze, contestano ipotesi di reati corruttivi, che avrebbero dato luogo a concorsi truccati. Le indagini fanno capo ai pm fiorentini Luca Turco e Paolo Barlucchi. Per i 29 docenti complessivamente coinvolti è scattata anche l’interdizione da ogni incarico accademico per la durata di 12 mesi.
Le indagini hanno preso le mosse dalla denuncia di un ricercatore, secondo il quale alcuni professori universitari avevano tentato indurlo a ritirare la propria candidatura dal concorso per l’Abilitazione scientifica nazionale all’insegnamento nel settore del “diritto tributario”. Si sarebbe voluto così favorire un’altra persona in possesso di un curriculum notevolmente inferiore, cui era stato promesso di influenzare la Commissione giudicatrice.
Ai domiciliari sono finiti Fabrizio Amatucci, docente alla Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia). Tra gli indagati c’è anche l’ex ministro Augusto Fantozzi che rischia l’interdizione dalla professione di docente, in merito alla quale il gip di è riservato di decidere dopo l’interrogatorio.
In una cena tra docenti di diritto tributario, avvenuta nel giugno del 2014 in un ristorante di Roma, Fantozzi sottolineò la necessità “di trovare persone di buona volontà”, che “ricostituiscano un gruppo di garanzia che riesca a gestire la materia dei futuri concorsi”.
L’ex ministro, che figura tra gli indagati, definisce questo gruppo, seppur scherzosamente, “la nuova cupola”. In base alle carte, nel corso della cena coi colleghi Fantozzi contestava il criterio secondo cui vengono abilitati i candidati che appartengono all’associazione che ha la maggioranza dei commissari in commissione, invocando una “regola”, che doveva essere creata da un gruppo di persone, “uomini di buona volontà”. Secondo gli inquirenti, con queste affermazioni Fantozzi avrebbe inteso sottolineare la necessità che le future abilitazioni fossero gestite non di volta in volta dai singoli commissari, ma da un “gruppo di garanzia”, appunto “la nuova cupola”.
Si dimostra “il totale spregio del rispetto del diritto proprio da professori che sarebbero deputati ad insegnare il valore di esso”, commenta in un passaggio dell’ordinanza il gip di Firenze Angelo Antonio Pezzuti.
Dalla carte dell’inchiesta partita dalla Procura fiorentina emergono ulteriori particolari. “Non siamo sul piano del merito, Philip”, “Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”, “tu non puoi non accettare”, e “che fai? fai ricorso? … però ti giochi la carriera così…”: queste alcune frasi registrate col telefono cellulare da un ricercatore, Jezzi Philip Laroma, candidato all’abilitazione alla docenza di diritto tributario, cui era stato chiesto di ritirarsi da un concorso e che invece non rinunciò. L’aspirante professore, che allegò le conversazioni da lui registrate alla denuncia alla guardia di finanza, si sentì rispondere in questo modo da Pasquale Russo, luminare tributarista, già ordinario all’ateneo di Firenze, anche lui indagato nella stessa inchiesta. Laroma era andato a chiedere spiegazioni a Russo sul perché si dovesse ritirare e a favore di chi, scoprendo che nella lista c’era un associato dello studio di Russo.
“C’è una priorità che veniva da… tante cose”, spiegò Russo e quindi “la scuola”, ossia la cerchia di allievi di Russo, aveva “deciso di portare avanti Francesco”. Alle insistenze del ricercatore di non voler ritirare la domanda, il professor Russo gli spiega che ciò serve “per mantenerti integra la possibilità di farlo in un secondo momento, e quindi poter ripresentarla alla tornata successiva. Il candidato invece segnalò al professore che “se loro (le commissioni giudicatrici, ndr) gestiscono la cosa pubblica in questa maniera.. penso che sia una cosa che interessi l’autorità giudiziaria”.

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