Secondo il rapporto del centro studi Cna, nell’Isola si è passati dalle 86.622 aziende del 2008 alle 74.988 del 2016. Record di chiusure in Lombardia (-21.801), Emilia Romagna (-17.594) e Veneto (-16.690).
PALERMO – La crisi economica non ha risparmiato nessuno, neppure le imprese artigiane. Ammontano complessivamente a 154.256 le unità venute a mancare nel periodo compreso tra il 2008 e il 2016 (si è passati da quota 1.496.645 a 1.342.389, ben il 10,3% in meno).
Questi solo alcuni dei dati emersi dal rapporto “Le imprese artigiane in Italia – Province e settori”, pubblicato recentemente dal Centro studi Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa). Lo studio è il risultato dell’analisi dei dati relativi alle imprese artigiane diffusi da Movimprese per gli anni 2008 e 2016. Per ogni regione e provincia italiana viene riportato il numero delle imprese artigiane registrate e la relativa variazione, in valore assoluto e percentuale. Il dato diffuso da Movimprese, sul numero di imprese artigiane registrate negli albi delle camere di commercio, consente di operare un’analisi dell’evoluzione del tessuto produttivo nelle regioni e province italiane.
L’emorragia ha colpito indistintamente ogni singola regione italiana. La regione che ha perso il maggior numero di imprese artigiane in valore assoluto è la Lombardia (-21.801 in otto anni), seguita da Emilia Romagna (-17.594) e Veneto (-16.690). La nostra regione è la circoscrizione territoriale con la quinta perdita maggiormente sostenuta in termini percentuali (-13,4%): infatti, l’Isola è passata dalle 86.622 imprese artigiane del 2008 alle 74.988 del 2016 (-11.634 unità). Perdite maggiori in termini percentuali solo in Sardegna (-16,2%), Abruzzo (-14%), Molise (-13,8%) e Basilicata (-13,7%).
A Palermo e a Catania si rileva oltre metà delle perdite (rispettivamente -3.494 e -2.814, ovvero il 19,4% e il 13,2% in meno). Più in generale, tutte le province sono accumunate da un trend discendente del numero di imprese artigiane, pur seguendo dinamiche differenti a livello settoriale. Particolarmente alte in valore assoluto sono le perdite nelle province di Torino (6.025 imprese artigiane in meno) e Bari (4.748 imprese artigiane in meno), mentre in termini percentuali le flessioni maggiori si registrano tra le province di Pesaro-Urbino (-17,9%) e Lucca (-20,2%). Monza e Brianza e Bolzano sono le uniche due province italiane ad aver incrementato il numero di imprese artigiane (rispettivamente +1,3% e +0,3%): infatti, in otto anni il numero di imprese artigiane è aumentato rispettivamente di 284 e 40 unità.
A livello settoriale, in alcuni casi la diminuzione della base produttiva artigiana è stata determinata dalla crisi. È il caso della manifattura e delle costruzioni dove la caduta dell’attività produttiva ha investito l’intera base produttiva, in larga parte costituita da imprese artigiane.
In altri casi, però, è il modello artigiano a non avere retto all’impatto della crisi determinando così una diminuzione del numero delle imprese. Nel settore dei trasporti, ad esempio, a fronte di una riduzione ampia del numero delle imprese artigiane, si riscontra un aumento di quello delle imprese non artigiane. È verosimile che in questo contesto, la crisi abbia determinato una riorganizzazione del settore favorendo in particolare le imprese di dimensioni maggiori.
In Sicilia, a subire il maggior numero di perdite sono stati il settore delle costruzioni (-4.747 unità) e quello delle attività manifatturiere (-3.023 unità), con particolar riferimento al comparto dell’industria del legno e dei prodotti in legno (-931) e a quello dei prodotti in metallo (-692).
In crescita le imprese artigiane che svolgono attività nei servizi di alloggio e ristorazione (+355), le imprese che si occupano di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+176) e le aziende che operano in ambito sanitario e dell’assistenza sociale (+19).