Verde urbano miraggio in Sicilia - QdS

Verde urbano miraggio in Sicilia

Rosario Battiato

Verde urbano miraggio in Sicilia

venerdì 24 Novembre 2017

Città siciliane sepolte dal cemento: a Brescia quasi 60 alberi ogni 100 abitanti, nei Capoluoghi dell’Isola tra 5 e 10. Censimenti vecchi e zero Comuni dotati del Piano green di medio e lungo periodo

PALERMO – Le migliori esperienze urbane europee esprimono realtà sostenibili che riducono il consumo di suolo e si tingono di verde con alberi e parchi, ma la Sicilia si conferma la terra dei contrari. Da queste parti il consumo di suolo urbano si presenta elevato – Palermo (63 kmq) e Catania (27,6 kmq) sono tra le più coinvolte – mentre restano al palo la tutela e la valorizzazione delle infrastrutture verdi, che presentano molteplici benefici per l’ambiente e la società.
 
Solo per citarne alcuni: mitigazione dell’inquinamento atmosferico, regimazione idraulica e qualità delle risorse idriche urbane, socialità ed integrazione, bellezza e paesaggio. Nei centri urbani isolani non c’è spazio per tutto questo, infatti restano fanalino di coda per presenza di verde e degli strumenti di censimento e gestione delle foreste cittadine.
 
L’Italia si è anche dotata di uno strumento nazionale di sistema. La legge di riferimento in materia è la 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” che interviene in maniera sistematica, attivando una serie di misure locali di sensibilizzazione pubblica (artt. 1 e 2), di incremento delle aree verdi (artt. 3 e 6) e di tutela degli ambiti di pregio (art. 8).
 
A fare il quadro della situazione nazionale, con cadenza annuale, è il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, con il supporto tecnico dell’Ispra, che è stato istituto presso il ministero dell’Ambiente, così come previsto proprio dalla legge nazionale.
 
Nell’annuale rapporto del 2017, diffuso la scorsa estate, ha mappato la situazione relativa alla densità delle aree di verde urbano, incluse aree naturali protette e superficie agricola utilizzata, per capoluoghi di provincia. I comuni nazionali sono stati così distribuiti in otto fasce differenti, con quattro città che hanno fatto registrare livelli sopra la media per densità di tutte le tipologie di aree verdi (Pavia, Lodi, Cremona e Materia) e sette, tra cui Catania e Agrigento, con livelli inferiori alla media in tutti gli ambiti. Per il resto sono pochissime le segnalazioni siciliane: Palermo sopra la media per densità del verde urbano e delle aree protette, Messina per le aree protette.
 
Andando più in dettaglio, e facendo riferimento agli ultimi dati di Ecosistema Urbano 2017, il report di Legambiente, si scopre che la legge nazionale “considera strategica per qualsiasi amministrazione comunale la conoscenza dettagliata del proprio patrimonio arboreo e prevede (nei Comuni con più di 15.000 abitanti) un catasto degli alberi, un nuovo albero per ogni bambino nato o adottato, un bilancio del verde a fine mandato che dimostri l’impatto positivo dell’amministrazione sul verde pubblico”.
 
Dopo quattro anni soltanto il 62% dei comuni intervistati dall’associazione del cigno ha saputo fornire un bilancio esatto del numero di alberi esistenti di proprietà pubblica (strade e parchi). Tra le siciliane, considerando i dati aggiornati al 2016, le impreparate sono state Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa. E le altre tre, pur avendo presentato i numeri, non è che stiano tanto meglio: Trapani e Catania sono, in compagnia di Cuneo, nelle ultime tre posizioni con poco più di 5 alberi ogni 100 abitanti, al di sotto della media nazionale, e a una distanza abissale dalle prime tre che vedono Brescia (58,63 alberi ogni 100 cittadini), Modena (47,64) e Arezzo (39,96). Riesce a fare appena meglio Palermo che almeno supera la media nazionale (10,98).
 


Strumenti (ignorati) per pianificare il verde
 
Le infrastrutture verdi restano fondamentali per “orientare alla qualità e alla resilienza le politiche di sostenibilità locale”, scrivono dall’Ispra nel report sulla qualità urbana, anche se i nostri amministratori non sembrano curarsene poi così tanto. Lo testimoniano anche gli strumenti a disposizione e non utilizzati relativi al governo del verde.
 
1. Il Censimento del verde resta lo strumento più diffuso (89 comuni su 116 comuni capoluogo censiti in Italia), anche a fronte di un obbligo previsto nella legge nazionale in materia di redazione di un bilancio arboreo e di un censimento degli alberi monumentali. Nell’Isola questo strumento è stato attivato soltanto da cinque comuni capoluogo (Palermo, Catania, Messina, Siracusa ed Enna), anche se soltanto gli ultimi quattro l’hanno aggiornato almeno negli ultimi sette anni.
 
