Messina – “Tutti i debiti di bilancio che saranno portati all’attenzione dell’aula dovranno innanzitutto contenere non solo cifre, ma nomi e cognomi di coloro che hanno fatto sorgere il debito, e in questo quadro si dovrà avviare il procedimento amministrativo di responsabilità per il recupero delle somme”.
Non sarà certo il massimo della coerenza politica, Marcello Greco (eletto nelle liste del Pd e passato nel giro di pochi mesi tra gli adepti di D’Alia nel gruppo comunale dell’Udc) e nemmeno la persona più adatta a Palazzo Zanca in materia di temi etici (lui che ha confessato di essere massone e di non vergognarsene), ma di certo il settore Risorse Umane del Municipio lo conosce a menadito, essendo stato sotto la sindacatura Genovese assessore al personale, e la sua battaglia per il riconoscimento delle responsabilità personali dei dirigenti è sacrosanta.
Per cui non possiamo che applaudire alla decisione presa qualche giorno fa quasi all’unanimità dal Consiglio Comunale di Messina (17 voti su 18, moltissimi gli assenti), proprio su proposta di Greco, di non approvare più delibere relative a debiti fuori bilancio fino a quando non si siano stabilite le rispettive responsabilità amministrative.
“È inammissibile che vi siano decreti ingiuntivi per decine di milioni non opposti”, ha sostenuto in aula il consigliere, “così come è ingiustificabile che vi siano sentenze sfavorevoli non appellate, procedure espropriative non eseguite e transazioni non rispettate. Tutto ciò – ha continuato Greco – crea debiti su debiti ed è palesemente inammissibile che non si riesca a individuare un solo responsabile”.
Da qui a un attacco frontale nei confronti della dirigente dell’Avvocatura, la dott.ssa Diane Litrico, il passo è stato breve. Ma è tutto l’apparato dirigenziale del Comune ad essere qui messo sotto accusa. I ritardi e spesso gli errori nelle procedure di appalto, gli infiniti studi progettuali, l’assoluta incapacità di reperire risorse fanno di Palazzo Zanca un ente zoppo, incapace di far fronte alle emergenze del territorio. Però, che la classe politica non si senta esente da responsabilità personali! Come già abbiamo ricordato in altre occasioni facendo un confronto tra i rendiconti 2008 dei comuni gemelli di Messina e Verona (243.252 abitanti il primo, 265.083 il secondo), la città peloritana introita ben 34 mln di euro in più ogni anno da Stato e Regione ma ne investe quasi 38 in meno. I motivi: debiti a non finire e incapacità a reperire risorse in house. Quindi il mea culpa, se ci deve essere, sia complessivo.
Le scelte. Anche i politici sono da tenere d’occhio
Il Comune di Verona ha 400 dipendenti in più di quello peloritano, ma producono risorse economiche e gestiscono servizi utili ed efficienti. Un esempio? Nel 2008, infatti, le entrate extratributarie, quelle cioè imputabili alla gestione delle partecipate, della polizia, dei servizi accessori, e dunque di competenza della classe dirigente dell’ente, nella città scaligera sono state di quasi 95 mln di euro, mentre a Messina solo di 13,5. Una miseria. A chi darne la colpa? Ben venga, dunque, anche la commissione d’indagine per approfondire atti e comportamenti di dirigenti e funzionari comunali, come proposto in sede di Consiglio. Peccato, però, che non si valuti anche la costituzione di una parallela commissione d’indagine per approfondire atti e comportamenti di assessori e consiglieri, cui spettano le decisioni strategiche sullo sviluppo della città. Basti pensare alla scelta di Buzzanca, 20 giorni prima della tragica alluvione del 1° ottobre, di dirottare 35 mila euro destinate all’ufficio competente in difesa del suolo per spese di rappresentanza e per manutenzione di edifici di culto.