2. Assai meno presente è il Regolamento del verde che “contiene indicazioni tecniche per la corretta progettazione, manutenzione, tutela e fruizione del verde pubblico, e a volte anche privato (quota spesso non irrilevante dell’infrastruttura verde comunale)”. Dovrebbe essere redatto da professionalità specifiche e quindi approvato con delibera dal Consiglio comunale.
Con dati aggiornati al 2015, soltanto 52 comuni capoluogo l’hanno approntato, quasi tutti nel Centro-Nord, e con qualche presenza anche in Sicilia (Messina, Siracusa, Enna, Caltanissetta e Palermo).
 
3. Ancora meno diffuso è il Piano del verde, lo strumento di pianificazione di settore, volontario e integrativo della pianificazione urbanistica locale, che dovrebbe contenere “una visione strategica delle infrastrutture verdi (e blu) che, partendo dall’analisi dettagliata del patrimonio naturale presente in ambiente urbano e periurbano, ne definisce un programma organico di sviluppo nel medio e lungo periodo”. Secondo l’ultima rilevazione, ce ne sono appena 11 tra tutti i comuni capoluogo. Zero in Sicilia.
 

 
A Londra gli alberi eliminano fino a 2 mila t di polveri sottili
 
PALERMO – È il momento di invertire la rotta, ma le città siciliane non sembrano saperlo. Eppure basterebbe attingere al dibattito scientifico più recente e applicare quello che dicono gli ultimi studi in materia che fanno riferimento al peso che il patrimonio urbano arboreo riveste nell’equilibrio sostenibile di una città, indipendentemente dalla sua presenza estetica e decorativa. Il verde, infatti, riduce l’inquinamento atmosferico e acustico ed è un fenomeno misurabile.
La British Ecological Society, secondo quanto riportato da Legambiente, ha pubblicato su Science uno studio che stima gli effetti della vegetazione di Leicester (440.000 abitanti nell’area urbana) che ogni anno permette di immagazzinare 231 mila tonnellate di CO2.
Anche l’Università di Southampton ha effettuato una ricerca, determinando che gli alberi della Grande Londra eliminano ogni anno tra 850 e 2.000 tonnellate di polveri sottili. In Italia si sono verificate esperienze simili: il dipartimento di Biologia vegetale dell’Università La Sapienza di Roma ha studiato il verde della Capitale, valutando l’apporto economico, stimato in milioni di euro, che fornisce in termini di benefici legati all’abbattimento delle emissioni climalteranti.
In tutta Italia ci sarebbero 12 milioni di tonnellate di CO2 assorbite dagli alberi della città e sarebbero pari a circa il 3% delle emissioni totali del paese. Complessivamente gli ettari di verde urbano sarebbero pari a circa 2,8 milioni di ettari in tutta Italia (studio del comitato scientifico del “Monito del giardino”).
 


E le foreste urbane riducono (anche) i costi della Sanità
 
PALERMO – C’è qualcosa di economicamente misurabile nel ruolo rivestito dal verde urbano in città. Nel corso degli anni, infatti, alla quantificazione dei servizi ecosistemici si è aggiunta la possibilità di avviare delle valutazioni di tipo economico e monetario a partire dagli Stati Uniti, verso la fine degli anni Novanta, e quindi anche in Europa negli ultimi tempi, cioè dal 2011 in poi.
A offrire un campionario recente e aggiornato sul tema è stato il rapporto “Il verde urbano e gli alberi in città” della Lipu, che ha fornito, inoltre, indirizzi e linee guida per la progettazione e la gestione ecologica. Secondo quanto riportato nello studio, oggi “esistono dei software in grado di determinare il valore economico ed ambientale dei benefici apportati dagli alberi e dalla foresta urbana, nonché i modelli dell’impatto economico derivante dai diversi scenari di gestione”.
Tra questi si citano citygreen, il modello Ufore (Urban forest effects) e quindi il software i-tree che si utilizza per stimare i benefici della foresta urbana e si può scaricare comodamente e gratuitamente (itreetools.org). A New York esiste una mappa interattiva che consente, cliccando su ogni singolo albero, di riconoscere i benefici ambientali ed ecosistemici forniti e il relativo risparmio economico.
Negli Stati Uniti gli effetti degli alberi e delle foreste in città vengono valutati in 6,8 miliardi di dollari, mentre le conseguenze positive sulla “salute pubblica includono la prevenzione di oltre 850 morti, di 670 mila casi di sintomi respiratori acuti, di 430 mila attacchi di asma, ma anche di 200 mila giorni di scuola persi”. Solo a Chicago il risparmio è stimato in 9,2 milioni di dollari all’anno.
A Roma è stato calcolato che gli oltre settecentomila alberi permettano di ottenere un vantaggio economico, legato alla rimozione dell’inquinamento, pari a 1,6 milioni all’anno (circa 2.300 euro ad albero). Ma il valore cresce sulla base della tipologia di albero e del metodo di calcolo, in alcuni casi gli alberi monumentali possono raggiungere valori economici pari a oltre 800 mila euro.

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